GIRAUD, Edoardo
Nacque a Milano il 31 luglio 1839. Dal padre, un commerciante di seta che voleva che frequentasse le scuole migliori, fu iscritto al collegio di Gorla Minore, condotto dai padri somaschi, dove rimase sino al 1855. Nella sua autobiografia il G. avrebbe poi descritto l'insofferenza nei confronti dell'istituzione scolastica e della vita del collegio; allo studio della retorica egli già preferiva l'allestimento degli spettacoli organizzati per il Carnevale, fra cui il G. nomina I denari della laurea, Federico il malvagio e un classico del repertorio ottocentesco come I due sergenti. Passato poi al liceo Longoni, ora Parini, continuò a preferire la frequentazione dei teatri milanesi dove agivano compagnie di filodrammatici, fra i quali quello di Porta Romana e di via Lentasio.
Sempre risoluto a fargli intraprendere un'attività commerciale, il padre lo mandò al Politecnico di Zurigo. Il periodo che vi trascorse si concluse bruscamente per un'altra delle sue intemperanze nei confronti di un professore (pare gli avesse rotto una bottiglia in testa). Dalle Memorie del G. emerge anche il ritratto affettuoso di Francesco De Sanctis, allora esule politico dal Regno delle Due Sicilie, insegnante di letteratura italiana a Zurigo e ospite della sua stessa pensione. Molti anni dopo il G. ebbe un incontro a Napoli con De Sanctis divenuto ministro, in cui ebbero a rievocare insieme il periodo svizzero.
Rientrato a Milano nel 1857, il G. cominciò a lavorare con una certa assiduità in uno studio commerciale; all'insaputa dei familiari frequentava intanto l'Accademia dei Filodrammatici dove insegnava il celebre attore Alamanno Morelli che, predicendogli un futuro di successi, non gli lesinò gli incoraggiamenti a perseverare nella strada scelta. Non potendo però contrastare la volontà paterna, il G. fu successivamente commesso viaggiatore presso la ditta Donatelli e Rognoni e, dopo il fallimento di quest'ultima (e a questo proposito il G. non rilutta ad attribuirsi una parte di responsabilità), impiegato presso le ferrovie; licenziato a causa dell'abitudine di intervallare l'attività lavorativa con esibizioni recitative a beneficio dei colleghi, trovò lavoro presso l'editore Sonzogno. A tali frequenti mutamenti d'occupazione, in quegli anni si aggiunse la partecipazione alle guerre d'indipendenza: in particolare nel 1859 riuscì ad arruolarsi nei Cacciatori delle Alpi con G. Garibaldi che seguì ancora nel 1860 (nel 40° reggimento della brigata "Parma") e nel 1866, assegnato al 5° reggimento volontari del colonnello G. Chiassi.
Nel necrologio che gli dedicherà sul Corriere della sera del 29 nov. 1912 il critico R. Simoni traccerà una specie di parallelo fra la passione del G. per il teatro e il suo impegno di combattente proponendo un G. sempre "in prima linea" sia nella fede patriottica, sia nell'entusiasmo viscerale con cui si accostò alle scene facendo presto del teatro la sua sola ragione di vita.
La sua prima scrittura in un ambito non filodrammatico fu nella compagnia Stacchini e gli venne procurata da Eugenio Lombardi, allora direttore del teatro Vecchio Re e poi del teatro Manzoni: il debutto avvenne a La Spezia nel ruolo di secondo brillante e generico giovane. Va dunque sottolineato che l'ingresso del G. nel circuito teatrale professionale avvenne al di fuori della scena dialettale; anche la successiva scrittura rimase nell'ambito del teatro in lingua, pur essendo mutato il genere, dalla prosa cioè all'operetta. In questo genere fu attivo per due anni, recitando, cantando e facendo, come egli stesso avrebbe ricordato, "perfino il traduttore" (sua fu infatti la prima versione italiana dell'Orfeo all'inferno di J. Offenbach).
Quando nel 1871 Cletto Arrighi (Carlo Righetti) fondò il teatro Milanese, il G. entrò a far parte della compagnia recitando con ottimi risultati nel Barchett de Boffalora, un testo dialettale destinato a restare a lungo nel repertorio e ricavato su suo stesso suggerimento della riduzione di una commedia francese, La cagnotte. Nel 1876, in seguito ai forti conflitti insorti con l'Arrighi, accusato di non essere molto corretto nei pagamenti, il G. decise di formare una propria compagnia insieme con E. Ferravilla (E. Villani) e con G. Sbodio: il successo della nuova formazione fu tale da farle meritare l'appellativo di Creasoldi. In seguito all'allontanamento dello Sbodio, fu ammessa in ditta Emma Ivon; la compagnia Ferravilla-Ivon-Giraud rimase unita per oltre vent'anni, riscuotendo sempre consensi diffusi e compiendo numerose tournées in Italia, né parve dispiacere molto al G. che la popolarità andasse più al Ferravilla che alla compagine nel suo complesso. D'altronde anche a lui non mancavano le sonore approvazioni del pubblico, che trovava molto divertenti le sue caratterizzazioni comiche, e il giudizio della critica, che ne esaltava la presenza in scena e gli adattamenti, come ad esempio avvenne con la Messicana inviperida, fatta oggetto di ottime recensioni dalla Perseveranza del 20 genn. 1880 e dalla Frusta teatrale del 25 genn. 1880.
Il G. fu autore di numerosi testi (secondo alcune fonti una cinquantina, ma per l'Enciclopedia dello spettacolo sarebbero oltre cento), frutto di traduzioni, di adattamenti e talvolta di creazione autonoma, alcuni dei quali furono stampati in fascicoli dall'editore Barbini di Milano. Tra tutti sono da ricordare La mamma la dorma, dramma in un atto con quattro personaggi di estrazione borghese e che presenta un finale conforme alla morale diffusa; altro ambiente borghese è in Moschin, Vairon e comp., commedia in tre atti la cui tematica principale è il lavoro; ritratto d'ambiente è anche El portinar, commedia in un atto, in cui compaiono anche le classi sociali aristocratica e popolare. Di diversa ispirazione, ma di forma identica alle precedenti, è Luis Beretta, scene in un atto, scritte insieme a tale Musculus, in cui compare il personaggio del Croatt, che si esprime con un pastiche linguistico mezzo tedesco e mezzo milanese. Alcuni testi, come I degrazi delsur Pomarella e El Simon Brumista, sono molto "ferravilliani". On teater meccanich, atto unico con cori e canzoni, è in sostanza un pretesto per rappresentare appunto uno di quei teatri meccanici tanto in voga sul finire dell'Ottocento. Altra opera un po' anomala rispetto al consueto ambiente borghese è I saltador, un vaudeville in due atti edito nel 1879 in cui Meneghino si esprime talvolta in italiano. Da notare che nelle Memorie il G. scelse di pubblicare due testi cui evidentemente attribuiva un significato rilevante all'interno della sua produzione, e cioè Qui pro quo e il I duu ors, il primo ambientato in un salotto aristocratico, il secondo un vaudeville che porta lo spettatore nel palazzo di Daghenontaj, gran scià del Caimacà, rapitore della moglie del milanese Tecoppa (che talvolta si esprime in italiano) il quale, travestito da orso, riuscirà a liberarla.
Quando la società Ferravilla-Ivon-Giraud si sciolse nel 1898, il G. continuò a lavorare con il Ferravilla, non rinunziando tuttavia ad altre produzioni teatrali e partecipando a numerosi film fra cui I minatori e I promessi sposi, di cui sono pubblicate due foto di scena nelle Memorie. Il gusto dell'avventura, elemento sempre presente nella sua vita, spinse l'attore a compiere gesti bizzarri come l'entrare in una gabbia di leoni o il divenire insegnante di recitazione dei malati di mente della Sinagra dal 1872 al 1874.
Il G. morì il 28 nov. 1912 colto da malore nel suo camerino del teatro Apollo di Lugano dove avrebbe dovuto recitare in due pièces con la compagnia Parenti.
Tra i testi teatrali del G., tutti pubblicati a Milano dal Barbini, editore di gran parte del repertorio del teatro milanese, si ricordano in particolare: On sacrista in di pettol, 1877; Luis Beretta, 1877; La mosca, 1877; Moschin, Vairon e comp., 1877; I saltador, 1879; Casa Cornabò, 1879; La mamma la dorma, 1879; Magg de testimoni a la cort d'assisi, 1882; El Simon Brumista, 1882; Vita perduta, 1882; El zio commendator, 1883; El portinar, 1886; L'ultim gamber del sur Pirotta, 1886; I degrazi del sur Pomarella, 1886; Pomarella e Pertevani, 1886; On process a porte chiuse, 1887; Teatro meccanico, 1887; La coccia del can, 1907.
Un anno prima della morte il G. diede alle stampe Le mie memorie, Milano 1911, con prefazione di R. Simoni, comprendente nella terza parte anche il testo de I duu ors, del 1907, e del Qui pro quo.
Fonti e Bibl.: Recensioni e giudizi di contemporanei sull'attività del G. si leggono in L'Arte drammatica, 25 marzo 1874 e 20 giugno 1874; La Frusta teatrale, 25 genn. 1880, 10 dic. 1880, 18 luglio 1882 e 7 nov. 1882; La Perseveranza, 5 genn. 1880, 20 genn. 1880 e 14 genn. 1897; Corriere della sera, 29 nov. 1912; L'Illustrazione italiana, 8 dic. 1912. Giudizi e notizie sul G. in Edoardo Ferravilla parla della sua vita, della sua arte, del suo teatro, Milano s.d., p. 35; C. Arrighi, Il teatro milanese. Rendiconto morale, letterario e amministrativo, Milano 1873, p. 22; Id., F. Fontana, Jarro, Ferravilla e compagni. Studi critici e biografici, Milano 1890, pp. 119-131; Papiol, Dalla ribalta ai camerini. Attori, autori e critici del teatro milanese, Milano 1911, p. 10; S. Zambaldi, Il teatro milanese, Milano 1927, p. 22; S. Pagani, Il teatro milanese, Milano 1944, pp. 161-186; G. Acerboni, Cletto Arrighi e il teatro milanese, Roma 1998, pp. 23, 275-282, 291-295. Utili profili biografici in L. Rasi, I comici italiani, I, Firenze 1897, pp. 1028-1030; Enc. biografica e bibliografrica "Italiana", N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, Milano 1940, pp. 440 s.; Enc. dello spettacolo, V, coll. 1331 s.