PEROTTI, Edoardo
PEROTTI, Edoardo. – Nato a Torino il 31 maggio 1824, studiò a Ginevra presso l’École commerciale (1842). Nella città svizzera divenne allievo di Alexandre Calame (1843), paesaggista specializzato in vedute di montagna, che erano allora il manifesto del romanticismo d’Oltralpe. Nel 1845 si trasferì a Parigi per aggiornare la propria formazione sulla ricerca dei pittori di Barbizon, impegnati nella rappresentazione di scene tese a cogliere la natura nella sua intatta forza espressiva. Rientrato a Torino, iniziò a partecipare, con cadenza annuale, alle Promotrici; nel 1846 presentò quattro dipinti (Castello di Miolans, Paese dell’Oberland, Veduta nella valle d’Aosta e Veduta nella valle di Lauterbrunnen) e due disegni a seppia (Valle degli Ormonds e Valle di Meyringen) che, frutto di personali escursioni, rompevano con la tradizione del paesaggio convenzionale e ritempravano la tavolozza con l’ispirazione dal vero, preparando la strada al rinnovamento di Antonio Fontanesi. Vedute montane segnarono anche la sua partecipazione alla Promotrice del 1847, dove i quadri Valle d’Aosta e catena del Monte Bianco, Tramonto del sole sulla sommità delle Alpi dell’Oberland, Un temporale nei dintorni di Meyringen rivelavano un’attenzione nuova a condizioni luministiche o atmosferiche capaci di suggestioni liriche o di una sottile malinconia.
Viaggiò a lungo in Italia. Tra il 1847 e il 1849 giunse, attraverso la Liguria, per la prima volta a Roma (Tramonto di Roma, 1848, coll. priv., courtesy galleria Bottisio, Torino); da questi spostamenti trasse spunto per realizzare nuove opere – poi esposte alle Promotrici del 1848 (Capo Noli, Riviera di Genova, Campagna di Roma, Dintorni di Roma) e del 1849 (Torri degli schiavi (agro romano), Lago di Nemi, Veduta nella villa Ruffinella a Frascati) – nelle quali l’esotismo di una Roma porta d’Oriente coniugava prospettive lontananti e accurata osservazione del dettaglio, tesa a rendere la natura nella sua oggettività.
La pratica di eseguire schizzi sul posto e di sviluppare poi il dipinto in studio anche a distanza di tempo, già rilevabile in un raro ritratto, Ricordo di Calame (esposto alla Promotrice del 1846), torna in opere quali Ricordi della Svizzera (1848) o Rimembranze della valle Anzasca, comparso alla Promotrice del 1850. L’intento di fare del rapporto diretto con la natura un elemento specifico della propria poetica fu ribadito da Perotti nei dipinti, tutti ‘studi dal vero’, esposti alla Promotrice del 1851 (La sera, Il mattino, Dintorni di Losanna, Torre degli schiavi), dove comparve, insieme ad altre opere, anche un pastello (Paesaggio) che, nella sintesi di un segno-colore vaporoso, spingeva ulteriormente la ricerca dell’artista verso una rappresentazione capace di cogliere con immediatezza gli effetti fenomenici della luce. Un altro pastello, Desero (bozzetto), fu presentato alla Promotrice del 1852, dove il pittore espose anche Il Monte Rosa e la valle Anzasca, Un torrente, Castello di Chillon, Ricordo dei dintorni del lago di Nemi e Riposo di mietitori, quest’ultimo acquistato da Vittorio Emanuele II (ubicazione ignota, cfr. Bellini, 1998, p. 489).
Tra il 1852 e il 1854 fu nuovamente a Roma, visitò la zona dei Castelli e da Ardea proseguì alla volta di Napoli, recandosi anche a Ischia e a Capri, per poi risalire in Piemonte attraverso la Toscana: un viaggio che le opere esposte alle Promotrici di quegli anni raccontano nelle sue tappe fondamentali, Un mattino d’autunno nell’Ardea, Galleria d’Albano, Ponte Nomentano sul Teverone, Il Teverone al ponte Mammolo e Rive del Teverone (1853), un grande disegno la cui versione pittorica fu presentata da Perotti nel 1855 insieme ai dipinti Dintorni d’Albano, Dintorni d’Ariccia, Ischia dai piedi del monte Ipomeo, La marinella a Ischia. Risale al medesimo periodo un primo gruppo di acquerelli, tecnica che diede a Perotti la possibilità di interpretare con verità e sensibilità lirica le trasparenze del cielo e dell’acqua: Baia (golfo di Napoli), Montreux e La Jungfrau (Svizzera), presentati alla Promotrice del 1854, L’isola di Capri, Ricordo dell’Ariccia e due Studi dal vero in valle Lacona, presentati alla Promotrice del 1855.
Se la partecipazione all’Esposizione universale di Parigi del 1855 con i dipinti Capri e Golfo di Napoli (cfr. Galli, 2013) suggellò il ruolo di Perotti quale divulgatore del calamismo in Piemonte, nuovi soggetti giunsero presto a rinnovarne la pittura. La passione per la caccia ispirò opere quali Il cacciatore all’osteria, rara scena di genere esposta alla Promotrice del 1859; Caccia alla lepre, apparsa alla Promotrice del 1860; Dopo la caccia, inviata nel 1861 all’Esposizione italiana agraria, industriale e artistica di Firenze, o il successivo Un mattino alla caccia sui colli di Gianduia, presentato alla Promotrice di Genova nel 1863. I controluce, il vigore chiaroscurale e il taglio largo, ma non più panoramico delle vedute furono gli elementi che contraddistinsero la sua produzione migliore, con la quale presto ottenne riconoscimenti ufficiali. La vita campestre e Un mattino (Torino, GAM-Galleria civica d’arte moderna e contemporanea), esposti, rispettivamente, alle Promotrici del 1861 e del 1862, furono acquistati nel 1863 dal ministero della Pubblica Istruzione, seguiti dall’acquisizione, nel 1867, di L’autunno. Sponde della Dora (1864, Milano, Galleria d’arte moderna); Al cadere dell’estate, presentato alla Promotrice del 1862, entrò invece nelle collezioni dalla famiglia reale italiana. A questa stessa Promotrice Perotti inviò anche uno studio di Paesaggio all’acquaforte (1862), importante per l’impiego di questa tecnica come linguaggio autonomo (Giubbini, 1976) e non come mero mezzo di riproduzione; conferma di questa concezione è la stampa di un paesaggio di Perotti (Automne) pubblicata nel 1870-71 dall’editore parigino Cadart et Luce ne L’Illustration nouvelle (III, 1870-1871, tav. 92).
Nel 1870 presentò alla Promotrice torinese Le prime foglie (Milano, Galleria d’arte moderna), un dipinto in cui il colore si fa asciutto e il punto di vista ravvicinato. Molte altre opere entrarono in collezioni private attraverso le mostre annuali del Circolo degli artisti di Torino, in cui Perotti espose regolarmente dal 1863 al 1869. Nonostante la critica non positiva di G. Clementi comparsa nel 1864 su L’Opinione in data 25 maggio (Canestrini, 2001) a proposito del dipinto Colline presso Gassino, presentato alla Promotrice di quell’anno insieme a Paestum, nel 1865 furono pubblicate nell’Illustrazione universale dell’editore Edoardo Sonzogno otto litografie con vedute del lago Maggiore su disegno di Perotti. Particolarmente apprezzati dalla critica furono i suoi grandi disegni a carboncino (esposti dal 1865 alle Promotrici), in cui riuscì a ottenere originali trasparenze e agilità espressive, coniugando nella sua ricerca tonale finezza d’espressione e fermezza del disegno.
Tra questi si ricordano: La pineta d’Ostia (Torino, GAM-Galleria civica d’arte moderna e contemporanea), in cui il tema della campagna romana è trattato con severa grandiosità e un’abile economia di mezzi; Studio di querce in Val Salice (1866, GAM-Galleria civica d’arte moderna e contemporanea); Lungo la Dora (1866); La Stura (1866, GAM-Galleria civica d’arte moderna e contemporanea), un’opera che segnò la ripresa delle vedute alpine calamiane; Torrente sulle Alpi, inviato alla Promotrice di Genova del 1868 insieme a Scogliera a Napoli.
Grazie all’uso del carboncino la serrata indicazione della forma cedette infine il passo a un tratto più riassuntivo, in qualche modo imparentato con la ‘macchia’, che gli guadagnò la stima di Telemaco Signorini (Canestrini, 2001). Un’innovazione di linguaggio che divenne consapevole scelta di poetica nei disegni esposti alla Promotrice di Torino del 1868 (Macchia d’abeti presso Fenestrelle) e alla Mostra italiana d’arti belle di Parma del 1870 (Macchia d’abeti e Macchia di faggi) e che presto fu tradotta anche in pittura, come si nota nel particolare delle nuvole che lambiscono Il torrente Germanasca (1869, ripr. in Dragone, 2001, p. 525) e in due dipinti dedicati al tema della Boscaglia: il primo esposto nel 1869 alle Promotrici di Genova e di Torino e tradotto in incisione (Boscaglia, 1869, acquaforte, Torino, Accademia Albertina); il secondo, Boscaglia in autunno, inviato alla suddetta Mostra di Parma nel 1870.
Nel 1869 fu tra i fondatori dell’associazione L’Acquaforte e, contemporaneamente, iniziò a collaborare al mensile L’Arte in Italia diretto da Carlo Felice Biscarra e Luigi Rocca. Tra i suoi ultimi dipinti si ricorda Alla caccia sul fiume (Torino, coll. priv.).
Morì nei pressi di Torino il 10 agosto 1870 in seguito a un incidente di caccia.
Fonti e Bibl.: Pittura e scultura in Piemonte 1842-1891, a cura di A. Stella, Torino 1893, pp. 105-108; A.M. Comanducci, I pittori italiani dell’Ottocento, Milano 1934, p. 522; A. Dragone - J. Dragone Conti, I paesisti piemontesi dell’Ottocento, Milano 1947, pp. 28, 269; L. Servolini, Dizionario illustrato degli incisori italiani moderni e contemporanei, Milano 1955, p. 93; L. Mallé, I dipinti della Galleria d’arte moderna, Torino 1968, pp. 247 s.; G. Giubbini, L’acquaforte originale in Piemonte e in Liguria 1860-1875, Genova 1976, pp. 236-245; L. Mallé, La pittura dell’Ottocento piemontese, Torino 1976, pp. 45, 47 s., figg. 206-209; R. Maggio Serra, E. P., in Cultura figurativa ed architettonica negli Stati del re di Sardegna 1773-1861 (catal.), a cura di E. Castenuovo - M. Rosci, III, Torino 1980, pp. 1471 s.; E. Belllini, Pittori piemontesi dell’Ottocento e del primo Novecento (dalle Promotrici Torinesi), Torino 1998, pp. 314-316, 489; P. Dragone, Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1830-1865 (introduzione di M. Rosci), Torino 2001, pp. 9, 20, 140-142, 173, 206, 220, 223, 230, 265, 274; E. Canestrini, ibid, p. 357; M. Caldera, E. P., in Disegni del XIX secolo della Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino: fogli scelti dal Gabinetto disegni e stampe, a cura di V. Bertone, Firenze 2009, pp. 371-376; L. Galli, P. E., in Dizionario dei pittori piemontesi dell’Ottocento, a cura di G.L. Marini (con uno scritto di G.C. Sciolla), Torino 2013, pp. 489, figg. alle pp. 524 s.