effetto magnetostrittivo
Deformazione di un materiale ferromagnetico a seguito dell’applicazione di un campo magnetico esterno, sostanzialmente dovuta alla riorientazione che subiscono i momenti magnetici atomici. L’entità dell’effetto magnetostrittivo viene misurata attraverso la cosiddetta magnetostrizione a saturazione, indicata convenzionalmente con il simbolo λσ. Questa è la variazione relativa di lunghezza (Δl/l) subita da un provino del materiale ferromagnetico preso in considerazione, misurata nella stessa direzione del campo magnetico applicato dall’esterno, a partire dallo stato di materiale demagnetizzato sino allo stato in cui il campo magnetizzante ha procurato la massima magnetizzazione possibile (saturazione magnetica). La magnetostrizione a saturazione può assumere valori positivi o negativi, ossia il provino può subire una contrazione o una dilatazione nella direzione di applicazione del campo magnetizzante. Caratterizzando i vari materiali ferromagnetici in base all’entità di λσ, si annoverano: leghe ferromagnetiche a magnetostrizione praticamente nulla (∣λσ∣≤10−9, per es. leghe amorfe a base cobalto); leghe ferromagnetiche dolci con bassa magnetostrizione (10−6≤∣λσ∣≤10−4, per es. leghe a base ferro e/o nichel); infine, materiali a magnetostrizione gigante (∣λσ∣≥10−3), come la lega Tb0,4Dy0,7Fe2. Inizialmente l’effetto magnetostrittivo fu considerato deleterio in quanto all’origine di perdite energetiche (per es., rumore e oscillazioni nei trasformatori e nei generatori di potenza) e le prime applicazioni dei materiali magnetostrittivi risalgono all’inizio del Novecento in oscillatori per la telefonia. Attualmente essi vengono soprattutto applicati in oscillatori meccanici, come generatori di ultrasuoni e posizionatori di precisione. La realizzazione di multistrati a film sottili con magnetostrizione gigante, attivata da bassissimi campi (millesimi di tesla), ha inoltre recentemente esteso il campo di applicazione a componenti per sistemi microelettromeccanici (microinterruttori, micropompe ecc.). È importante notare che l’effetto magnetostrittivo è reversibile, ossia esiste l’effetto inverso che consiste nel cambiamento dello stato di magnetizzazione in conseguenza di una deformazione in un materiale ferromagnetico (effetto descritto per la prima volta da Emilio Villari nel 1865). Questo effetto inverso è largamente applicato in dispositivi sensori per la determinazione di piccole deformazioni (inferiori al milionesimo di metro), sia statiche sia dinamiche.