EDONISMO (dal gr. ἡδονή "piacere")
Dottrina morale, secondo la quale fine di ogni azione umana è, e non può non essere, il piacere che essa procura a chi la compie. In senso generale, l'edonismo si contrappone quindi ad ogni teoria che veda nella volontà morale la tendenza a un fine (virtù, obbedienza disinteressata a una legge) nettamente distinto, o addirittura contrapposto (come nella più tipica negazione dell'edonismo, e cioè nel rigorismo kantiano), a quello della propria soddisfazione, sia questa intesa in senso strettamente egoistico, o anche in senso altruistico. In questo significato, l'edonismo comprende in sé anche l'eudemonismo e l'utilitarismo; più specificamente e tecnicamente, invece, se ne distingue, in quanto, mentre l'eudemonismo pone al termine dell'azione una generica felicità, che può essere anche astensione dal godimento del piacere immediato, e l'utilitarismo vi pone il raggiungimento dell'utile (concetto assai più complesso di quello dell'immediato piacevole e quindi anch'esso implicante la possibilità di una negazione del principio della pura soddisfazione attuale in funzione del calcolo dei piaceri futuri), l'edonismo propriamente detto considera l'azione nella sua puntuale presenza, e non sa ivi giustificarla se non in forza dell'attuale percezione di un valore pratico positivo, nel senso più elementare. Momento per momento, non si fa se non ciò che immediatamente piace. Edonismo propriamente detto non è con ciò neppur quello di Epicuro, ma, se mai, solo quello dei Cirenaici, e anzi a rigore solo quello del fondatore di questa scuola, Aristippo. Schiettamente edonistica era infatti la sua dottrina, onde l'azione si spiegava solo in funzione dell'attiva ed effettiva sensazione di piacere (ἡδονὴ ἐν κινήσει, voluptas in motu) generantesi nel suo stesso istante. Ma, condotto a tale estremo di rigore, l'edonismo era portato, insieme, alla sua crisi: bastava, infatti, che fosse mancata la presenza attuale di quel piacere, perché l'azione stessa diventasse a rigore inconcepibile. Posta l'immediata esperienza del piacere come essenziale e imprescindibile, doveva diventare assurda la stessa esperienza del dolore: o essa appariva, almeno, come negazione di ogni motivo di volontà, fallimento radicale della pratica. Di qui la tipica inversione dell'edonismo in pessimismo, quale già si manifestava nel seguace di Aristippo, Egesia, che non accettava gli adattamenti eudemonistici di Anniceri.
Bibl.: v. aristippo di Cirene; cineraici; egesia; epicuro; eudemonismo; utilitarismo, e, in generale, etica e la bibliografia ivi data.