ILLEGALITA, ECONOMIA DELLA
ILLEGALITÀ, ECONOMIA DELLA. – Economia sommersa, illegale e criminale. Misurazione dell’economia illegale. Flussi illegali di capitale. Flusso attraverso le vie formali. Flusso attraverso le vie informali. Presidio normativo di contrasto. Bibliografia. Webgrafia
Tra legge ed economia esistono diverse relazioni che segnano ambiti scientifici autonomi. In primo luogo, l’analisi economica del diritto considera il profilo dell’efficienza delle norme giuridiche e valuta la sanzione alla stregua del la teoria dei prezzi in base alla quale «l’uomo ragionevole di cui parla il diritto si comporta in modo analogo all’uomo razionale dell’economia» (Cooter 1993, p. 100), evitando di violare le regole per non sostenere il costo della relativa sanzione (Becker 1968). La seconda relazione individua l’analisi giuridica dell’economia: a prescindere dalle partizioni scientifiche tra privato e pubblico, essa affronta i fatti economici giuridicamente rilevanti ed è caratterizzata dalla capacità di conformazione che la legge esercita sull’economia. Un terzo aspetto riguarda il diritto penale dell’economia che disciplina gli illeciti aventi a oggetto le offese a beni economici rilevanti (Zannotti 2008), per es. il sistema finanziario la cui integrità è messa in pericolo se a esso si ricorre per ripulire proventi illeciti perché, in questo modo, l’economia legale viene contaminata da quella criminale. Nella prospettiva criminologica, tra i medesimi illeciti rientrano anche le condotte poste in essere da soggetti di elevata posizione sociale nell’ambito di un’attività economica legittima (Sutherland 1940). L’ultima relazione tra legge ed economia investe le tecniche di normazione e descrive il processo mediante il quale un fenomeno dell’economia è sintetizzato nella norma giuridica, particolarmente delicato in materia penale in quanto il principio di determinatezza impone una puntuale formulazione della fattispecie.
Le relazioni finora richiamate orientano le riflessioni seguenti che affrontano il fenomeno economico sul piano dell’osservazione statistica e dell’ordinamento giuridico distinguendo, in quest’ultimo caso, le attività economiche sotto i profili dell’illegalità da quelli dell’illiceità, in specie penale. Sui medesimi aspetti sono poi considerati i flussi che ne derivano e i canali di relativa mobilità, nella consapevolezza che, in un’economia globale, la finanziarizzazione rappresenta un’opportunità per lo sviluppo, ma anche per recidere o comunque ostacolare la ricostruzione di ogni collegamento tra ricchezza e attività criminali.
Economia sommersa, illegale e criminale. – Nella misurazione del livello di ricchezza di un Paese la metodologia statistica distingue tra economia osservata ed economia non osservata (OECD 2002). Quest’ultima descrive tutte le attività che devono essere incluse nella stima del PIL, ma che non sono registrate in quanto non osservabili in modo diretto (IMF 1979).
Dell’economia non direttamente osservata fanno parte le attività sommerse, informali e illegali. Secondo la nomenclatura internazionale l’incapacità di rilevare la produzione dipende da fattori diversi quali la volontà dei soggetti di celare la propria attività per motivi fiscali o perché non dispongono dei requisiti prescritti per il relativo esercizio; indipendentemente dai propositi dei soggetti osservati, la non significatività della produzione del settore familiare o informale perché svolta su piccolissima scala e con organizzazione minima; infine, le inadeguatezze del sistema statistico. Tali distinzioni descrivono quanto il concetto di economia sommersa sia «sfuggente e sfaccettato a causa dell’intreccio di elementi economici e di elementi di diversa natura» (Deaglio 1993, p. 430) a rilevanza sociologica e giuridica. A tal proposito basti considerare che il nuovo sistema dei conti nazionali (SEC 2010) richiede che le stime sulla produzione includano tutte le attività che producono reddito a prescindere che siano illegali o non dichiarate alle autorità tributarie, agli enti della sicurezza sociale, alle autorità statistiche o ad altre istituzioni pubbliche.
Tra il valore delle attività di produzione che non sono osservate direttamente il regolamento UE nr. 549/2013, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali (ESA 2010, European System of Accounts), include quindi anche le attività sommerse in cui le operazioni in sé non sono illegali, ma non sono dichiarate per evitare controlli da parte delle autorità. Una simile classificazione impone di ricercare il significato da attribuire al concetto di illegalità, perché se esso esprime letteralmente la mancata conformità alla legge è difficilmente comprensibile come, per es., l’omessa dichiarazione dei redditi possa non considerarsi illegale. Se per l’ordinamento giuridico un atto è qualificabile come illegale (se difforme rispetto a una norma ordinatoria che ne fissa i requisiti) o illecito (se contrario a una norma imperativa, all’ordine pubblico, al buon costume o comunque in contrasto con una norma proibitiva o precettiva) e in base alla sanzione comminata si distingue tra illecito civile, amministrativo o penale (criminale), non deve dimenticarsi che il SEC mira alla comparabilità delle stime sulla produzione dei diversi Stati membri all’interno dei quali la nozione di attività illegale può prestarsi a interpretazioni differenti a seconda delle legislazioni nazionali.
Per evitare stime eccessivamente disomogenee, le definizioni del SEC non distinguono tra attività lecite ed illecite (Alleva 2014), criminalità diventa sinonimo di illegalità (Rodano 2009) e possono così qualificarsi come illegali «sia le attività di produzione di beni e servizi la cui vendita, distribuzione o possesso sono proibite dalla legge, sia quelle attività che, pur essendo legali, sono svolte da operatori non autorizzati» (ISTAT 2008, p. 2), per es. in materia di intermediazione finanziaria.
Nemmeno sul piano del diritto, tuttavia, la dicotomia tra conformità e contrarietà alla legge può considerarsi netta per la presenza di profili ineliminabili di commistione. Il riciclaggio, per es., costituisce «l’anello di congiunzione tra economia lecita ed economia illecita ovvero all’attività dell’impresa che opera secondo moduli legali, ma che, sistematicamente o occasionalmente, ricorre anche a moduli illeciti» (Di Amato 1987, 20117, p. 158), alterando in questo modo il sistema economico: è quindi impossibile una trattazione unitaria del fenomeno economico contra legem e tale frammentazione si riverbera anche, come vedremo, sulle modalità di circolazione dei relativi proventi.
Misurazione dell’economia illegale. – Gli organismi internazionali ed europei (Commissione europea, IMF, International Monetary Fund, OECD, Organisation for Economic Cooperation and Development, Nazioni Unite, Banca Mondiale) si sono nel tempo adoperati per rendere maggiormente comparabili le stime sulla produzione dei diversi Stati membri all’interno dei quali la nozione di attività illegale può prestarsi a interpretazioni differenti a seconda delle legislazioni nazionali: System of National accounts 2008 (UN 2009); Essential SNA. Building the basics (Eurostat 2014).
Con l’adozione del nuovo sistema europeo dei conti nazionali e regionali ESA 2010, che si pone in linea con il documento adottato dalle Nazioni Unite (System of national accounts 2008), è stata confermata l’inclusione delle attività illegali nel sistema dei conti nazionali, individuando metodologie di misurazione comuni. Nello specifico, in base al principio di esaustività, sono state incluse tutte le attività che producono reddito purché si caratterizzino per la presenza di scambi consensuali. Come suggerito nel System of national accounts 2008, in sede europea è stato deciso di inserire nei conti nazionali le attività derivanti dalla prostituzione, dalla produzione e dal traffico di droga e dal contrabbando di alcol e tabacchi. Gli effetti di tale inclusione si sono rilevati piuttosto contenuti sul PIL dell’Unione, trattandosi di attività già considerate in tutto o in parte nella contabilità di diversi Stati membri in quanto legali e regolamentate. Con riferimento all’anno 2010 si stima un incremento dovuto all’inclusione dell’economia illegale dello 0,4% (Dunn, Akritidis, Biedma 2014).
Nel settembre 2014 l’ISTAT ha pubblicato le stime dei conti nazionali comprensive delle citate attività illegali e del relativo indotto, determinando un incremento del PIL nominale del 2011 di circa lo 0,9%, ossia di 15,5 miliardi di euro (10,5 miliardi dalla commercializzazione di droga, 3,6 miliardi dalla prostituzione, 0,2 miliardi dal contrabbando di sigarette e 1,2 miliardi di indotto). Nella tabella 1 si riportano i dati relativi all’incidenza dell’economia illegale rispetto al PIL in alcuni Stati dell’Unione Europea.
I valori indicati esprimono differenze legate alla dimensione del fenomeno, nonché ad aspetti di carattere normativo, come già evidenziato, e metodologico; questi ultimi, in particolare, attengono alle modalità di interpretazione delle linee guida di Eurostat e dei principi del SEC e al livello di dettaglio delle stime di partenza (Alleva 2014).
Le modifiche al sistema dei conti nazionali sono sta te l’occasione per rivedere e migliorare le metodologie di stima dell’economia sommersa, che risulta essere pari all’11,5% del PIL del 2011 (187 miliardi di euro). Complessivamente, aggregando anche l’economia illegale, l’economia non osservata raggiunge il 12,4% della ricchezza prodotta (ISTAT 2014).
Non esistono stime ufficiali che misurino il valore complessivo dell’economia illegale poiché, come evidenziato, nei conti nazionali confluiscono solo alcune tipologie di attività con determinate caratteristiche. Numerosi studi, tuttavia, hanno tentato di determinare l’effettivo peso del-l’economia illegale sia nel suo complesso sia con riguardo ai singoli fenomeni. In particolare, si è stimato che i ricavi derivanti dallo sfruttamento della prostituzione, dal traffico illecito delle armi da fuoco e delle droghe, dalla contraffazione, dal gioco d’azzardo illegale, dal traffico illecito di rifiuti e di tabacco, da usura ed estorsioni siano compresi tra 17,7 e 33,7 miliardi di euro (Transcrime 2013).
Flussi illegali di capitale. – La mobilità dei capitali descrive l’attitudine di un capitale di essere trasferito, da un luogo oppure un settore verso altri, per un suo impiego economicamente razionale. Le conseguenze della circolazione dei capitali sono numerose e interessano l’aspetto (micro e macro) economico e finanziario, la politica e anche l’ordinamento giuridico. Sotto quest’ultimo aspetto, un flusso illegale di capitali realizza il trasferimento di risorse in violazione delle regole.
La globalizzazione ha immancabilmente influenzato anche i flussi dei capitali, stagliando una contrapposizione tra pluralità di territori (e relativi sistemi normativi) e unicità del mercato mondiale, tra neoliberismo e regolazione valutaria: alla multinazionalizzazione dell’economia non consegue, ipso facto, un diritto sovranazionale, fatta eccezione per il fenomeno comunitario europeo. Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea vieta infatti le restrizioni ai movimenti di capitali e sui pagamenti, salva comunque la possibilità per gli Stati membri di adottare «le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione nazionale, in particolare nel settore fiscale [...] o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza» (art. 65, § 1, b).
In quanto derogatorie di una libertà fondamentale, le restrizioni soggiacciono a una interpretazione restrittiva e tra le finalità che ne giustificano l’applicazione sono inclusi il contrasto all’evasione fiscale e la prevenzione e repressione dei reati. Nel perseguire tali interessi l’ordinamento giuridico intende garantirsi l’osservanza delle regole e che il vantaggio economico tratto dal responsabile dell’eventuale trasgressione sia annullato dal costo della relativa sanzione.
Mantenere risorse accumulate illecitamente non soltanto incentiva l’ulteriore violazione delle regole assumendo così una valenza criminogena, ma rafforza sul mercato la posizione di chi ha facile accesso a questi capitali ‘senza costo’ e provoca infine sperequazioni rispetto a quanti osservano il precetto spontaneamente, con l’ulteriore rischio che si ritenga non conveniente operare nella legalità.
La mobilità dei capitali ha storicamente costituito una delle difficoltà principali della regolazione che ne ha disciplinato diversi aspetti attraverso l’introduzione della normativa valutaria e sul monitoraggio fiscale nonché della disciplina di prevenzione e repressione del riciclaggio, nella sua più ampia accezione penalmente rilevante ora comprensiva anche dell’autoriciclaggio. L’insieme di questi strumenti normativi consente di declinare la locuzione flussi illegali di capitali mediante combinazioni differenti che le definizioni di riciclaggio conosciute dall’ordinamento (internazionale, europeo e interno) aiutano a comprendere, ma non esauriscono.
Sono infatti ipotizzabili flussi legali di capitali illeciti ove la legalità del trasferimento si ravvisa, per es., nella conformità alla normativa di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e da qui assumono particolare rilievo le segnalazioni di operazioni sospette. Nella disciplina valutaria, in particolare quella sulla circolazione transfrontaliera di capitali, il medesimo fenomeno è valutato in maniera complementare perché rende apprezzabili anche i flussi illegali di capitali leciti che la nozione di riciclaggio (Stile 2009, p. 479) non può invece accogliere. Entrambe le combinazioni in esame sono influenzate, in proporzione inversa, dall’efficacia dei presidi normativi e dal livello di trasparenza del sistema finanziario. A tal proposito, sulle modalità di circolazione dei proventi illeciti ha inciso la progressiva estensione dei presidi di prevenzione (ai settori bancario, finanziario, extrafinanziario e professionale), registrandosi la tendenza dei riciclatori di denaro a rivolgersi verso quei settori non ancora coperti dalla disciplina antiriciclaggio.
Sulle modalità di circolazione incidono anche fattori metagiuridici, segnatamente culturali e di morfologia economica. La valutazione di quest’ultima è legata all’economia non osservata e, soprattutto, al livello di uso del contante quale mezzo di pagamento privilegiato perché garantisce la non tracciabilità. È quindi possibile distinguere i flussi per modalità, se avvengono attraverso canali formali (finanziari ed extrafinanziari) o informali (per es. l’hawala, v. oltre), e per funzione, se sono destinati a occultare la natura illecita dei fondi, a indirizzare proventi leciti verso impieghi illeciti (quale il finanziamento del terrorismo) o se, infine, costituiscono essi stessi la controprestazione di un’attività delittuosa (per es. il denaro ricevuto dal pubblico ufficiale nella corruzione).
Flusso attraverso le vie formali. – In presenza di fondi illeciti, l’utilizzo di vie formali per la circolazione dei capitali è subordinato alla dissimulazione della loro origine, causa o destinazione attraverso l’esecuzione di operazioni strumentali o fittizie in ambito societario o commerciale e professionale che ne giustifichino il passaggio.
Le operazioni societarie più significative attengono alle fasi di costituzione, modificazione, con particolare riguardo al trasferimento delle partecipazioni, ed estinzione di enti o società, anche sotto forma di gruppi. Sono coinvolte imprese sia effettivamente operanti sia impiegate quale mero schermo nella circolazione dei fondi.
Il trasferimento di capitali può essere giustificato anche dall’effettuazione di cessione di beni o prestazione di servizi in tutto o in parte inesistenti. Per es., il pagamento di una consulenza non effettivamente resa può celare la dazione di una tangente. Analogamente, cessioni reciproche di beni simulate possono essere strumentali alla concessione e restituzione di prestiti a tassi usurari. Finanziamenti infrasocietari per i quali non sarà mai richiesta la restituzione del capitale e la corresponsione di interessi possono costituire un’ulteriore modalità di giustificazione del passaggio dei flussi.
Fattore comune a tutte le tipologie è la presenza di documenti ufficiali (contratti, fatture, contabili bancarie ecc.), che sono necessari per conferire una parvenza di liceità all’operazione stessa.
Gli strumenti citati producono differenti effetti sul piano economico e giuridico. La scelta della combinazione ottimale è frutto di una valutazione comparata di quelli che sono gli aspetti non solo bancari e valutari, ma anche societari e fiscali. Con riguardo a questi ultimi, per es., occorre considerare gli oneri o i vantaggi garantiti dalla tassazione. Nell’esempio effettuato, il costo derivante dal pagamento di una tangente sotto forma di consulenza è, infatti, sostenuto dalla collettività per la quota deducibile.
La globalizzazione dell’economia ha ampliato tali opportunità consentendo di usufruire della disciplina più vantaggiosa presente in ogni Stato, per cui persone e ricchezze possono essere collocate in Paesi diversi.
Flusso attraverso le vie informali. – L’analisi criminologica segnala che il materiale allontanamento del ‘denaro sporco’ dai luoghi di produzione costituisce un dato tipico dell’agire dei riciclatori che, per eludere la disciplina antiriciclaggio, trasportano materialmente il denaro con le stesse modalità del contrabbando; si tratta del fenomeno storico dello ‘spallonaggio’. Questa modalità, agevolata dall’introduzione delle banconote da 500 euro, consente di far perdere le tracce di tali valori. La dimensione del fenomeno è documentata dai risultati nel tempo conseguiti dalla Guardia di finanza nel contrasto ai trasferimenti illeciti di capitali da e per l’estero al di fuori dei canali degli intermediari finanziari.
Un secondo canale è quello delle reti di finanza organizzate su base etnica e fondate sull’onore, quale per es. l’hawala, grazie alle quali la circolazione dei fondi avviene mediante compensazione tra i mediatori interessati. Diversamente dallo spallonaggio, in questo caso il denaro non è portato fisicamente oltre i confini nazionali: per trasferire una somma, infatti, il cliente può consegnarla al mediatore locale, che si rivolgerà al suo fiduciario estero al quale disporrà di anticipare i fondi al destinatario, al netto di una provvigione. Mediante successive operazioni di segno opposto, le posizioni saranno infine compensate. A prescindere dall’eventuale configurazione della fattispecie di riciclaggio, secondo la giurisprudenza di legittimità la messa a disposizione di altre persone, fiduciariamente e in via sistematica, del proprio conto corrente per consentire loro il trasferimento di fondi all’estero, poiché effettuata al di fuori dei canali ufficiali, può integrare le fattispecie di «raccolta abusiva del risparmio e di abusiva intermediazione nel cambio monetario» (Izzo 2004, p. 1251), quest’ultima attività ora rilevante quale prestazione di servizi di pagamento.
Presidio normativo di contrasto. – Il presidio di contrasto è composto da un sistema normativo multilivello di origine internazionale, europea e nazionale. Sul piano interno sono di riferimento, dapprima, la l. 4 ag. 1990 nr. 227, di conversione, con modificazioni, del d.l. 28 giugno 1990 nr. 167, recante rilevazione ai fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l’estero di denaro, titoli e valori, nonché il d. legisl. 19 nov. 2008 nr. 195, in materia valutaria in attuazione del regolamento CE nr. 1889/2005 relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa. La disciplina di prevenzione e repressione del riciclaggio è invece contenuta nel d. legisl. 21 nov. 2007 nr. 231, recante attuazione della direttiva 2005/60/CE sulla prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, nonché nel codice penale agli artt. 648-bis (Riciclaggio), 648-ter (Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita), 648-ter 1 (Autoriciclaggio). L’illegalità dei flussi di capitali può integrare le ulteriori fattispecie penali di cui agli artt. 130 (Abusiva raccolta del risparmio), 131-ter (Abusiva attività di prestazione di servizi di pagamento), 132 (Abusiva attività finanziaria) del d. legisl. 1° sett. 1993 nr. 385, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.
Bibliografia: E.H. Sutherland, White collar criminality, «American sociological review», 1940, 5, pp. 1-12; G.S. Becker, Crime and punishment: an economic approach, «Journal of political economy», 1968, 76, pp. 169-217; IMF (International Monetary Fund), Underground economy, income, tax evasion in the United States: 1929-1976, Washington (D.C.) 1979; A. Di Amato, Diritto penale dell’impresa, Milano 1987, 20117; R.D. Cooter, Diritto ed economia, in Enciclopedia delle scienze sociali, Istituto della Enciclopedia Italiana, 3° vol., Roma 1993, ad vocem; M. Deaglio, Economia sommersa, in Enciclopedia delle scienze sociali, Istituto della Enciclopedia Italiana, 3° vol., Roma 1993, ad vocem; OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development), Measuring the non-observed economy. A handbook, Paris 2002; G. Izzo, Trasparenza del mercato finanziario e sequestro probatorio di danaro oggetto di ‘hawala’, «Impresa commerciale e industriale», 2004, 7-8, pp. 1251-53; R. Zannotti, Il nuovo diritto penale dell’economia. Reati societari e reati in materia di mercato finanziario, Milano 2008; G. Rodano, Economia e criminalità, in XXI Secolo. Il mondo e la storia, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2009, pp. 625-31; A.M. Stile, Riciclaggio e reimpiego di proventi illeciti, in XXI Secolo. Norme e idee, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2009, pp. 479-89; P. Sorbello, L’abusivismo nel diritto penale dell’intermediazione finanziaria, Roma 2013; M. Dunn, L. Akritidis, L. Biedma, The impact of ESA 2010 on key indicators of the national accounts in Europe, «Eurona», 2014, 2, pp. 7-13.
Webgrafia: ISTAT, La misura dell’economia sommersa secondo le statistiche ufficiali. Anni 2000-2006, Roma 2008: http://www3. istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20080618_00/testointegrale20080618.pdf; Transcrime, Gli investimenti delle mafie. Progetto PON Sicurezza 2007-2013, Milano-Trento 2013: http://www.transcrime.it/wp-content/uploads/2014/02/PONGli_investimenti_delle_mafie_ridotto.pdf; G. Alleva, L’economia illegale nei conti nazionali, Audizione (8 ottobre 2014) presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere: http://www. istat.it/it/files/2014/10/A-AUDIZIONE_8_OTTOBRE_ILLEGALITA_finale.pdf?title=L%E2%80%99economia+illegale+nei +conti+nazionali+-+10%2Fott%2F2014+-+Testo+integrale.pdf; ISTAT, I nuovi conti nazionali in SEC 2010. Innovazioni e ricostruzioni delle serie storiche (1995-2013), Roma 2014: http://www. istat.it/it/files/2014/10/Nuovi_conti-2014_ NOTA-INFORMATIVA_defdocx.pdf?title=I+nuovi+conti+nazionali+in+ SEC+2010+-+06%2Fott%2F2014+-+Testo+ integrale.pdf; tutte le pagine web si intendono visitate per l’ultima volta il 28 maggio 2015.