scala, economie di
Economie di dimensione connesse con la specializzazione delle produzioni. I vantaggi produttivi legati all’aumento dei livelli di attivazione del processo di produzione sono misurati in termini di riduzione dei costi unitari di lungo periodo generati dall’incremento della dimensione dell’unità di produzione considerata (➔ anche scopo, economie di).
L’origine delle economie di s. fu individuata già da A. Smith (1776) in relazione alla capacità di scomporre il ciclo di produzione in fasi in cui sviluppare competenze specifiche e macchine appositamente disposte. Smith rilevò come l’organizzazione della produzione debba sempre essere limitata dall’estensione del mercato e quindi l’impianto produttivo debba essere commisurato alla domanda effettiva e nel contempo alla presenza di altri competitori con cui confrontarsi. All’ampliamento dell’estensione del mercato, cioè all’aumento dei volumi e dell’articolazione della domanda di un dato bene, l’organizzazione della produzione deve quindi essere ridefinita, potendosi distinguere il ciclo in fasi ‒ ognuna composta da mansioni ‒ la cui produttività si accresce nel tempo, sia attraverso la progressiva evoluzione delle competenze richieste sia per l’introduzione di macchine, predisposte per compiere una particolare o diverse mansioni. All’aumento dei livelli di attivazione dei processi di produzione, questa articolazione può essere definita in maniera più specifica, permettendo lo sviluppo di un effetto ‘learning’, che dà origine a economie di s. dinamiche.
C. Babbage (1835) sviluppò questa tematica, considerando tuttavia come vi siano dimensioni minime di produzione, al di sotto delle quali non è possibile utilizzare appieno le risorse disponibili. Babbage elaborò una ‘legge dei multipli’, la quale, individuando l’unità tecnica non più divisibile, stabilisce che tutte le imprese, che crescono non utilizzando multipli di questo processo di base, producono a costi maggiori di quelle che invece crescono per moltiplicazione di questa unità. Contemporaneamente, N.W. Senior (1836) enfatizzò il carattere tecnico della produzione, rapportando i rendimenti crescenti di s. solo alle problematiche del capitale, e dismettendo l’analisi connessa con le capacità di apprendimento dei singoli lavoratori e dell’organizzazione d’impresa nel suo insieme.
La progressiva riduzione delle economie di s. ai soli fattori tecnici è stata completata con successive analisi che evidenziano come certi processi produttivi possano realizzarsi soltanto partendo da dimensioni minime efficienti e aumentino in termini più che proporzionali al crescere delle dimensioni fisiche dell’impianto. Con gli studi di P. Sylos Labini e di J.S. Bain (1956), è iniziata una lunga serie di contributi teorici, in cui le economie di dimensione assumono invece un carattere strategico, con incrementi delle capacità produttive non solo in funzione della ricerca di una maggiore efficienza tecnica, ma in ragione di una strategia di deterrenza di nuovi entranti sul mercato.