GIOJA, Edoardo
Figlio di Belisario e di Marianna Giovannelli, nacque a Roma il 27 sett. 1862.
Compiuti gli studi classici in un istituto francese di Roma, si dedicò alla pittura sotto la guida del padre - seguace di M. Fortuny e autore di dipinti di genere - con il quale, tra l'altro, eseguì nel 1878 Interno di antiquario (ripr. in Spadini). Tra il 1882 e il 1889 compì viaggi nelle maggiori città italiane ed europee soggiornando per lunghi periodi in Germania, a Parigi, a Londra e in Olanda, dove ebbe modo di completare la sua formazione artistica visitando i più importanti musei e gallerie.
La maggior parte della produzione artistica del G. è andata dispersa; tuttavia nel 1981 il fortunoso ritrovamento sul mercato antiquario di un baule contenente una vasta quantità di materiale di proprietà del G. a Londra, presentato nello stesso anno in una mostra curata da P. Spadini alla galleria dell'Emporio floreale di Roma, ha permesso di approfondire la conoscenza dell'artista. Parte del materiale (disegni, bozzetti e numerose fotografie di opere, datate tra il 1878 e il 1913) è stata riprodotta nel catalogo della mostra. Le fotografie, in particolare, sono state acquisite dall'Istituto centrale per il catalogo e la documentazione a Roma. Sempre a Roma, presso gli Archivi delle arti applicate del XX secolo, si conserva un piccolo fondo comprendente oli, pastelli, disegni, studi per decorazioni, di mano del Gioja.
Dopo la prima esperienza artistica maturata all'ombra del padre, l'artista si orientò verso una pittura più meditata, arricchita nelle scelte tematiche e nella tecnica. Intorno agli anni Ottanta si avvicinò a un repertorio d'ispirazione letteraria e storica; dipinti come Partenza per la caccia del 1882 o ICrociati del 1888-90 (entrambi ripr. in Spadini) mostrano con evidenza le sue notevoli doti di abile costruttore di scenari storici. Negli stessi anni l'artista maturò anche una ricerca personale intorno alla pittura "dal vero", compiendo sopralluoghi in campagna e sulla spiaggia di Anzio; ne sono un esempio due quadri raffiguranti il Porto di Anzio (ripr. in Pantini, 1901, pp. 180 s.). Nel 1883, in occasione dell'Esposizione di belle arti di Roma, il G. si presentò nella doppia veste di pittore di storia e di sensibile paesaggista, accompagnando il citato Partenza per la caccia agli acquerelli Fantasie marinaresche e Studi d'estate, entrambi perduti, che gli valsero le critiche positive di Gabriele D'Annunzio e di Nino Costa, il quale lo invitò a far parte, nel 1890, dell'associazione "In arte libertas". Intorno al 1887 trasferì il suo domicilio dall'abitazione e studio del padre in via Bocca di Leone 11, a via del Babuino 61, un evento che segnò in modo tangibile l'emancipazione da modelli formali ormai antiquati. Al 1887-89 la critica fa risalire un soggiorno dell'artista in Olanda (ibid., p. 167), notizia avvalorata dal linguaggio dei dipinti realizzati intorno a queste date, quali Dopo cena e Una lezione di canto, poi intitolato Musicaantica (ripr. in Spadini), dove si colgono l'attento studio dell'incidenza della luce e dei rapporti cromatici nella resa dei particolari e dell'atmosfera; inoltre, l'interesse dell'artista per l'assoluta fedeltà al dettaglio è testimoniato dalle molte riproduzioni fotografiche che documentano la realizzazione del dipinto I Crociati, come anche la sua inclinazione verso l'impiego di una manualità diretta, che lo condusse a modellare in cartapesta e a dipingere le armature indossate dai protagonisti del suo quadro.
Nel 1889 sposò Eugenia Vasio dalla quale ebbe tre figlie, Emilia, Attilia e Armida, che furono spesso ritratte dal G. in dipinti e disegni. La fortuna dell'artista come apprezzato ritrattista per una committenza aristocratica e altoborghese iniziò in questi anni e si consolidò nell'arco di tutta la sua attività.
Dal Ritratto della moglie (1891: ripr. in Pantini, 1901, p. 168) e da quelli della contessa Antonia Suardi (ibid., p. 167), dell'Ingegner Rodolfo Bonfiglietti (1894: ibid., p. 177), realizzatore del traforo del Quirinale, della Princesse Schahovskoi in abito religioso (1894: Roma, Galleria nazionale di arte moderna), fino a quelli dipinti durante i soggiorni inglesi, molto apprezzati per il rigore compositivo e per la notevole qualità pittorica (tra questi tre Ritratti di principesse indiane, ripr. in Emporium, 1925), il G. elaborò una interessante riflessione sulla tradizione rinascimentale, indagando con efficacia espressiva i soggetti, immersi nel paesaggio naturale o su fondi neutri.
Con curiosità e passione il G. si occupò anche della sperimentazione dei pigmenti e delle vernici allo scopo di rendere durevoli e stabili i dipinti sui diversi supporti. Il suo interesse per le tecniche artistiche lo portò a occuparsi delle arti applicate, che praticò lungo tutto il corso della vita. Del 1892 è un cofanetto nuziale in pastiglia dipinta (ripr. in Pantini, 1901, p. 182), decorato con motivi d'ispirazione neorinascimentale, secondo il gusto in voga in quegli anni, esposto alla mostra dell'associazione "In arte libertas" insieme con Soratte e Agricola in curvo terram molitus aratro (andati perduti). Nel giugno del 1899 le opere presenti nello studio del pittore in via Flaminia a Roma furono distrutte da un incendio: tra queste Idillio campestre (ibid., p. 175) del 1893, in cui il G. affrontava lo studio della natura e del paesaggio col minuzioso interesse del botanico che ripropose nei suoi numerosi Studi di fiori (ibid., pp. 184 s.).
Fin dal 1883 partecipò a molte edizioni delle mostre promosse dalla Società degli amatori e cultori di belle arti a Roma; e, dal 1897, a numerose esposizioni internazionali d'arte a Venezia. Membro della eterogenea compagine della Corporazione artistica italiana, nel 1900 espose nella sala riservata al gruppo al Palazzo di vetro di Monaco di Baviera, dove presentò I sogni delle stagioni, quattro ovali con figure femminili allegoriche, frutto di un lungo lavoro preparatorio e già proposte l'anno precedente alla mostra degli Amatori. Al 1901 risale il suo primo soggiorno inglese, durante il quale l'artista impartì lezioni di disegno a una nipote della regina Vittoria e alla principessa Patricia Reasy; decorò con un fregio, andato perduto nel 1950, il caffè Monaco a Piccadilly e dipinse numerosi quadri tra cui un Autoritratto. Datato 1902, il dipinto, che reca la scritta "In a day of yellow fog. London 1902", venne acquistato dalla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma nel 1915 e ceduto in deposito temporaneo agli Uffizi nel 1916; poi alla Galleria d'arte moderna di Firenze, dove tutt'oggi si trova. Della sua produzione londinese di quegli anni è anche un nucleo di opere di soggetto pompeiano, che mostrano con evidenza l'influenza di L. Alma-Tadema, pittore tra i più in voga in epoca tardovittoriana.
Tornato a Roma, alla ormai avviata attività di pittore sensibile alle ricerche volte al rinnovamento dell'arte - nel 1903 fu tra i fondatori dell'Unione degli artisti e, nel 1904, del gruppo I XXV della Campagna romana - affiancò una altrettanto fortunata produzione artistica, legata alla decorazione e all'arredamento di alcuni villini. Tra il 1896 e il 1900 progettò e realizzò mobili ornati con motivi marini (pesci, alghe, conchiglie), di gusto neoquattrocentesco, per villa Manzi (distrutta, in parte documentata: ibid., pp. 174 s., 187), dove lavorò con Alessandro Morani; negli stessi anni decorò il soffitto, oggi ricoperto, di un salone dell'antico palazzo Zuccari, di proprietà di Enrichetta Hertz, con parti modellate in stucco e pannelli dipinti ispirati alle mensole e ai rilievi del pulpito di S. Giovenale a Narni, che aveva avuto modo di studiare pochi anni prima (Spadini). Tra il 1903 e il 1905 lavorò nel villino della contessa Rasponi Spalletti in via Piacenza, dove dipinse, nella cornice ovale del camino, una Allegoria dell'ospitalità, disegnò la ringhiera della scala, un trofeo porta piante per l'esterno in ferro battuto, cinque librerie per la biblioteca e la boiserie della sala da pranzo; di tali lavori si conservano in parte alcuni ambienti. Un nuovo importante incarico fu la decorazione, tra il 1907 e il 1910, del villino Ravà (villino delle Rose) in lungotevere Arnaldo da Brescia.
Si tratta di un intervento ampiamente documentato (ripr. in Emporium, 1911), dove il G., oltre a progettare cornici ornamentali e stucchi per i soffitti e le pareti, caratterizzò ciascun ambiente con allegorie dipinte, ispirate al giorno, alla notte, alle stagioni, alle occupazioni e alle virtù della padrona di casa, la vedova dell'ingegnere Ravà, già ritratta dall'artista nel 1898. Mosaici, grate in ferro battuto, vetrate legate a piombo e stucchi dipinti, ideati dal G. completavano la decorazione, oggi perduta, dell'edificio, progettato da Cesare Bazzani.
Nell'ambito della grafica e dell'illustrazione, oltre al disegno di raffinati ex libris, di gusto neorinascimentale (ripr. in Pantini, 1901, p. 186) illustrò, nel 1910, il testo di Romualdo Pantini Canti di vita, edito a Milano da Treves, e, nel 1911 il suo volumetto A voi bimbi, pubblicato, sempre a Milano, da Bestetti e Tumminelli. Nello stesso anno in occasione delle celebrazioni per il cinquantenario dell'Unità d'Italia, oltre a disegnare le affiches pubblicitarie per la lotteria nazionale Roma-Torino, dipinse nel salone ovale all'interno dell'effimero padiglione delle feste, progettato da Marcello Piacentini, L'Italia vittoriosa con la forza e l'intelligenza, un fregio allegorico composto da tredici pannelli a olio su tela di cui undici sono conservati alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Per la realizzazione dell'opera utilizzò numerose fotografie di modelle in posa, che egli stesso ritrasse rielaborando poi nei cartoni preparatori le complesse composizioni. L'interesse del G. per l'arte applicata gli valse la nomina, nel 1910, a membro delegato del Municipio nel Consiglio direttivo del Museo artistico industriale di Roma, presieduto da Ettore Ferrari, una scuola, con annesso museo, preposta alla formazione di validi operatori nei diversi settori delle arti applicate. L'ultima opera decorativa conosciuta dell'artista è il soffitto affrescato nel 1913 del salone da ballo dell'ambasciata italiana a Vienna; l'artista vi raffigurò l'Italia, rappresentata da una figura femminile circondata da Dante, Leonardo, Michelangelo, Galileo e altri uomini illustri tra vittorie alate (ripr. in Marangoni, tav. 14).
Abbandonata la retorica delle opere legate a incarichi ufficiali, il G. nel dipinto Ultima veglia (ripr. in Spadini) - esposto nel 1918 alla Galleria centrale d'arte per l'incremento artistico di Milano insieme con altre 188 opere, in una mostra interamente dedicata al suo operato - sembra tornare a un linguaggio più sobrio e meditato. Il trasferimento a Londra nel 1921 segnò il suo definitivo distacco dall'Italia. Nel difficile ambiente artistico della capitale inglese riprese con rinnovato successo a ritrarre personaggi legati all'ambiente aristocratico e diplomatico, produzione che presentò nel 1925 in una personale, nella stessa città. L'anno seguente fu presente alla Biennale di Venezia col dipinto Ritratto della signorina Armida Gioja (ibid.).
Attivissimo fino alla fine, il G. morì a Londra il 30 maggio 1937 mentre stava dipingendo il Ritratto dell'ambasciatore dell'Arabia Saudita.
Fonti e Bibl.: Necr., in IlGiornale d'Italia, 1° giugno 1937; The Times, 30 maggio 1937; G. D'Annunzio, Esposizione d'arte, in Il Fanfulla della domenica, 18 febbr. 1883; U. Fleres, Cronaca di Roma, in Natura e arte, 1896-97, n. 11, p. 1037; La Terza Esposizione internazionale della città di Venezia, ibid., 1898-99, n. 16, p. 546; R. Pantini, E. G., in Emporium, XIII (1901), pp. 163-187; R. P., Cronaca di Roma, in The Studio, gennaio 1901, pp. 274-277; Esposizione al Palazzo di via Nazionale della Società amatori e cultori, ibid., 1904, p. 250; a. r., Le decorazioni di E. G., in La Tribuna, 30 maggio 1910; V. Pica, L'arte mondiale alla IX Esposizione di Venezia, in Emporium, XXXII (1910), p. 94; ruscus, La decorazione di una villa romana, ibid., XXXIII (1911), 194, pp. 149-163; R. Pantini La villa delle Rose a Roma e le pitture di E. G., in L'Illustrazione italiana, 23 apr. 1911, p. 411; Il grande fregio di E. G. al padiglione delle Feste a Roma, in L'Illustrazione italiana, 30 luglio 1911, pp. 107-110; A. Cervesato, La Campagna romana, ibid., numero speciale, Natale-Capodanno 1913, p. 24; Le pitture di E. G. per il nuovo palazzo dell'ambasciata italiana a Vienna, ibid., 12 genn. 1913, pp. 32, 35; A.M. Bessone Aurelj, Diz. dei pittori italiani, Città di Castello 1915, p. 290; Esposizioni d'arte, in Corriere della sera, 16 nov. 1918; C. Galassi Paluzzi, "I XXV" della Campagna romana, Roma s.d. (ma 1922), p. 13; r., Tre ritratti di E. G., in Emporium, LXI (1925), pp. 69-71; A. Lancellotti, Le Biennali veneziane dell'anteguerra, dalla I alla XI, Alessandria 1926, pp. 11, 17; M. Marangoni, Enc. delle moderne arti decorative, Milano 1928, tav. 14; E. G., in Il Messaggero, 9 dic. 1938; Aspetti dell'arte a Roma 1870-1914 (catal.), Roma 1972, pp. 31 s.; R. Mammuccari, Poesia della Campagna romana, Velletri 1979, pp. 47-49; Gli Uffizi. Catal. generale, Firenze 1979, A407, p. 885 (con ill.); Roma 1911 (catal.), Roma 1980, pp. 98 s., 103; P. Spadini, L'archivio di E. G., in L'archivio di E. G.: bozzetti, disegni, pastelli, olii, fotografie e riproduzioni dal 1878 al 1913 (catal., galleria dell'Emporio floreale), Roma 1981, pp. n.n.; L. Lambertini, Dal baule saltò fuori G., in Il Giornale nuovo, 27 febbr. 1981; C. Paternostro, E. G., in L'Osservatore romano, 28 febbr. 1981; A.M. Damigella, La pittura simbolista in Italia, 1885-1900, Torino 1981, p. 73, nn. 84, 168; R. Mammuccari, Poesia della Campagna romana nell'arte dei XXV, Velletri 1981, pp. 47-49; R. Mamuccari - P.E. Trastulli, Immagini delle paludi pontine, Velletri 1981, pp. 147 s.; R. Mammuccari, I XXV della Campagna romana, Velletri 1984, pp. 65 s.; I. de Guttry - M.P. Maino - M. Quesada, Le arti minori d'autore in Italia dal 1900 al 1930, Bari 1985, pp. 202-205; I pittori dell'Ottocento, a cura di G. Falossi, s.l. 1986, p. 292; G.F. Lomonaco, Acquerelli dell'Ottocento, Roma 1987, pp. 25, 29, 37 s.; A.V. Jervis, La pittura in Italia. L'Ottocento, II, Milano 1991, pp. 853 s.; R. Mammuccari, Ottocento romano, Roma 1993, pp. 394 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 69 s.; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani…, V, p. 443.