Molinaro, Édouard
Regista cinematografico francese, nato a Bordeaux il 13 maggio 1928. Formatosi nel clima della nascente Nouvelle vague ha poi investito le sue energie nel cinema commerciale, realizzando film d'intrattenimento, tratti da pièces o romanzi in voga, sceneggiati quasi sempre da lui stesso e affidati all'interpretazione di ottimi attori. Apprezzato per l'indubbio talento e la dedizione al lavoro, ha firmato alcuni grandi successi di pubblico, divenuti nel tempo oggetto di remake. Per La cage aux folles (1978; Il vizietto) ha ottenuto nel 1979 una duplice candidatura all'Oscar, per la regia e per la sceneggiatura.
Abbandonò quasi subito gli studi universitari per occuparsi di cinema, lavorando come aiuto regista e girando in proprio una ventina di cortometraggi. Tra il 1953 e il 1957 realizzò diversi documentari, mettendosi in luce in particolare con Appelez 17 (1956), sulla polizia di Parigi. Con il suo primo lungometraggio, Le dos au mur (1958; Spalle al muro), tratto da un romanzo di F. Dard e interpretato da Jeanne Moreau, eseguì un virtuosistico aggiornamento del genere noir, collocandosi apparentemente nell'ambito della Nouvelle vague. Analoga impressione produssero Une fille pour l'été (1960; Una ragazza per l'estate) con Micheline Presle, dal romanzo di M. Clavel, un'opera di grande raffinatezza formale, e La mort de Belle (1961; Chi ha ucciso Bella Shermann?), elegante trasposizione del romanzo di G. Simenon. Con i film successivi, smentendo le aspettative della critica, prese le distanze dal cinema d'autore e si dedicò all'accurata esecuzione di film di stampo e genere tradizionali, privilegiando la commedia. Ottenne buone affermazioni con Une ravissante idiote (1964; Un'adorabile idiota), con Brigitte Bardot, e soprattutto con due film interpretati da Louis De Funès: Oscar (1967; Io, due figlie, tre valige) ‒ di cui John Landis avrebbe girato un remake nel 1991 ‒ e Hibernatus (1969; Louis De Funès e il nonno surgelato). Di maggiore ambizione fu Mon oncle Benjamin (1969; Mio zio Beniamino ‒ L'uomo dal mantello rosso) con Jacques Brel, dal romanzo di C. Tillier. Seguì una serie di film di scarso interesse, interrotta da L'emmerdeur (1973; Il rompiballe), con Brel e Lino Ventura, una commedia dai risvolti neri, rifatta poi da Billy Wilder (Buddy Buddy, 1981), e dal drammatico L'homme pressé (1977; L'ultimo giorno d'amore) con Alain Delon, tratto dal romanzo di P. Morand. A distanza di un anno apparve La cage aux folles, dalla commedia di J. Poiret, accattivante storia sul mondo degli omosessuali magnificamente interpretata da Michel Serrault e Ugo Tognazzi: attraverso un ingranaggio oliato alla perfezione per strappare risate e un calibrato dosaggio di elementi ora buffi ora seri, M. rivitalizza con mano felice le vecchie formule della commedia degli equivoci. Il successo ottenuto dal film (di cui Mike Nichols avrebbe girato un remake nel 1996, The birdcage) indusse il regista a dargli un seguito con La cage aux folles II (1980; Il vizietto II).
Negli anni Ottanta si è dedicato soprattutto alla televisione; per il cinema ha continuato a firmare commedie, tra cui Palace e L'amour en douce, entrambi del 1984, e à gauche en sortant de l'ascenseur (1988). Ha poi diretto il singolare Le souper (1992; A cena col diavolo), tratto dalla pièce di J.-C. Brisville, dove si ricostruisce la cena in cui Talleyrand (Claude Rich) e Fouché (Claude Brasseur) prepararono la restaurazione monarchica dopo la sconfitta napoleonica a Waterloo, e, nel 1996, Beaumarchais, l'insolent (L'insolente), dalla pièce di Sacha Guitry sulla vita del commediografo francese. *
F. Lancini, P. Sangalli, La gaia musa, Milano 1981, pp. 53-55 e 62-63; R. Gilodi, Nouvelle vague: il cinema, la vita, Roma 1985, pp. 27-36.