FERRAVILLA, Edoardo
Comico, nato il 18 ottobre 1846, a Milano, dove morì il 25 ottobre 1915. Figlio di una cantante portoghese, Giulia Ferravilla, e di un nobile filarmonico, il marchese Filippo Villani, avviato agli studî commerciali, ne uscì ragioniere. L'origine lo portava al teatro; e fu socio della Società filodrammatica Gustavo Modena, nel ruolo di amoroso e di brillante: filodrammatico modesto, che non rivelava alcuna speciale qualità. Quando Cletto Arrighi (Carlo Righetti) tentò di dar vita (1875) a un teatro vernacolo milanese che raccogliesse l'eredità letteraria di Carlo Maria Maggi, il F. fu accolto nella compagnia nello stesso ruolo fino allora coperto; e da principio il nuovo attore, simpatico giovanotto ma alquanto impacciato da una lieve balbuzie, non si distinse molto. Sennonché nel Barchet de Buffalora, riduzione radicale del vaudeville di Labiche La Cagnotte, che sostituiva figure eminentemente meneghine alle macchiette francesi, il F. abbozzò un tipo, la cui comicità fu accolta con vivo compiacimento: in altre riduzioni e in commediole originali il tipo si ripeté e si acquistò una certa popolarità.
Nella compagnia costituita da F. Gaetano Sbodio e da Edoardo Giraud, che avevano abbandonato l'Arrighi (1876), le robuste virtù del F. finirono col prevalere; e presto tutta Milano vide animarsi la ricca collezione dei caratteri e delle macchiette che il mirabile attore venne via via costruendosi, sopra un generico fondo comune, una specie di permanente, umana, umoristica e delicata caricatura della stolidità popolare o piccolo borghese che sopraffatta dal ritmo veloce della vita nuova, tenta invano di mettersi al passo con essa. Caratteri che sono ancora quelli tradizionali: l'avaro, lo sciocco pretensioso, il vanesio, il ghiottone, l'importuno, l'imbroglione, il marito ingannato, il timido, il femmineo; ma il prodigioso artista li riabbozza e rifinisce con un'arte ironica, piena di misura e alle volte quasi di pudore, traendo partito così dalla sua squisita valentia nel "trucco" come delle sue stesse limitazioni di dicitore, per tratteggiare ogni personaggio mediante tocchi estremamente sobrî e accorti giuochi di pause, e di mimica impareggiabile.
Nascono così Massinelli, el Sciur Pedrin, el sciur Panera, el maester Pastizza, el sindec Finocchi, Gigione, e la popolarissima creazione di Tecoppa: tipi che il F. ha foggiato quasi sempre scrivendosi da sé il breve pretesto scenico, ovvero rimaneggiando interamente, almeno per ciò che riguarda la parte a lui destinata, commedie e farse scritte da altri, e aggiungendovi talora di suo anche la musica, in cui era bene esperto. I suoi motti più gustosi valicano le mura di Milano, corrono il paese, passano in proverbio, assumono un certo valore nazionale; le sue macchiette acquistano la rinomanza d'altrettante "maschere".
La compagnia Ferravilla-Sbodio-Giraud-Ivon, chiamata anche fuori di Milano, compiva giri artistici in tutta Italia, riscuotendo il più gran successo. Abbandonato dallo Sbodio e dal Carnaghi e anche dopo la morte della Giuseppina Giovannelli e della Ivon, il F., che aveva sortito da natura un temperamento serio e incline alla malinconia, proseguì sino alla morte con dedizione austera l'esercizio di quell'arte sua, universalmente pregiata come la più autentica espressione della comicità meneghina.
Bibl.: Cletto Arrighi, Ferravilla, Milano 1888; id., L. Fontana, Jarro, Ferravilla e comp., Milano 1890; P. Mantegazza, Almanacco igienico, 1895; R. Sacchetti, E. F. parla della sua vita, della sua arte, del suo teatro, Milano 1912; R. Simoni, Ritratti, Milano 1923; R. Sacchetti, Aneddoti ferravilliani, Roma 1929.