EFOD (ebr. \ebraico\ i Settanta: ἐπωμίς, ἐϕώδ)
Questo nome indica, nella Bibbia, principalmente un oggetto caratteristico fra gli arredi sacerdotali, che solo il gran sacerdote aveva diritto di portare nel suo ministero sacro, tanto che sono espressioni equivalenti, nel linguaggio biblico, "portare l'efod" ed "essere gran sacerdote" (I Sam., II, 28; XIV, 3). Si è in grado di farsi un'idea approssimativa dell'efod tenendo presenti insieme i dati biblici anche se in parte incompleti, i dati di fatto forniti da Giuseppe Flavio, e, a titolo di analogia più che di vera documentazione, certe immagini di re e di divinità egiziane superstiti nei monumenti.
L'efod constava di tre parti: il pettorale o efod propriamente detto, la cintura e le giunture omerali. Il pettorale era di stoffa di lino finissimo colorata in quattro colori: giacinto, porpora, scarlatto e lino bianchissimo, trapunta di fili d'oro, e divisa in due zone cadenti una sul petto e l'altra a tergo. La cintura, della medesima stoffa variegata del pettorale, e a esso congiunta, serviva a fissarlo attorno alla vita, a modo di elegante sciarpa (Esodo, XXVIII, 8, 27, 28; XXIX, 5; XXXIX, 5, 20, 21; Levit., VIII, 7). Le giunture omerali erano ugualmente strisce della stessa stoffa, che, partendo da entrambe le sommità delle due zone, si congiungevano sopra le spalle, terminandovi in una specie di duplice borchia, fatta ciascuna d' una pietra d'onice incastonata in oro. Sopra ciascuna delle due pietre preziose, sei da una parte e sei dall'altra, erano scolpiti i nomi delle dodici tribù: così doveva il sacerdote portarne il ricordo davanti a Dio (Esodo, XXVIII, 7-27; XXXV, 9; Giuseppe Flavio, Ant. Iud., III, 7, 5). Allo stesso intento, come aggiunta inscindibile dell'efod, tra lo spazio vuoto lasciato sul petto dalle giunture omerali, e fissato a esse con catenelle e anelli d'oro, stava il "razionale" (\ebraico\; λογεῖον) specie di ricca borsa quadrata con dodici gemme preziose recanti i nomi delle tribù, e a essa inclusi o annessi i misteriosi urim e tummim, mezzi per consultare Jahvè circa la sua volontà e le sorti delle tribù e del popolo (Esodo, XXVIII, 27, 30; I Sam. [Re], XXIII, 9; XXX, 7; I [III] Re, XIV, 3-18 - ivi preferire la lez. dei Settanta -; XXIII, 6-9; XXX, 7). Questi particolari spiegano come l'uso dell'efod ahbia potuto talora essere fuorviato a scopi idolatrici. Oltre all'efod proprio del gran sacerdote, è menzionato più volte nella Bibbia un altro efod di uso comune, contraddistinto per lo più dal precedente con l'appellativo di \ebraico\, efod di lino rozzo. I Settanta gli dànno, quasi a distinguerlo dal precedente, il nome generico di abito, στολή. Lo portavano non solo i sacerdoti comuni, come gli ottantacinque uccisi da Doeg per ordine di Saul (I Sam., XXII, 18); ma anche i semplici leviti, come Samuele fanciullo (I Sam., II, 18), così pure David danzante innanzi all'arca (II Sam., VI, 14; I Cron., XV, 27). E incerto se imitasse nella forma, certo non nella ricchezza ornamentale, l'efod del gran sacerdote.
Gedeone, con gli oggetti d'oro raccolti nella disfatta dei Madianiti (Giud., VIII, 27), fece fare un efod, e lo collocò nella sua città di Efra; e ciò, secondo il racconto sacro, divenne un'occasione di idolatria e di rovina per Gedeone e la sua discendenza. Più oltre nello stesso libro dei Giudici (XVII, 1-13; XVIII, 13-20) si legge di Mica Efraimita che si era fatto in casa come un santuario, con un'immagine scolpita e un'altra fusa, un efod, e idoli. Questi oggetti idolatrici furono poi quasi a forza, con lui stesso, asportati dai Daniti per recarli con loro a Lais. Alcuni critici (Gesenius, Wellhausen e altri), hanno creduto che questi efod idolatrici fossero delle vere immagini o statue di idoli. Un nome analogo a quello dell'efod (\ebraico\) viene veramente dato da Isaia (XXX, 22) e da Geremia (X, 3, 4, 9) alle lamine d'oro e d'argento di cui era costume fare un rivestimento agl'idoli di legno e di metallo, e un'analogia simile è suggerita dall'efod che sovente riveste i re e gli dei egiziani nei monumenti. Ma queste analogie sono piuttoste contrarie che favorevoli all'ipotesi suesposta: inoltre, specialmente nel caso di Mica, la distinzione netta fra gl'idoli e l'efod, menzionato senza alcun'altra specificazione, suggerisce che questo fosse non altro che un'imitazione dell'efod sacerdotale; né vi sono serie ragioni di pensare diversamente quanto all'efod di Gedeone. Il fatto dell'idolatria poté consistere nel semplice uso abusivo dell'efod a scopo divinatorio, congiunto forse al culto di vere immagini idolatriche.
Bibl.: T. C. Foote, The Ephod, its form and use, in Journal of Bibl. Literature, XXII (1902), pp. 1-47; E. Sellin, Das israelitische Ephod, in Orientalische Studien Th. Nöldeke... gewidmet, Giessen 1906, pp. 699-717; J. Benzinger, Hebräische Archäologie, 3ª ed., Lipsia 1927, p. 344 segg., con ulteriore bibliografia.