ZAVATTARI, Edoardo Davide Pietro Carlo
– Nacque a Tortona il 21 ottobre 1883 da Edoardo (che era morto il 20 luglio) e da Giulietta Negro, figlia dell’avvocato Davide Negro, sindaco di Tortona dal 1875 al 1879 e nel biennio 1885-86.
Nel 1908 conseguì la laurea in medicina e chirurgia all’Università di Torino, dove nel 1911 si laureò anche in scienze naturali. Nel 1913 fu nominato libero docente di zoologia presso l’Università di Torino, dove stava già svolgendo la funzione di assistente, e si specializzò in medicina tropicale presso la London School of tropical medicine. Prese parte alla prima guerra mondiale come tenente medico di complemento (fu decorato con la croce di guerra); inviato in Albania, rimase per oltre un anno per dirigere con successo campagne profilattiche contro la malaria, il colera e il tifo petecchiale che gli valsero la medaglia d’argento per i benemeriti della salute pubblica. Alla conclusione di questa esperienza frequentò istituti scientifici di Parigi, Monaco di Baviera, Berlino e Londra per dedicarsi successivamente a viaggi di studio e di esplorazione fino all’età di settantacinque anni, meritandosi da Giotto Dainelli l’appellativo di «giramondo».
Subito dopo la guerra si recò nella penisola balcanica e in quella iberica, poi nell’Africa settentrionale, nell’Asia minore, nelle isole di Capo Verde e nelle isole Canarie. Dopo un periodo trascorso all’Università di Cagliari come aiuto di zoologia (1919-21) e a quella di Modena come aiuto e incaricato di biologia e zoologia (1921-23), vinse, nel novembre del 1924, il concorso universitario per la cattedra di anatomia e fisiologia comparate. Il 1° febbraio 1925 venne nominato professore straordinario a Pavia, dove ricevette per un certo periodo anche gli incarichi di zoologia e di anatomia umana per gli studenti di scienze naturali. Promosso ordinario nel 1927, assunse anche la direzione dell’istituto di anatomia e fisiologia comparate, che ricoprì fino al 1935, quando passò come ordinario di zoologia all’Università di Roma.
A partire dall’estate del 1925 visitò Dakar, quindi la Senegambia, la Guinea francese e quella portoghese, la Sierra Leone, la Costa d’Oro, la Costa d’Avorio e il Dahomey. Si addentrò per la prima volta nell’immensa foresta tropicale, risalendo per un tratto il corso inferiore del fiume Niger, e passò poi a visitare il Camerun per concludere dopo cinque mesi il suo viaggio in Gabon. Questi suoi viaggi e le relative ricerche produssero ricche collezioni geologiche, osservazioni biologiche, ecologiche ed etnologiche, studi e ricerche sulle malattie tropicali e gli agenti patogeni, come glossine e tripanosomi.
Nel 1927 visitò i territori settentrionali della Tripolitania e nel 1929 compì l’esplorazione della Cirenaica, inoltrandosi fino nell’oasi di Gialo, allora in piena rivolta. Nell’estate del 1930 iniziò l’esplorazione, portata a compimento soltanto nel 1935, della terza provincia libica, il Fezzan, appena occupata dalle truppe italiane. Dopo essersi spinto fino alla lontana oasi di Ghat, a oltre mille chilometri dalla costa mediterranea, raggiunse poi le oasi di El-Gatrun e Tejerehi. Da Ghadames, seguendo il confine con la Tunisia, ritornò sulla costa mediterranea e nel 1935 raggiunse l’ancora inesplorata oasi di Marada, l’arcipelago di Cufra e l’oasi di Gialo.
In questo periodo prese anche parte a una missione scientifica, diretta da Umberto Gabbi e organizzata dal ministero delle Colonie, per studiare le patologie del bassopiano occidentale eritreo con l’obiettivo di ricercare materiale zoologico e parassitologico. In tre mesi di ricerche nel territorio compreso fra il Gasc e il Setit sino ai confini col Sudan e con l’Etiopia ottenne importanti risultati relativi agli ofidi velenosi e agli insetti ematofagi, ma soprattutto rilevando in Eritrea la presenza dell’Anopheles gambiae, la zanzara portatrice della malaria.
Dopo la conquista italiana, fra il febbraio e il luglio del 1937 Zavattari organizzò e guidò, per conto del Centro studi per l’Africa orientale dell’Accademia d’Italia, una spedizione nel paese dei Borana, una regione dell’Etiopia meridionale, ai confini con il Kenya, la Somalia e i laghi equatoriali.
Il suo obiettivo era tracciare un quadro biologico complessivo di quel territorio per poterne definire le caratteristiche ambientali in funzione delle possibilità di sussistenza delle popolazioni sia bianche sia di colore. Arrivò ad accertare che non erano presenti le grandi endemie proprie dell’Africa e nello stesso tempo, grazie alla grande quantità di dati accertati e materiali raccolti (quindicimila animali di millecinquecento specie e varietà, di cui ben duecento ancora ignoti; tremilacinquecento campioni di piante appartenenti a settecentotrentanove varietà e specie, di cui centoventi nuove per la scienza) a ricostruire un panorama preciso dell’ambiente biologico.
Un’altra spedizione in Africa orientale, organizzata nel 1939 e definita «missione biologica Sagan-Omo» perché rivolta a esplorare la zona compresa fra il corso di questi due fiumi, sempre in territorio etiopico al confine con il Kenya, si concluse prima del previsto nella zona del lago Rodolfo per il conflitto, scoppiato nell’estate di quello stesso anno, fra Regno Unito, Francia e Germania e il conseguente irrigidimento diplomatico dell’Italia nei confronti dei suoi vecchi alleati nella prima guerra mondiale. I risultati ottenuti furono comunque notevoli e piuttosto importanti, a cominciare dalla scoperta della vera natura del lago Stefania, uno specchio di acqua temporaneo che scompare del tutto nella stagione secca. La relazione completa di questo viaggio non venne pubblicata per la soppressione nel 1944 dell’Accademia d’Italia.
Nel corso dell’attività scientifica e accademica di Zavattari, convinta fu la sua adesione al regime (si iscrisse al Partito fascista il 16 ottobre 1923) e rilevante fu il suo contributo all’elaborazione e alla diffusione delle teorie biologiche sulla razza (fondò e diresse anche la Rivista di biologia coloniale). Già in occasione del discorso di inaugurazione dell’anno accademico 1928-29 dell’Università di Pavia aveva sostenuto la necessità di una rigida e consapevole separazione in colonia tra «razza dominante e razza dominata» (Signori, 1997, p. 468) e in diversi contributi degli anni successivi cercò di giustificare l’espansionismo italiano e tedesco sulle basi della biologia, teorizzando che era una legge di natura che tutti gli organismi tendessero alla conquista di uno spazio vitale (Maiocchi, 1999, p. 294). Nel luglio del 1938 fu uno dei dieci firmatari del Manifesto della razza, noto anche come Manifesto degli scienziati razzisti. Per queste sue prese di posizione, per le quali il Comune di Roma nel 2017 avviò le procedure per revocare l’intitolazione di una via a lui dedicata, nel 1944 fu coinvolto in un processo di epurazione, venendo sospeso dall’insegnamento a partire dal 1° agosto (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Divisione prima, Professori universitari, epurazione 1945-1947). Zavattari confutò la delibera sostenendo che il suo nome era stato inserito a sua insaputa fra i firmatari del Manifesto, di cui avrebbe appreso le finalità solo attraverso la lettura dei giornali. La vicenda si concluse con la decisione, assunta e comunicata al ministero della Pubblica Istruzione il 25 ottobre 1945 dalla Commissione centrale sull’epurazione, con la quale Zavattari venne reintegrato nella sua cattedra dell’Università di Roma.
Lasciata l’Università il 31 ottobre 1958 per raggiunti limiti di età, dopo un breve periodo trascorso ancora a Roma si trasferì a Genova, dove viveva il fratello. Donò molte delle sue ricerche zoologiche, una consistente serie di fotografie e di documenti e la sua biblioteca scientifica al Museo civico di Storia naturale, dove poté proseguire, nella veste di conservatore onorario, la sua attività di studioso per il resto della sua vita.
Morì il 17 febbraio 1972.
Opere. Dei suoi numerosi scritti, oltre a quelli redatti per La difesa della razza, vanno segnalati: Materialien für eine Monographie der Neotropischen Eumeniden, in Archiv für Naturgeschicte, IV (1912), pp. 1-272; Il contributo degli italiani alle scoperte geografiche affricane (Pavia 1929); Il Fezzan. Come l’ho visto, come l’ho studiato, come potrebbe essere studiato (Pavia 1932); Prodromo della fauna della Libia (Pavia 1934); Missione biologica nel paese dei Borana, I, Condizioni bio-geografiche e antropiche (Roma 1939); Fezzan e oasi di Gat. Ambiente biologico generale, in Il Sahara, parte I, Fezzan e Oasi di Gat, Roma 1937; Le missioni biologiche del centro studi A.O.I. della Reale Accademia d’Italia nei territori meridionali dell’Impero (Roma 1939); La missione biologica Sagan-Omo (1939-XVIII). Territori esplorati e risultati preliminari (Roma 1940); Dal Giuba al lago Rodolfo (Roma 1940); Cinquant’anni di operosità scientifica, 1908-1958. Studi, ricerche, problemi di biologia tropicale (Roma 1959).
Fonti e Bibl.: Nell’Archivio storico della Sapienza - Università di Roma si conserva il fascicolo personale (AS5040) di Zavattari, sulla cui attività scientifica sono reperibili fonti e documenti anche nell’Archivio della Società geografica italiana e nel Museo di storia naturale di Genova.
G. Scortecci, E. Z., in Bollettino della Società geografica italiana, s. 10, I (1972), pp. 185-195 (testo della commemorazione pubblicata anche in Julia Dertona, LI-LII (1973), pp. 143-150, tenuta il 24 maggio 1972 nella sede della Società, di cui Zavattari fu vicepresidente dal marzo 1955 al marzo 1971, e replicata l’8 febbraio 1973 nella sede della Società ligure di scienze, lettere ed arti); G. Barenghi, Il contributo di E. Z. alla conoscenza dell’Africa orientale, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, III (1978), pp. 237-267; C. Conci - R. Poggi, Iconography of italian entomologists, with essential biographical data, in Memorie della Società entomologica italiana, LXXV (1996), pp. 159-320; E. Signori, La «conquista fascista» dell’Università. Libertà d’insegnamento e autonomia nell’Ateneo pavese dalla riforma Gentile alle leggi razziali, in Il Politico, LXII (1997), 3, pp. 433-472; G. Israel - P. Nastasi, Scienza e razza nell’Italia fascista, Bologna 1998, ad ind.; R. Maiocchi, Scienza italiana e razzismo fascista, Firenze 1999, ad ind.; E. Signori, Minerva a Pavia. L’ateneo e la città tra guerre e fascismo, Milano 2002, pp. 155-157; F. Cuomo, I dieci. Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il Manifesto della razza, Milano 2005, ad ind.; T. Dell’Era, L’Università di Roma e le leggi razziali: il processo di epurazione di E. Z., in La storia delle università alle soglie del XXI secolo. La ricerca dei giovani studiosi tra fonti e nuovi percorsi di indagine. Atti del Convegno internazionale di studi..., Aosta... 2006, a cura di P. Gheda et al., Bologna 2008, pp. 163-181; P. Giuliani, Le fotografie di E. Z. dell’Archivio fotografico della Società geografica italiana. Missioni in Etiopia negli anni del colonialismo italiano, in Bollettino della Società geografica italiana, s. 13, V (2012), pp. 331-352; L. C. Rovati - E. Razzetti, La Libia vista da E. Z., in Natura, CIII (2012), pp. 135-142.