placebo, effetto
placèbo, effètto locuz. sost. m. – Reazione psicologica e fisiologica di un paziente alla somministrazione di una preparazione a base di sostanza inerte. Tale reazione è influenzata da numerose variabili: personalità del paziente, qualità del rapporto tra malato e medico, livello di collaborazione e di empatia del personale infermieristico, condizioni ambientali. È ormai generalmente ammesso che, nella maggioranza dei casi, gli effetti indotti da un farmaco attivo derivano sia dall’azione peculiare del farmaco stesso sia, anche se in misura minore, da una componente psicologica suggestiva. Tale componente è divenuta oggetto di ricerche da parte della , che indaga sul possibile ruolo svolto dalle endorfine e da altri neuropeptidi che trasmettono e modulano segnali nervosi. I vantaggi che il paziente trae dall’e. p. non sono infatti soltanto psicologici (gratificazione, migliorata cenestesi, senso di sicurezza), ma anche oggettivamente quantificabili (per es., favorevoli modificazioni della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, del ritmo respiratorio, della durata del sonno, dell’appetito, delle funzioni intestinali, sessuali). In parziale antitesi con e. p., si definisce effetto nocebo ogni atteggiamento emozionale che induce stati d’animo quali insicurezza, angoscia, patofobia, con conseguente influenza negativa sullo stato di salute. Se, per es., un soggetto si aspetta un incremento di un sintomo, e solo per tale aspettativa si ha un reale incremento del sintomo, si è in presenza di effetto nocebo; tale condizione si evidenzia in numerose situazioni, come il dolore e la performance motoria.