SCARFOGLIO, Edoardo
Prosatore e giornalista, nato a Paganica (Abruzzi) il 29 settembre 1860, morto a Napoli il 6 ottobre 1917. Fece i primi studî a Chieti, dove il padre, Michele, esercitava la magistratura; e ancora studente di liceo stampò un volumetto di versi, Papaveri, d'influsso carducciano. Studente di lettere a Roma, prese a scrivere di critica letteraria nel Capitan Fracassa, in difesa del "verismo" e del carduccianismo. Il meglio di queste critiche è nel Libro di Don Chisciotte (ultima ediz. riveduta, con pref. e documenti inediti: Firenze 1911). Fu un'epoca di quotidiana consuetudine con G. D'Annunzio, C. Pascarella, C. De Titta, G. Salvadori, ecc., carducciani intransigenti; e pure allora lo S. conobbe Matilde Serao, che collaborava al Fracassa con novelle e scrivendo di mode femminili.
Da poco S. e la Serao s'erano sposati (25 aprile 1885), quando il principe Maffeo Sciarra fondò la Tribuna, dove li chiamò a collaborare, insieme con G. D'Annunzio. Una traccia del passaggio dello S. alla Tribuna è negli articoli, raccolti in volume nel 1886 col titolo: In Levante e attraverso i Balcani, anche oggi di stagione. Presto lo S. e la Serao lasciavano la Tribuna, e fondavano il Corriere di Roma, di vita brevissima e difficoltosa. Un industriale e mecenate, d'origine greca ma stabilito a Napoli, Matteo Schilizzi, offrì loro di liberarli dalla gestione del Corriere di Roma, impegnandoli alla creazione d'un grande quotidiano. Nacque così il Corriere di Napoli (1887), che subito rivaleggiò con la migliore stampa italiana per qualità di collaborazioni e dignità d'edizione. L'industriale e mecenate era fedele alla vecchia concezione d'un giornalismo di lettere e d'opinione. Lo S. sentiva mutare i tempi, che chiedevano un giornalismo di vasta informazione; e più di tutto avrebbe voluto che il Corriere di Napoli si dedicasse senza riserva alla questione africana. Sul Corriere di Napoli egli condusse, insieme con Luigi Mercatelli, le prime campagne di stampa sull'Abissinia; finché il dissidio, tecnico e politico, con lo Schilizzi diventò insanabile, e lo S. uscì dal Corriere di Napoli e fondò il Mattino.
È questo il periodo più vivace e coerente dell'attività dello S. Fedele nell'appoggio a Crispi, per lo sviluppo della politica africana, quattro volte andò in Africa; e una di queste volte fu arrestato, da funzionarî insofferenti delle sue critiche, e riportato in Italia. Non per ciò sostenne meno ardentemente il Crispi, e la necessità dell'espansione. Pubblicò allora due piccole opere fra le sue migliori: Il cristiano errante, e l'Itinerario ai paesi d'Etiopia, pubblicato a scopo di propaganda nel Convito di A. De Bosis. Ma i rovesci del 1896 portarono nello S. un cambiamento profondo. Non era ormai possibile l'azione per una politica espansionista. E l'assetto domestico dell'Italia dopo il 1898 non interessava lo S., che assunse un tono scettico, amaro, quando non poteva scagliarsi in pieno contro la demagogia socialista, che fino all'ultimo lo tenne tra i principali responsabili di Adua. La guerra mondiale lo trovò, conforme le sue costanti direttive politiche, più preoccupato della questione mediterranea che di quella adriatica. Nel consolidarsi d'una egemonia anglo-francese egli temeva la chiusura degli sbocchi mediterranei all'Italia. Sostenne dunque la fedeltà alla Triplice, e non vide la fine della guerra.
Lo S. fu nobile e robusto prosatore, d'impeto anche più che di studio, soprattutto felice nella polemica. Voltò presto le spalle alla letteratura; ma nel Libro di Don Chisciotte sono acute intuizioni critiche: come sulla vera natura, panteistica e panica, del D'Annunzio; anche se, p. es., può stupire una sopravalutazione del Capuana a scapito del Verga. Vivissima fu l'influenza dello S. nello sveltire la prosa, e specie quella di giornale; nello scuotere di dosso al giornalismo italiano un'uggia antiquata e provincialesca; nessuno infine potrà negargli d'aver voluto, insieme col Crispi e col Carducci e contro la meschinità dei tempi, un'Italia più forte e animosa.
Altre pubblicazioni: Il processo di Frine (novelle; Roma 1884); Il popolo dei cinque pasti (Milano 1923); Lettere a Lydia (Roma s. a.), stampa abusiva di sue lettere private. Manca un'edizione completa e organica delle opere e degli articoli sparsi; ma A. Consiglio ha dato una buona antologia nella collana Le più belle pagine (Milano 1932).