ECOLOGIA (XIII, p. 424; App. III, 1, p. 504)
Definizione. - Il termine "ecologia", introdotto da Reiter (1865) e il cui contenuto fu definito per primo da E. Haeckel (1866) come "studio dell'economia della natura e delle relazioni degli animali con l'ambiente inorganico e organico, soprattutto dei rapporti favorevoli e sfavorevoli, diretti o indiretti con le piante e con gli altri animali", trova oggi nella definizione dell'e. come "studio della struttura e del funzionamento della natura" (E. P. Odum, 1973) una migliore rispondenza con le linee di tendenza della ricerca ecologica attuale.
Il modo più naturale per analizzare struttura e dinamica di un ambiente è quello di considerarne i fattori fisici e chimici e la comunità vivente come una singola unità naturale, integrata e funzionante. A. G. Tansley (1935) ha proposto il termine "ecosistema" per indicare questi sistemi di interazioni, individuabili come categoria tra i vari sistemi fisici dell'universo. L'ecosistema (sinonimi: microcosmo, S. A. Forbes, 1887; biosistema, A. Thienemann, 1925; biogeocenosi, V. N. Sukachev, 1944; olocene, K. Friedeiichs, 1958) può essere definito come un sistema ecologico aperto, in stato stazionario, con struttura, funzionamento e modo di formazione caratteristici. Le qualità nuove che emergono negli ecosistemi dalle interazioni tra i fattori ambientali, quali la struttura trofica, la regolazione omeostatica, i flussi dell'energia e i cicli della materia, i meccanismi della successione ecologica, ecc., costituiscono le proprietà di base di ogni ecosistema, caratterizzano il funzionamento della natura e formano l'oggetto specifico dell'analisi ecologica.. L'ecosistema può essere considerato l'unità di base del funzionamento della natura, indipendentemente dall'ampiezza fisica di esso. L'applicazione del concetto di ecosistema può andare incontro ad alcune difficoltà, quando se ne voglia fissare la scala di applicazione o quando si debbano determinare i confini tra gli ecosistemi che in alcuni casi sono netti e in altri meno (es. formazioni a mangrovie, estuari, ecc.).
Nel quadro dell'analisi ambientale, l'e. s'interessa a tre livelli dell'organizzazione biologica inferiori a quello ecosistemico (la specie dal punto di vista delle caratteristiche degl'individui, le popolazioni e la comunità biotica) e ai due livelli più alti (biomi e biosfera).
Metodi della ricerca ecologica. - Il passaggio dall'e. descrittiva a un indirizzo funzionale della ricerca ecologica è stato favorito dallo sviluppo della prospettiva interdisciplinare della ricerca ambientale dove i necessari interventi specialistici sono integrati in rapporto alla natura sistemica dei processi ecologici. Particolare importanza ha anche assunto il progressivo affermarsi dell'e. quantitativa (metodi sofisticati di campionamento e di analisi fisiche e chimiche, uso di traccìanti, metodologie di analisi multivariata, modelli matematici di simulazione e ottimizzazione dei processi ambientali, analisi dei sistemi e impiego del calcolatore, ecc.).
Analisi degli ecosistemi. - L'analisi degli ecosistemi riguarda la struttura (componenti e fattori) e il funzionamento di essi, sia in dimensione spaziale (flussi dell'energia e cicli della materia), che temporale (successione ecologica).
Struttura degli ecosistemi. - L'area in cui giace un ecosistema è caratterizzata da alcune componenti (atmosfera, litosfera, idrosfera, vegetazione e fauna) e da fattori fisici (fattori climatici, fattori fisici dell'acqua e del suolo, ecc.), fattori chimici (concentrazione di materiale disciolto o particellato, inorganico e organico nell'acqua, nel suolo e nell'atmosfera), fattori alimentari (qualità e abbondanza di alimentazione) e fattori biotici (relazioni intraspecifiche e interspecifiche tra organismi). I fattori variano, nel tempo, in funzione delle componenti, sono interdipendenti tra loro e influenzano direttamente la vita degli organismi in natura. In questo quadro, anche i fattori fisici e chimici dell'ambiente diventano oggetto della ricerca ecologica per i rapporti che contraggono con le comunità viventi.
Organismi e ambiente. - Gli organismi percepiscono il complesso delle condizioni fisiche, chimiche e biologiche che costituiscono il loro ambiente come una realtà indivisibile, con la quale formano un'unità funzionale.
Di conseguenza, l'ambiente e le sue caratteristiche sono individuabili e misurabili in rapporto agli organismi e a ciò che è necessario per il metabolismo, la riproduzione, lo sviluppo e le attività di essi. Particolare importanza riveste l'analisi dei microambienti; il complesso, infatti, delle condizioni di spazio, di microclima e di cibo che li caratterizzano determina se una particolare nicchia spaziale possa essere occupata e mantenuta da una data specie. La capacità di adattamento di fronte ai cambiamenti ambientali è una caratteristica genetica propria di ogni individuo che forma una popolazione, come della popolazione nel suo complesso. Nell'arco di tempo della durata di una generazione le popolazioni esplicano tale capacità mediante adattamenti di natura fisiologica, morfologica e comportamentale che, interagendo con i fattori ambientali, determinano i tassi di natalità e di mortalità. In questa prospettiva, gli organismi individuali, a somiglianza delle popolazioni, delle comunità e degli ecosistemi, sono unità di studio dell'ecologia. Le ricerche sui meccanismi fisiologici, morfologici e comportamentali di adattamento sono oggetto di singole discipline specialistiche (tassonomia, morfologia, fisiologia, genetica, etologia, ecc.). L'e. trae da queste discipline fondamenti teorici e informazioni per le proprie ricerche nelle quali i vari meccanismi di adattamento a livello individuale non sono considerati a sé, ma in rapporto ai processi che caratterizzano il funzionamento ambientale. L'autoecologia (C. Schröter e O. Kirchner, 1896) è lo studio dei rappoai di vario ordine di un organismo individuale o di una specie con i fattori del proprio ambiente. Tra i temi più importanti sono da ricordare: i problemi relativi alla legge del minimum (J. Liebig, 1840), al concetto di fattore limitante (F. F. Blackman, 1905; W. P. Taylor, 1934), alla legge della tolleranza (V. E. Shelford, 1911), alla nicchia ecologica (J. Grinnel, 1917), alla valenza ecologica e agl'indicatori biologici, all'individuazione e all'uso delle forme di vita (ecofeni) e, ancora, alle questioni connesse con i ritmi biologici, la cronobiologia e le regole ecologiche. Particolare importanza viene oggi assumendo l'etologia, la scienza che si occupa dei meccanismi comportamentali di adattamento (v. etologia, in questa App.).
Può essere utile specificare il contenuto che alcuni di questi importanti concetti hanno assunto nella ricerca ecologica attuale:
la valenza ecologica è il grado di possibilità che ha una specie animale o vegetale di popolare ambienti diversi, caratterizzati da variazioni più o meno cospicue dei fattori ecologici;
gl'indicatori ecologici (bioindici) sono specie o gruppi di specie (o un'intera comunità vegetale o animale) usate per l'esame di aree piuttosto vaste o per saggiare l'esistenza di certe condizioni che si vengono a determinare in un dato ambiente;
si definiscono forme di vita (ecofeni) le risposte fisiologiche o funzionali di una pianta o di un animale a condizioni presenti in una data area;
le regole ecologiche consistono in gruppi di relazioni, stabilite su base statistica, tra variazioni dei fattori ecologici singoli o presi nell'insieme e variazioni morfologiche (taglia, forma del corpo, ecc.) o fisiologiche (ritmi di sviluppo, cicli biologici, ecc:).
Popolazioni e ambiente. - Le popolazioni, oggetto di studio dell'e., s'identificano con le popolazioni mendeliane che T. Dobzhansky ha definito "sistema organico che unitariamente reagisce ai fattori fisici e biotici del proprio ambiente". Nell'arco di tempo di un certo numero di generazioni, attraverso mutazioni nel proprio patrimonio genetico, le popolazioni tendono ad adattarsi stabilmente ai mutamenti ambientali. La conoscenza della struttura e della dinamica delle popolazioni e dei processi di regolazione dei numeri e dell'evoluzione biologica di esse sono argomenti di grande interesse per l'analisi del funzionamento degli ecosistemi. Distribuzione e abbondanza delle piante e degli animali, infatti, cambiano continuamente in rapporto al mutamento dei tassi di natalità e di mortalità e ai movimenti delle popolazioni in risposta a variazioni ambientali. L'analisi demografica delle popolazioni e del grado di diversità genetica che esse possono esplicare è molto importante anche per l'ecologo interessato a progetti di ripristino di equilibri ecologici più o meno fortemente compromessi, o per interventi a lungo termine per il territorio.
Comunità e ambiente. - Il concetto di comunità è uno dei più antichi dell'e. (sin. biocenosi, K. Möbius, 1877; comunità biotica).
Nell'accezione più comune il termine "comunità" indica un insieme di popolazioni di specie diverse, vegetali o animali, che vivono assieme nello stesso tempo, nella stessa area (biotopo) e presentano una struttura, un metabolismo e una serie di cambiamenti definiti. Il concetto di comunità è indipendente dalla dimensione spaziale e dalla durata temporale di essa. In alcuni casi il termine comunità è stato usato per indicare gruppi di specie che presentano le stesse esigenze vitali (conifere, insetti, uccelli, ecc.). Sinecologia (C. Schröter e O. Kirchner, 1896) è lo studio delle interazioni delle differenti specie, presenti in un biotopo.
È ancora aperta la questione, suscitata dai fitosociologi, se il territorio sia organizzato in una serie di comunità organiche, divise da zone di confine (ecotoni), (F. E. Clements, 1916; I. Braun-Blanquet, 1932; v. N. Sukachev 1964) o se le comunità si sovrappongono in un continuum, rendendone arbitraria l'identificazione in unità separate (H. A. Gleason, 1926, L. G. Ramensky, 1926; R. H. Whittaker, 1951). Per ecotono s'intende la zona di transizione, più o meno ampia, tra differenti biomi o biocenosi. La fauna vi è, in genere, più abbondante in specie: vi sono specie di entrambe le parti e anche specie proprie (effetto margine).
Appropriate metodologie sono state messe a punto per la delimitazione delle comunità biotiche e per l'analisi della composizione in specie di esse. Si parla di abbondanza e di frequenza degl'individui di una specie rispetto al totale, di costanza e dominanza della specie, di distribuzione orizzontale e verticale degl'individui, di diversitd in specie, ecc.
Funzionamento degli ecosistemi. - Il funzionamento di un ecosistema è caratterizzato da due processi fondamentali: flusso dell'energia e circolazione, trasformazione e accumulo delle sostanze nutritive.
Questi processi si realizzano attraverso l'instaurazione di una fitta rete di rapporti - di tipo alimentare - tra popolazioni di produttori (organismi autotrofi: piante verdi, batteri fotosintetici e chemiosintetici), di macroconsumatori eterotrofi (erbivori e carnivori) e di microconsumatori o decompositori pure eterotrofi (batteri, funghi, animali che si cibano di piante e animali morti). Flussi energetici e cicli delle sostanze nutritive sono analizzati dagli ecologi a livello di specie, di livelli trofici, dell'ecosistema, della biosfera.
Energetica ecologica. - L'energia solare raggiante è trasformata in energia chimica potenziale di legame e immagazzinata dagli organismi autotrofi tramite il processo fotosintetico. Essa è trasmessa ai consumatori attraverso un certo numero di passaggi alimentari che formano la catena alimentare.
In natura, a eccezione di poche specie monofaghe (in genere parassite), le specie non vivono a spese di un'altra specie soltanto. Le catene alimentari sono, di conseguenza, collegate tra loro a formare le reti alimentari dell'ecosistema. Il gruppo di organismi, che nella catena alimentare acquisiscono il proprio nutrimento attraverso lo stesso numero di passaggi, costituisce il livello trofico. Attraverso i successivi trasferimenti di energia da un livello trofico al successivo il 90% circa di essa è degradata in calore. Le piramidi ecologiche (C. Elton, 1927) sono un valido strumento per operare un confronto quantitativo tra i vari livelli trofici. Produzione, produttività ed efficienza ecologica rappresentano temi chiave della ricerca ecologica attuale, anche in rapporto allo sforzo dell'umanità di utilizzare la capacità produttiva degli ecosistemi. Produzione netta (standing crop) di un dato livello trofico è la differenza tra la quantità totale di energia immagazzinata da quel livello trofico in un certo tempo (produzione lorda) e la quantità di energia dispersa per i fenomeni metabolici degli organismi che lo compongono. I concetti di produttività e di efficienza ecologica offrono informazioni sul grado di funzionamento degli ecosistemi nel tempo. Produttività ecologica è la velocità con cui, nell'unità di tempo, l'energia si accumula in una popolazione, in un livello trofico, in una catena alimentare, in un ecosistema. Efficienza ecologica è il rapporto che indica l'efficienza del trasferimento dell'energia ingerita, cioè la capacità di una popolazione di produrre cibo destinato ai propri predatori.
Cicli biogeochimici. - Il flusso dell'energia e la circolazione dei nutrienti attraverso i livelli trofici e la componente abiotica fanno sì che l'ecosistema diventi un'unità integrata.
In natura, di ogni sostanza chimica che entra nei processi biologici, una parte tende a rimanere inaccessibile o poco disponibile agli organismi viventi e forma il pool di riserva e una parte viene incorporata nei processi viventi e forma il pool di scambio. Le sostanze che in un dato tempo formano il pool di scambio presentano, in condizioni normali, un andamento ciclico (cicli biogeochimici): entrate nella catena alimentare, attraverso un certo numero di passaggi alimentari, ritornano nell'ambiente in forme riutilizzabili. L'analisi ecologica è interessata ai cicli biogeochimici gassosi (il pool di riserva dei quali è localizzato nell'atmosfera o nell'idrosfera), ai cicli sedimentari (con pool di riserva localizzato nella crosta terrestre) e a quegli elementi (es. mercurio, piombo, ecc.) che, con scarsi effetti sui viventi per una presenza che normalmente è in concentrazioni esigue, possono manifestare un'incidenza dannosa, quando ne venga aumentata la concentrazione ad opera delle attività umane. Da un punto di vista funzionale, i cicli biogeochimici possono essere catalogati in cicli perfetti, imperfetti e in un gruppo di cicli intermedi.
Un ciclo biogeochimico perfetto è caratterizzato (1) da un'ampia disponibilità del pool di riserva della sostanza e (2) dall'esistenza di molti controlli di feedback negativo. Interventi pesanti della società umana sui cicli biogeochimici hanno reso imperfetti alcuni cicli e aciclici alcuni processi ecologici. La chimica ecologica è, oggi, interessata alla valutazione delle concentrazioni delle sostanze chimiche presenti in un dato tempo, in un certo livello trofico, ai percorsi e alla velocità di riciclizzazione di esse e alla messa a punto di metodologie per rendere ciclici processi aciclici.
I problemi relativi ai biocidi (pesticidi, erbicidi, ecc.), alle sostanze radioattive e a tutti quei composti a elevata tossicità, con scarsa o nulla biodegradabilità e a grande mobilità, vengono sempre più assumendo una importanza fondamentale in rapporto alla compromissione della sanità ambientale che essi provocano. Un altro tema di ricerca è quello riguardante le sostanze organiche risultanti dai processi della decomposizione, che, liberate nell'ambiente, possono esercitare o un'azione stimolante per la crescita degli organismi (es. vitamina B12) o inibitrice (es. la penicillina).
Le ricerche sulla natura e sugli effetti di questi composti (detti ectocrini o ormoni ambientali) e l'aumento della diversità biochimica al progredire della successione ecologica, dimostrano l'importanza di essi per la regolazione chimica degli ecosistemi.
Formazione degli ecosistemi. - Formazione, sviluppo e stabilità degli ecosistemi dipendono dal grado d'integrazione tra struttura e funzionamento di essi.
La stabilità ambientale. - Problema molto discusso tra gli ecologi è la capacità che gli ecosistemi posseggono, grazie a una diversificata presenza di meccanismi regolatori, di mantenere una costanza di funzionamento, nonostante i cambiamenti esterni a essi o, una volta alterati questi meccanismi, di ritornare alle condizioni precedenti lo squilibrio. Gli ecologi hanno individuato controlli biogeochimici e controlli biodemografici. I primi sono dovuti a feedback negativi che favoriscono il ristabilimento, dopo un'azione di disturbo, delle concentrazioni normali delle sostanze chimiche nutritive presenti negli ecosistemi. La regolazione biodemografica si rifà al controllo che i meccanismi dipendenti dalla densità e i processi della diversità biologica, diretti dalla selezione naturale, esplicano sulle popolazioni. Manifesta il più alto grado di stabilità la comunità che possiede il numero maggiore di specie in grado, grazie ai fattori dipendenti dalla densità, di rispondere rapidamente alle condizioni del sistema ambientale (R. Margalef, 1963). Attualmente, per motivi dettati anche dalla problematica relativa alla gestione ambientale, gli ecologi rivolgono un particolare interesse al significato biologico della diversità. Sulla base di argomenti teorici, di osservazioni in natura e di alcune ricerche sperimentali, essi ritengono che esista un certo rapporto tra il grado della diversità in specie e la stabilità degli ambienti, ancorché non sia chiaro fino a che punto un aumento della diversità specifica in una comunità possa, di per sé stesso, far aumentare la stabilità di un ecosistema di fronte a cambiamenti ambientali provocati da fattori esterni. La successione ecologica è la serie dei cambiamenti ai quali gli ecosistemi vanno incontro nel tempo e può essere considerata uno tra i punti più importanti di riferimento di tutta la tematica ecologica. I mutamenti che si riscontrano nella successione ecologica emergono dall'interazione tra caratteristiche ambientali e proprietà delle comunità biotiche e coinvolgono. flusso dell'energia, ciclo dei nutrienti, oltre ad accrescimento, regolazione delle popolazioni ed evoluzione biologica della specie. Alle specie che s'insediano per prime in un habitat (comunità pioniera) succedono alcune comunità intermedie (sere o stadi serali), fino a una comunità matura che si trova in equilibrio dinamico con il suo ambiente, la comunità climax. Una comunità stabile, dovuta a un'azione antropica, è detta disclimax. In genere, in una regione vi è una comunità climax dipendente dal clima regionale e un certo numero di climax edafici dipendenti dalla variazione del substrato. La successione ecologica e i processi evolutivi diretti dalla selezione naturale danno origine a un quadro di cambiamenti abbastanza noto (v. tabella).
L'analisi storica e attuale degl'interventi umani sulle fasi della successione ecologica (tecniche agricole, concimi, pesticidi, lotta integrata, pesca, acquicoltura, ecc.) è molto importante in una prospettiva di corretta gestione degli ecosistemi antropizzati.
Notevole interesse vanno assumendo, in questa visione, le ricerche di paleoecologia, attualmente in pieno sviluppo, in ambienti naturali e umani.
Ambienti biologici. - In natura, tutti gli ecosistemi presentano proprietà e processi generali di funzionamento simili, ma si differenziano per la struttura e per alcune caratteristiche funzionali in dipendenza delle condizioni del relativo ambiente.
Nell'ambiente terrestre il clima determina la distribuzione delle maggiori comunità terrestri in una serie di sistemi ecologici, i biomi, che cambiano andando dai poli all'equatore. Ogni bioma è caratterizzato da una formazione vegetale del climax climatico, a cui sono collegate forme animali caratteristiche. L'esatta classificazione dei biomi è ancora in discussione ma ne sono riconosciuti universalmente sei: tundra (prateria artica umida), taiga (foreste di conifere), foreste temperate (caducifoglie e sempreverdi), praterie (temperate e savane tropicali), foreste tropicali (pluviali e montane), deserto. Si riconoscono anche biomi di montagna, biomi umidi o alluvionali (semiterrestri) e ambienti ipogei.
L'ambiente marino presenta, a differenza di quello terrestre, una notevole continuità ed è prevalentemente caratterizzato dalle forme di vita degli animali che vi predominano. In esso si possono individuare: un dominio bentonico (zona litoranea e zona profonda) e un dominio pelagico (zona eufotica, zona batiale e zona pelagica abissale).
Particolare importanza rivestono le zone intertidali, le barriere coralline e le paludi a mangrovie.
Gli ambienti di acqua salmastra presentano una concentrazione salina più bassa di quella normale marina (estuari e foci di fiurni, lagune e stagni litoranei, mari più o meno chiusi, ecc.).
Gli ambienti di acqua dolce si distinguono in due gruppi: acque ferme o lentiche (laghi, stagni, paludi, ecc.) e acque correnti o lotiche (sorgenti, fiumi, torrenti, ecc.) a cui si aggiungono le acque temporanee o acque astatiche (risaie, pozze temporanee, ecc.).
Biosfera. - È il più ampio livello dell'organizzazione biologica e si estende dagli strati più bassi dell'atmosfera agli strati superiori della terra, dove vivono gli organismi. La terra viene sempre più avvertita come un singolo sistema ambientale unificato, con complesse interazioni tra i fattori e i processi ecologici.
Sono stati compiuti alcuni tentativi (D. L. Meadows, 1972, ecc.) per fare il punto su problemi che richiedono un'impostazione a livello della biosfera e per enucleare indicazioni previsionali di gestione.
È anche significativa l'apertura internazionale delle analisi e dei progettì di ricerca ecologica realizzati dall'IBP (Programma Biologico Internazionale) e dagli organismi internazionali (Programma "Uomo e Biosfera" dell'UNESCO; Programma ambientale delle Nazioni Unite, UNEP; programmi della Comunità Economica Europea, CEE; dell'Organizzazione mondiale della sanità, WHO; ecc.).
Divisione dell'ecologia. - L'e. come scienza del funzionamento della natura ha struttura unitaria. La suddivisione in capitoli separati, che ha preso avvio già sul finire del secolo scorso, ha facilitato senza dubbio lo sviluppo di settori specialistici della ricerca ecologica.
Lo sviluppo dell'analisi dei processi ambientali e delle metodologie di ricerca ha portato al costituirsi della chimica e dell'energetica ecologica, della genetica e della fisiologia ecologica, dell'ecologia quantitativa, dell'analisi dei sistemi e della paleoecologia, ecc.
Dal punto di vista tassonomico si è avuto lo sviluppo dell'ecologia animale e vegetale, dell'e. dei microorganismi e dell'uomo e, in rapporto ai tipi di ambiente, dell'e. marina e d'acqua dolce, dell'e. terrestre, urbana, rurale, ecc. Numerose discipline sono emerse, di recente, dall'applicazione dei principi dell'e. ai problemi della gestione ambientale: inquinamentologia, diritto ed economia ambientale, conservazione e impiego razionale delle risorse, progettazione e conduzione degli ecosistemi, architettura del paesaggio, ecc.
Ecologia umana (R. E. Park, e E. W. Burgess, 1921). - In accordo alle attuali tendenze di ricerca, l'e. umana potrebbe essere indicata come la disciplina che si propone di analizzare e misurare le complesse relazioni fra popolazioni umane, organizzate in comunità, i fattori fisici, abiotici, biotici, sociali, economici e politici e i processi che sono presenti e agiscono sull'ambiente di vita, considerato nella sua complessità. L'e. umana riconosce la necessità che oggetti preminenti di studio siano la reinterpretazione del rapporto tra uomo e natura, l'identificazione dei "bisogni" delle comunità e il modo come questi possono essere soddisfatti, in una triplice prospettiva: adattamento delle popolazioni (influenza dell'ambiente sulle popolazioni umane); miglioramento della qualità di vita delle comunità, intendendo come qualità di vita "non solamente l'assenza di malattie, ma anche il completo stato di benessere psichico, fisico e sociale dell'individuo" (preambolo OMS); miglioramento della qualità dell'ambiente (influenza della comunità umana sull'ambiente).
Il quadro concettuale dell'e. umana si rifà: (1) ai principi dell'e. generale, relativi alla struttura, dinamica e formazione degli ecosistemi e (2) all'analisi del tipo di rapporto che le comunità umane hanno instaurato, nel corso della storia, con l'ambiente naturale per mezzo delle varie espressioni della cultura. La cultura è, nel contempo, un ulteriore mezzo di adattamento per la specie umana e uno strumento attraverso il quale l'uomo si è appropriato delle risorse e dei processi del funzionamento ambientale, diventando un potente fattore ecologico. Nell'ecosistema umano la specie umana ha acquistato la dominanza ecologica attraverso appropriati strumenti culturali al punto di gestirne, pur con diversi gradi d'incidenza, la struttura, il funzionamento e la successione dei vari stadi di sviluppo. L'ambiente umano nasce dalla continua interazione tra l'ambiente naturale, la realtà biologica delle popolazioni umane e le espressioni socio-economiche, etiche, politiche, religiose, estetiche, in continua evoluzione, della cultura umana.
I metodi dell'e. umana sono quelli dell'ecologia generale, integrati da metodologie specialistiche di analisi richieste dalla presenza, entro il contesto ambientale, della cultura umana.
Molti dei problemi sociali e politici con i quali l'umanità ha a che fare (e con cui ancor più avrà a che fare nell'immediato futuro) hanno un fondamento ecologico e tendono a estendersi a tutta la biosfera; all'umanità è proposto l'obiettivo del ricupero e della promozione della qualità dell'ambiente umano. In accordo ai principi e ai metodi che le sono proprii, l'e. umana prospetta oggi, a questo riguardo, due obiettivi: (1) non aumentare ulteriormente l'incidenza dei vari tipi di patologia ambientale e (2) potenziare i meccanismi di adattamento delle popolazioni umane al proprio ambiente in cambiamento. Si vanno delineando, di conseguenza, i contenuti delle due linee d'intervento che sembrano caratterizzare l'attuale ricerca in e. umana: (1) individuazione e proposte di metodi di gestione degli ecosistemi umani, onde ricuperarne e potenziarne la qualità e (2) ricerche di largo raggio sui meccanismi fisiologici, morfologici, comportamentali ed evolutivi dell'adattamento umano. Alla prima linea d'intervento appartengono (1) i problemi relativi alla diagnosi, terapia e prevenzione della qualità dell'aria e del suolo, della qualità e quantità dell'acqua, della flora, della fauna, ecc.; (2) i temi che riguardano il ricupero dello stato stazionario degli ecosistemi umani (problema della sovrapopolazione umana e revisione del modello di sviluppo economico) e (3) la progettazione del territorio sulla base di un uso multiplo del capitale ambientale. Il problema di fondo riguardante l'adattamento delle popolazioni umane sembra quello di studiare se e in quale misura i meccanismi biologici e culturali messi in atto dalle popolazioni umane possono assicurarne l'adattamento alle trasformazioni complesse e rapide che avvengono negli ecosistemi umani.
Temi quali quelli dell'alimentazione e della bioclimatologia, dell'immunizzazione e dei bioritmi, dell'indebolimento della selezione naturale, degli ambienti confinati di lavoro, della medicina preventiva e di popolazione, della promozione della percezione della qualità ambientale, del pluralismo culturale, dell'educazione ambientale, ecc., rivestono un'importanza sempre più grande. È certo da augurarsi che aumenti l'interesse a questi argomenti anche da parte delle scienze umane, della psicologia sperimentale, dell'etologia, della sociologia, ecc.
L'uomo può adattarsi soltanto nella misura consentitagli dai meccanismi di adattamento potenzialmente presenti nel suo corredo genetico. Le popolazioni umane non possono modificare all'infinito il proprio modo di vita (e naturalmente il proprio ambiente) senza rischi per il futuro della specie umana. Mettere in opera, di fronte al cambiamento degli ambienti, adattamenti culturali di tipo riduttivo (come, per es., calcolare il successo biologico della specie umana in base al solo benessere economico) può costituire un grave pericolo per le comunità umane. Eliminare tutta una serie di quegli aspetti che hanno condizionato l'evoluzione biologica e psicologica della specie umana può non avere effetti negativi sull'aspetto fisico e sull'efficienza dell'uomo come ingranaggio della macchina economica o tecnologica, ma si corre il rischio, alla lunga, che l'umanità veda impoverita la propria esistenza e possa giungere alla perdita delle qualità che vengono associate, normalmente, al concetto di essere umano.
Storia dell'ecologia. - La storia della ricerca ecologica può essere divisa in due periodi: a carattere descrittivo il primo, a indirizzo di tipo funzionale il secondo. La transizione tra l'approccio descrittivo e quello funzionale della ricerca ecologica si situa tra gli anni Trenta e Quaranta e si è compiuto assai rapidamente, grazie anche alle conoscenze messe a punto dall'e. descrittiva. Due aspetti è importante rilevare: la proposta dell'ecosistema come unità di base per l'analisi ecologica (A. S. Tansley, 1935; F. G. Evans, 1956) e lo sviluppo dell'e. quantitativa. L'analisi ecologica ha ricevuto una notevole caratterizzazione dalle ricerche sulla dinamica delle popolazioni. Dopo l'approccio di T. R. Malthus (1766-1834) e di P. F. Verhulst (1838), se ne sono occupati R. Pearl e L. J. Reed (1920), C. Elton (1927), G. F. Gause (1934), A. J. Lotka (1925), L. B. Slobodkin (1962), V. Volterra (1926). I concetti di diversità in specie e di stabilità ambientale sono stati analizzati in rapporto alle tappe della successione ecologica. Negli anni 1950-55 si sono venuti sviluppando i rapporti tra l'e. e un gruppo di materie specialistiche (geologia, geografia fisica, chimica, fisica, biochimica, genetiea, matematica, ecc.). Dalle ricerche sulla dinamica degli ecosistemi sono emersi principi riguardanti: circolazione, accumulo e trasformazione della materia, flussi dell'energia e produttività biologica. H. W. Harvey (1955) e A. C. Redfield (1958) possono essere considerati i fondatori della chimica ecologica. Le basi delle ricerche sull'energetica e produttività negli ecosistemi sono state gettate da E. N. Transeau (1935), da C. Juday (1940), ecc.; a R. L. Lindeman (1947) si deve il quadro concettuale dell'energetica ecologica. Hanno preso l'avvio, nel contempo, studi sulla produttività primaria e secondaria, sulla decomposizione biologica, sui bioindicatori, ecc.
Nell'ultimo decennio, l'aumentata sensibilità ai problemi ambientali e l'opera dei movimenti ecologici ha favorito l'emergenza di alcuni nuovi orientamenti della ricerca ecologica. L'impiego nell'e. dell'analisi dei sistemi e delle metodologie elettroniche di calcolo, lo sviluppo dell'e. quantitativa, il superamento, ormai avviato, delle barriere tra e. di base e applicata e, infine, l'attenzione prestata, a livello nazionale e mondiale, ai problemi dell'educazione ambientale, sono alcuni dei più recenti indirizzi della ricerca ecologica. Oggi l'e. si sta avviando verso una teoria generalizzata.
Bibl.: A. J. Lotka, Elements of physical biology, Baltimora 1925; V. Volterra, Variazioni e fluttuazioni del numero di individui in specie animali conviventi, in Memorie dell'Accademia Nazionale dei Lincei, vol. 6 (1926), pp. 31-113; C. Elton, Animal Ecology, New York 1927; F. E. Clements, V. E. Shelford, Bio-ecology, ivi 1939; W. C. Allee, A. E. Emerson e altri, Principles of Animal Ecology, Filadelfia 1949; A. H. Hawley, Human Ecology. A Theory of community structure, New York 1950; J. A. Quinn, Human ecology, ivi 1950; H. G. Andrewartha, L. C. Birch, The distribution and abundance of animals, Chicago 1954; V. Tonolli, Introduzione allo studio della limnologia, Verbania Pallanza 1961; D. V. Ager, Paleoecology, New York 1963; A. MacFadyen, Animal ecology. Aims and methods, Londra 1963; G. M. Van Dyne, Ecosystems, systems ecology and systems ecologist, Oak Ridge National Laboratory Report 3957, Oak Ridge 1966; K. E. F. Watt, System analysis in ecology, New York 1966; G. Marcuzzi, Ecologia animale, Milano 1968; E. C. Pielou, An introduction to mathematical ecology, New York 1969; E. Sondheimer, J. B. Simeone, Chemical ecology, ivi 1970; R. H. Whittaker, Communities and ecosystems, ivi 1970; C. Sacchi, P. Testard, Ecologie animale, Parigi 1971; D. L. Meadows e altri, I limiti dello sviluppo, Milano 1972; T. Lewis, L. R. Taylor, Introduzione all'ecologia sperimentale, ivi 1972; B. D. Collier, G. W. Cox e altri, Dynamics Ecology, New Jersey, 1973; E. P. Odum, Principi di ecologia, padova 1973; R. Margalef, Ecologia, Barcellona 1974; E. R. Pianka, Evolutionary ecology, New York 1974; J. Maynard Smith, L'ecologia e i suoi modelli, Milano 1975; R. E. Rickleffs, Ecologia, Bologna 1976; R. G. Wiegert, Ecological energetics, Stroudsburg, Penns. 1976; vedi anche: manuali di metodi editi dall'International Biological Program (IBP Handbooks), Oxford, dal 1965; e Proceedings of the first International Congress of Ecology, L'Aia 1975.