DALBONO, Edoardo
Pittore, nato a Napoli nel dicembre del 1841, vi morì il 23 agosto 1915. Fu assistito nella sua prima educazione artistica da suo padre Carlo Tito. A Roma studiò col Marchetti e col Consoni; a Napoli fu scolaro del Mancinelli e, nella pittura di paesaggio, di Nicola Palizzi. Il D. è da considerare come l'ultimo dei pittori napoletani nel quale sopravvisse il gusto dello stile decorativo settecentesco, quale s'andò sviluppando dall'arte giovanile di Francesco Solimena fino alle chiare e festose decorazioni di Giacinto Diano e di Pietro Bardellino (v. i pannelli decorativi da lui dipinti per la casa del principe di Sirignano a Napoli). Il D. iniziò la sua carriera, secondo la moda del tempo, con quadri di soggetto storico, ma il suo gusto e il suo temperamento lo conducevano alla pittura di paesaggio, alla quale difatti si diede con fervida assiduità durante tutta la sua vita.
Le connessioni storiche dell'arte dalboniana in questo campo sono da cercare soprattutto nei paesaggi di Gabriele Smargiassi, di Teodoro Duclère, di Vincenzo Franceschini, di Nicola Palizzi e specialmente di Giacinto Gigante. Ma il D. volse in special modo la sua mente al golfo di Napoli, di cui nessun pittore napoletano sentì più profondamente ed espresse con maggior chiaroveggenza la mutevole luce; ed è per la sua assidua evocazione pittorica che il popolo infantile della spiaggia penetrò nell'arte napoletana (nei disegni e nelle sculture del Gemito innanzi tutto) come costante soggetto di rappresentazioni di vita lieta e serena. Il carattere dell'arte del D. e i suoi legami con l'editore francese Goupil lo spinsero verso l'illustrazione di libri e di riviste, e in questo campo lavorò con impegno per la casa Treves di Milano, per Le grand monde di Parigi, e per altri editori.
Quest'attività del D. non recò certo un giovevole apporto alle manifestazioni pittoriche del maestro estranee al campo dell'illustrazione. Nell'immensa produzione del D. difatti, molti paesaggi costituiscono una specie di manierismo dalboniano, dovuto appunto all'influsso delle finalità pratiche che il pittore più volte si propose; e, d'altra parte, il suo famoso quadro Le sirene (Napoli, Accademia di belle arti), ora assai deperito nel colore, è da considerare come una piacevole illustrazione per giornale commemorativo della festa di Piedigrotta. Ma quando il maestro operò in piena sincerità, la sua arte assunse accenti di autentica bellezza e calore di agreste poesia; ed è per questa parte scelta della sua produzione, non ancora cercata ed esattamente vagliata, che egli assunse l'entità di figura centrale nell'arte paesistica napoletana, dopo la morte di G. Gigante.
Bibl.: U. Ojetti, in Ritratti di artisti italiani, I, Milano 1911, pp. 97-108; G. Battelli, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, VIII, Lisia 1913 (con bibl.); Giannelli, Artisti napoletani contemporanei, Napoli 1911; R. Labadessa, Il pittore E.D., Torino 1913; V. Pica, E.D. illustratore, in Emporium, XLIII (1916), pp. 323-42; Mostra di E.D. (Gall. Pesaro), con prefazione di V. Pica, Milano 1921; S. Di Giacomo, E.D., Milano 1921; D. Giordano, E.D., Milano s.a.; E. Somaré, Storia dei pittori italiani dell'Ottocento, Milano 1928, pp. 476-80 (con bibl. a p. 497).