Edizione Nazionale
. L'idea di un'edizione completa, e tutta criticamente fermata, delle opere di D., risale (trascurando volutamente gli acuti ma parziali assaggi della filologia cinquecentesca) allo scorcio del sec. XVIII: all'iniziativa francamente enunciata quanto entusiasticamente propugnata (non soltanto in ambiente veronese) da Giovanni Iacopo Dionisi, Bartolomeo Perazzini, Giuseppe Torelli.
Fin dal 1775, nelle sue Correctiones et adnotationes in Dantis Comoediam il Perazzini esponeva e caldeggiava alcuni criteri metodologici (assunti dalla cosiddetta " philologia sacra ") per un'edizione critica del poema; il Dionisi, nel 1786, pensava addirittura all'istituzione di una privata accademia, che assumesse l'onere scientifico dell'edizione di tutte le opere: e si rivolgeva, oltre che ai sodali veronesi, anche ai letterati fiorentini, conscio dell'importanza che in un'impresa siffatta avrebbe assunto l'esame della tradizione; in particolare - così egli riteneva un po' semplicisticamente - di quella conservata a Firenze. Nel 1789, accompagnato dal Perazzini (che l'anno dopo collaborò alla stesura del referto De' codici fiorentini; cfr. la Serie di Aneddoti num. V, Verona 1790, VI-VII) il Dionisi si recava appositamente a Firenze per la " nuova edizione di Dante "; convinto da Giuseppe Pelli " che essa non riuscirebbe mai perfetta senza collazionare e senza consultare i tanti codici e i tanti comenti che son alla Laurenziana per scegliere i migliori per guida ". A un'iniziativa similare pensò, nel 1802, anche il fiorentino Francesco Fontani; mentre in apertura de La D.C. illustrata da U. Foscolo e curata da " un italiano " (Londra 1842) Giuseppe Mazzini esprimeva la certezza che un giorno " uomini imbevuti per lunghi studj dalla tradizione italiana, e santificati dall'amore, dalla sventura e dalla costanza, sacerdoti di Dante, imprenderanno, monumento dell'intelletto nazionale, una edizione delle opere ".
Potente rilancio venne naturalmente all'idea dalla conquistata unità politica: nel novembre 1860 una commissione che aveva per segretari Paolo Emiliani Giudici e Carlo Lorenzini diffuse un manifesto per un'edizione monumentale; più avanti ebbe a spingersi l'anno dopo Francesco Selmi, nella " Rivista contemporanea " di Torino, con articoli i cui titoli sono parlanti: Di una edizione della Commedia da pubblicarsi nel sesto centenario della nascita di D. (ibid XXV [aprile 1861] 62-82); Di uno studio da fare per l'edizione nazionale della Commedia di D.A. (ibid XXVI [luglio 1861] 70-87). Sia pur limitata alla Commedia, l'impresa ebbe avvio sotto la direzione di Marco Antonio Parenti, cui non bastò la vita per iniziare concretamente, nonché compiere, i lavori. L'Italia non ebbe così, pel centenario del 1865, l'auspicata edizione " nazionale " delle opere di D.; ma il concetto di un debito contratto da tutta la nazione nei confronti del suo poeta era ormai chiaramente affermato: occorreva soltanto che mutassero i tempi, e che l'affinamento metodologico portato dal positivismo nella critica dei testi consentisse di affrontare e condurre degnamente un'impresa siffatta.
E presto i tempi furono maturi. Fondata il 31 luglio 1888 la Società Dantesca Italiana, il Consiglio centrale, già nella seduta del 26 giugno 1889, decideva di provvedere a un'edizione critica del poema e delle opere minori. Che il compito di tale edizione toccasse alla filologia italiana (pur dopo i meritori tentativi e le approfondite esplorazioni condotte da studiosi stranieri quali Karl Witte ed Edward Moore) era nozione imposta non solo da ragioni ideali, ma da motivi oggettivamente pratici, visto che la maggior parte della tradizione manoscritta di opere dantesche è conservata in biblioteche italiane, se non addirittura fiorentine.
I lavori per l'edizione critica procedettero così, in quei primi anni, alacremente; pur tra varie difficoltà, originate dalle dimensioni stesse dell'impresa, in un'epoca in cui ancora mancavano i moderni sussidi per lo studio comparato dei codici. Nel 1896 comparve il De vulgari Eloquentia nell'edizione procurata da Pio Rajna, prima rigorosa applicazione del metodo lachmanniano alla filologia italiana e dantesca; ma era un testo a tradizione semplice, e del resto il Rajna aveva messo mano all'impresa per suo conto " poco meno di dieci anni avanti che la Società Dantesca fosse istituita ". Solo nel 1907 Michele Barbi poté, dopo anni di duro lavoro, pubblicare la magistrale edizione critica della Vita Nuova. Ben più difficile, almeno in quegli anni, la soluzione di problemi connessi a opere dalla tradizione complessa e abbondante, come le Rime o la Commedia: affidate rispettivamente dalla Società alle cure del Barbi e di Giuseppe Vandelli. Dei problemi connessi all'edizione delle Rime, e dei lunghi studi necessari a chiarire una tradizione intricata e per allora pressoché inesplorata e a sceverare testi sicuramente danteschi da rime di altri autori, il Barbi rese conto nei suoi monumentali Studi sul Canzoniere di D. (1915), robusto fondamento di qualsiasi studio non solo sul testo delle liriche dantesche, ma in genere sulla tradizione della più antica lirica italiana. Il Vandelli, dopo alcuni iniziali sondaggi della Società per uno spoglio metodico dei codici in base a 399 punti discriminanti opportunamente trascelti, di fronte a un problema di edizione anche più arduo per il numero stragrande delle testimonianze da vagliare e per l'ampiezza stessa del testo, venne elaborando personali criteri di lavoro, tratti dall'esperienza; e, muovendo dalla ‛ vulgata ' ottocentesca (quale si era venuta formando attraverso i secoli, dall'edizione Aldina del 1515 a quella di Crusca del 1595 alla wittiana del 1862) procedette a rassetti successivi, dando così, nel 1902 e negli anni seguenti, varie edizioni provvisorie, fondando le scelte testuali, di volta in volta, sull'esame di un numero quanto più possibile alto di testimonianze, al fine di chiarire dall'interno la genesi delle singole varianti e accertare, entro la varia lectio, quella genuina. Anche le restanti opere venivano in quegli anni assegnate a esperti curatori: il Convivio a Ernesto Giacomo Parodi e Flaminio Pellegrini; la Monarchia a Enrico Rostagno; le Egloghe e le Epistole a Francesco Novati (dopo la sua immatura scomparsa affidate, con la Quaestio, a Ermenegildo Pistelli).
Tale attività filologica e critica, frutto del volenteroso quanto disinteressato impegno della Società e degl'insigni curatori, ottenne finalmente nel 1914 l'atteso riconoscimento ufficiale: il Parlamento, votando un'apposita legge (19 luglio 1914, n° 729), autorizzava la spesa di lire 180.000 (da corrispondersi in dieci annualità) " per il concorso dello Stato nella preparazione e pubblicazione di una edizione critica delle Opere di Dante iniziata dalla Società Dantesca Italiana, in occasione del sesto centenario della morte del Poeta ", e dava facoltà al Ministro della P.I. " di mettere a disposizione della Società Dantesca Italiana due professori o funzionari da esso dipendenti " per quelle opere la cui edizione presentasse speciale difficoltà. Il Barbi e il Vandelli furono così dispensati dall'insegnamento per meglio attendere al loro lavoro editoriale.
Il sopraggiungere della prima guerra mondiale impedì la pubblicazione dei restanti volumi; tuttavia il frutto di quei lunghi anni di studi severi e di attente ricerche non andò disperso, se nel 1921 la Società poté almeno offrire, delle varie opere, un testo sicuramente migliorato, amorosamente e scrupolosamente preparato (sotto la direzione scientifica del Barbi, di ciò ufficialmente incaricato dal Consiglio il 26 gennaio 1918) in un solo volume: riservando la necessaria documentazione filologica e critica al proseguimento dell'edizione maggiore, prevista in complessivi quindici volumi. Tale testo, al quale collaborarono gli studiosi sopra indicati (ma non si scordi l'utilissimo Indice analitico dei nomi e delle cose di Mario Casella) e che è stato ristampato presso la Società nel 1960, ha per anni rappresentato, e ancor rappresenta, la moderna ‛ vulgata ' delle opere dantesche, degnamente sostituendo l'ottocentesca edizione oxoniense di Edward Moore.
A cinquant'anni di distanza, pur nella varietà dei problemi ecdotici delle singole opere (ben chiarita dal Barbi nella Prefazione) è facile cogliere, in quel volume, un'impronta unitaria: non soltanto segnata dalla personalità scientifica del coordinatore, ma dal severo impegno filologico dei curatori, accomunati, quanto alla metodologia, dall'indirizzo della ‛ bella scuola ' fiorentina di critica testuale, e tesi, attraverso un'approfondita analisi della tradizione manoscritta, a restituire al testo dantesco il suo vero volto: il Barbi poteva a questo proposito affermare esser quella " la prima volta che l'opera di Dante veniva presentata al pubblico dopo una recensione ordinata di tutto ciò che serve a stabilirne le vere sembianze ", anche dal punto di vista della forma linguistica e della grafia.
La precoce morte di alcuni collaboratori (Parodi, Pistelli, Pellegrini), la scadenza del finanziamento statale (del resto in parte vanificato dalla svalutazione), finirono per ritardare la prosecuzione dell'edizione maggiore. Si rese perciò necessaria una nuova convenzione tra il Ministero della Pubblica Istruzione e la Società Dantesca: stipulata il 3 luglio 1929, essa prevedeva la pubblicazione in quindici volumi dell'Edizione Nazionale entro vent'anni; il Ministero avrebbe corrisposto, per ogni volume effettivamente pubblicato, la somma di Lire 12.000 contributo dunque inalterato (intorno agli anni trenta) rispetto a quello fissato dalla legge del 1914. Il Consiglio centrale dell'Ente riconfermava al Barbi la direzione dei lavori, e chiedeva che egli venisse esonerato dall'insegnamento ai sensi dell'art. 57 del R.D. 8 maggio 1924, n° 843. Collocato a riposo il Vandelli, veniva richiesto il comando di Aristide Marigo perché curasse una nuova edizione del De vulgari Eloquentia, resasi necessaria per la scoperta del capitale codice Berlinese, e, dopo varie traversie editoriali, era nel 1970 in corso di pubblicazione. Nel 1932 comparve poi il primo volume dell'auspicata Edizione Nazionale, la ristampa della Vita Nuova per cura del Barbi. Anche se i lavori preparatori delle restanti opere non furono mai intermessi (le Egloghe, le Epistole e la Quaestio essendo affidate ad Augusto Mancini; la Monarchia in un primo tempo al Marigo; mentre studi preliminari sulla tradizione delle Rime e del Convivio veniva compiendo Vincenzo Pernicone), il resto del programma editoriale non fu però attuato; e le ragioni, almeno quelle di carattere storico, sono purtroppo evidenti: la morte progressiva di molti collaboratori (Rajna, Rostagno, Vandelli, Barbi); lo scoppio della seconda guerra mondiale, che tolse in pratica la possibilità di compiere consultazioni bibliografiche ed esplorazioni codicologiche. Terminato il conflitto, sotto la presidenza di Mario Casella fu assegnata a Pier Giorgio Ricci la cura del testo della Monarchia (pubblicata nel 1965); scomparso il Casella, nuovo e maggiore impulso venne all'edizione dall'opera del nuovo Consiglio direttivo, presieduto da Gianfranco Contini. Il 31 maggio 1956 veniva confermato ad Augusto Mancini (unico superstite della primitiva schiera di collaboratori) l'incarico delle opere latine minori, e a Pier Giorgio Ricci quello della Monarchia; il 15 dicembre dello stesso anno veniva affidata a Domenico De Robertis la cura della Rime, e poco dopo Giorgio Petrocchi riceveva l'incarico ufficiale dell'edizione della Commedia " secondo l'antica vulgata ". Morto nel settembre 1957 Augusto Mancini, a lui subentrava, per le Epistole, le Egloghe e la Quaestio Francesco Mazzoni, mentre il Convivio veniva assegnato a Franca Brambilla Ageno. Contemporaneamente veniva sottoposto al Ministero della Pubblica Istruzione un concreto piano di finanziamento dell'iniziativa (limitatamente alla preparazione scientifica); e tale piano, anche in vista dell'ormai imminente anno centenario del 1965, trovava il pronto assenso della Direzione generale delle Accademie e Biblioteche. La Società ha così potuto provvedere in questi anni alla costituzione di un archivio microfotografico di tutti i codici danteschi o d'interesse dantesco (compresi gli antichi commenti), nonché a un sostanzioso incremento della biblioteca sociale, a servigio dei lavori per l'edizione. Missioni esplorative sono state altresì compiute (con notevoli risultati) nelle biblioteche italiane e soprattutto in quelle estere, sicché per alcune opere (ad es. le Rime) la recensio apparirà profondamente rinnovata.
L'anno centenario del 1965 vedeva così, oltre alla pubblicazione della Monarchia, anche la comparsa - ad appagare un voto ormai secolare - dei primi due volumi dei quattro votati alla Commedia, curati magistralmente dal Petrocchi (il Purgatorio e il Paradiso seguirono rispettivamente nel 1966 e nel 1967); mentre le restanti opere ricevono tuttora assidue cure, sì che è presumibile, entro il presente decennio, la pubblicazione di tutta l'edizione, cui si aggiungerà, a cura del Contini, il volume dedicato, al Fiore e al Detto d'Amore, la cui attribuzione a D. ha trovato di recente proprio nel Contini un validissimo, agguerrito sostenitore. Non è certo il caso di accennare, in questa sede, ai problemi d'edizione delle singole opere e alle proposte avanzate, alla luce di una rinnovata filologia, dagli attuali curatori: veda il lettore le voci relative ai singoli testi. Ma è questo il luogo per ricordare come, avendo Gianfranco Contini rinunziato, nel maggio 1968, alla presidenza dell'Ente, nella seduta del 5 dicembre 1968 il Consiglio direttivo della Società lo nominava direttore scientifico dell'Edizione Nazionale, a grato e doveroso riconoscimento della sua efficacissima quanto disinteressata opera di moderatore e di consulente: cui in gran parte si dovrà - ovviamente insieme ai generosi sforzi dei vari curatori - se la Società Dantesca, tenendo fede ai suoi precisi compiti statutari, sarà in grado di adempiere, compiendo l'Edizione Nazionale, ai voti di tanta parte della cultura non soltanto italiana.
Bibl. - E.G. Parodi, L'Edizione delle Opere di D. per il sesto Centenario, in " Marzocco " 13 giugno 1920; ID, L'Edizione critica di D., ibid 28 agosto 1921; M. Barbi, Prefazione, in Le Opere di D. - Testo critico della Società Dantesca Italiana, Firenze 1921, V-XXXI; [E.G. Parodi], Il testo critico delle opere di D., in " Bull. " XXVIII (1921) 7-46; E. Rostagno, La Società Dantesca Italiana, in " Accademie e Biblioteche d'Italia " VIII (1934) 417-429; ID, Società Dantesca Italiana, in Accademie e Istituti di Cultura. Cenni storici, Roma 1938, 271-277; F. Mazzoni, La Società Dantesca Italiana e la formazione delle società dantesche straniere, in Contributi di filologia dantesca, I, Firenze 1966, 246-255.