e
. 1. È la voce più frequente nelle opere di D., con 8.670 attestazioni, di cui 642 nella Vita Nuova (+ 33 ed), 463 nelle Rime (35 ed; in XCI 28 l'articolo i si elide dopo e: E' miei pensier), 3260 nel Convivio (57 ed) e 3902 nella Commedia (277 ed; in 17 casi, inoltre, l'articolo i si elide dopo e: cfr. If XIII 63 li sonni e ' polsi; in If XI 69 è l'unica attestazione dell'aferesi dell'articolo il dopo e: questo baràtro e ' l popol ch'e' possiede). Nelle scelte adottate dagli editori recenti di D. lo scarto fra e, usato di fronte a parola iniziante sia per consonante che per vocale, e ed, usato soltanto di fronte a iniziale vocalica (per lo più e ed i), è maggiore nelle opere in prosa, ove raramente ed precede una parola che inizia con a (nel Convivio soltanto ed artificiale, II I 10 e 12; ed a, ed al, II IV 6, V 18, XIII 8; ed ancora, IV XXIII 6), minore in quelle in poesia (ed unquemai, Rime LXXXIV 7, è uno dei pochi esempi di ed di fronte a u iniziale di parola). Nel Fiore sono circa 850 le attestazioni di e, circa 55 quelle di ed; per l'elisione di i dopo e, cfr. LXX 7, XCV 10 tutte le Sante e' Santi, CXIII 8 il tempo e'lor guadagni, CXCIV 7. Ovviamente le indicazioni dei codici sono preziose al riguardo, ma è chiaro che la nota tironiana può essere risolta in un modo o nell'altro a seconda dei criteri adottati dai singoli editori.
La frequenza altissima di e, ed pone una serie di problemi distribuzionali e stilistici, di natura diversa a seconda delle singole opere, ma strettamente correlati alla struttura profonda della sintassi e della periodizzazione di D., che annoverava e tra i vocabula... necessaria... quae campsare non possumus (VE II VII 6).
1.1. Le funzioni di e vanno dall'indicazione del nesso tra due (o più) aggettivi, due (o più) sostantivi (con o senza attributi), due (o più) pronomi, a quella del collegamento tra due (o più) verbi (con o senza complementi), proposizioni coordinate e periodi, e sono diverse nella poesia e nella prosa.
1.2. Particolare della poesia, ad es., è una struttura ritmico-tematica bipartita, che appare nella Vita Nuova (XXIII 24 50 turbar lo sole e apparir la stella, 47 qual lagrimando, e qual traendo guai) e nelle Rime (LXI 1-2 Sonar bracchetti, e cacciatori aizzare, / lepri levare, ed isgridar le genti), ma assai più frequente è nella Commedia (If XXII 6-7 fedir torneamenti e correr giostra; / quando con trombe, e quando con campane, XXIX 67 Qual sovra 'l ventre e qual sovra le spalle); ne è più rara una struttura ad eco, come in Vn XXII 10 13 Io veggio li occhi vostri c'hanno pianto, / e veggiovi tornar sì sfigurate, ove la legge dell'enclisi del pronome al verbo se la proposizione comincia con e (la cosiddetta legge Tobler-Mussafia), permette che veggio ritorni nella stessa sede ritmica in due versi successivi. Tali disposizioni speculari, che hanno il loro nucleo portante in e, al centro di strutture sintatticamente eguali e ritmicamente analoghe, non mancano, è vero, nella prosa: Cv I II 15 Movemi timore d'infamia, e movemi desiderio di dottrina dare; III V 4 e ora si vedea e ora non si vedea; I IV 5 tosto sono vaghi e tosto sono sazii, spesso sono lieti e spesso tristi... tosto amici e tosto nemici; VII 10 non pur nel difetto, e non pur nel soperchio; XI 19 lo magnanimo grande e lo pusillanimo piccolo; IV VIII 13 altro è morte e altro è non vivere; XXVII 5 buona conoscenza de le presenti e buona provedenza de le future; XXIX 1 lo sole sanza luce e lo fuoco sanza caldo; XXX 4 questa lascia e quello coglie (v. oltre, 4.2.). Ma il loro andamento prosodico non è, ovviamente, così rigido come quello di strutture pur analoghe in poesia, con le quali sembrano condividere un'eguale, o almeno comune, origine retorica. In If XXXIV 14 quella col capo e quella con le piante, XXIII 29 con simile atto e con simile faccia, XXI 67 Con quel furore e con quella tempesta, XXVI 19 Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio, XXV 92 l'un per la piaga e l'altro per la bocca, Pg IX 118 L'una era d'oro l'altra era d'argento, e anche in Fiore CCVII 14 e fiede a lei e falla gir boccone, alla somiglianza ritmica tra i due emistichi si aggiunge o l'allitterazione dopo e, chiaramente proclitica, o l'assonanza in sede di accento, come tra magnanimo... e pusillanimo, allor... e ora. È quindi e l'elemento su cui si sviluppa tale allitterazione (o gruppo allitterante o assonante), le cui strutture minime si trovano, ad es., in coppie quali nata e nutrita, nato e nutrito, Cv I I 4, III 4; poiché questo nesso è meno popolare di quello fui nato e cresciuto (If XXIII 94), che si fonda sull'assonanza e sull'impiego egualmente passivo di due verbi intransitivi, difficilmente se ne considererà spontanea e non ricercata la combinazione.
2. A seconda che il significato degli elementi accoppiati sia affine o contrario, la funzione di e, nell'insieme del nesso, è transitiva-intensiva o intransitiva-contrastante. A seconda della disposizione e del numero degli elementi accoppiati, tali funzioni si presentano in forme che vanno dalla giustapposizione all'uso articolato in serie parallele (cfr. If XXIX 1 La molta gente e le diverse piaghe, XXXIV 95 la via è lunga e'l cammino è malvagio; ma XXXI 39 fuggiemi errore e crescémi paura, XXVIII 125 ed eran due in uno e uno in due, XIX 105 calcando i buoni e sollevando i pravi, XVI 136 che 'n sù si stende e da piè si rattrappa) o divergenti, chiastiche (If XII 49 Oh cieca cupidigia e ira folle, XVI 73 La gente nuova e i sùbiti guadagni, Pg XIV 73 Lo dir de l'una e de l'altra la vista, Vn XXXIX 6 desiderio malvagio e vana tentazione).
3. L'uso di e si discosta da quello dell'italiano attuale specialmente in inizio di proposizione principale ma posposta ad altra proposizione secondaria, per lo più temporale o condizionale. Si tratta, però, di uno scarso numero di attestazioni, in contesti ora colloquiali ora caratterizzati da un enfatico, incalzante affollarsi di e. Come esempi di contesti colloquiali valgano If XXX 115 S'io dissi falso, e tu falsasti il conio, e, pur con diversa caratteristica espressiva, Fiore LXXXVI 14 Da po'che vo' volete, e così sia. Nel primo caso, il dialogo è costellato di e (" e son qui per un fallo, / e tu per più... "; " Ricorditi... / e sieti reo che tutto il mondo sallo! "; " E te sia rea la sete... e l'acqua marcia ", le quali affiorano nel saluto di Mastro Adamo ai poeti (vv. 58-59 " O voi che sanz'alcuna pena siete, / e non so io perché, nel mondo gramo ", v. 67 sempre mi stanno innanzi, e non indarno). Ma la funzione di e in XXX 115, se non è completamente da distaccarsi dalla ripresa di tu in If XXXIII 62-63 tu ne vestisti / queste misere carni, e tu le spoglia, è certamente affine a quella di ed in If XXV 34-35 Mentre che sì parlava, ed el trascorse, / e tre spiriti venner sotto noi, ove al risalto espressivo dato dall'uso tonico del pronome dopo ed iniziale di proposizione, si collega la struttura polisindetica, come in If XXV 49-57 Com'io tenea levate in lor le ciglia, / e un serpente... si lancia / ... a l'uno, e tutto a lui s'appiglia / ... poi li addentò e l'una e l'altra guancia; / ... e miseli la coda... / e dietro... sù la ritese, o anche in Fiore IX 1-6 Dogliendomi in pensando del villano / ... ed i' mi riguardai dal dritto lato, / e sì vidi Ragion... / venir verso di me, e per la mano / mi prese e disse. In Pg III 82 e ciò che fa la prima, e l'altre fanno / ... e lo 'mperché non sanno, il valore del secondo e è, invece, soprattutto quello intensivo di " anche ".
Neppure la prosa è esente da quest'uso, fondamentalmente enfatico, di e che non manca, d'altra parte, in testi fiorentini antichi, dalle cronache ai volgarizzamenti e, persino, al Decameron (cfr. A. Schiaffini, Testi 287): cfr. Cv III V 17 questi luoghi hanno un dì l'anno di sei mesi; e una notte d'altrettanto tempo; e quando l'uno ha lo giorno, e l'altro ha la notte; IV XIV 4 Che se lo figlio del villano è pur villano, e lo figlio fia pur figlio di villano e così fia anche villano, e anche suo figlio... e mai non s'avrà a trovare là dove nobilitade... si cominci; Vn XXIII 3 E quando ei pensato alquanto di lei, ed io ritornai pensando [" a pensare "] a la mia debilitata vita.
In questi passi e oscilla tra il contrastante " invece " e l'intensivo " ecco ": ciò vale in Vn XXIV 1, un passo dalla struttura sintattica strana, se non si attribuisce a e funzione non tanto semantica, quanto di rilievo espressivo: Appresso questa vana imaginazione, avvenne uno die che, sedendo io pensoso in alcuna parte, ed io mi sentio cominciare un tremuoto nel cuore. La riduzione a un significato particolare è una sorta di traduzione a un codice attuale di un procedimento affatto diverso: rilievo ed enfasi colpiscono, infatti, la parola immediatamente successiva a e (cfr. il cavalcantiano " Anima, e tu l'adora / sempre, nel su' valore ", in Perch'i' no spero 45-46), che o contrasta con il soggetto della proposizione secondaria precedente (S'io dissi falso, e tu falsasti) o coincide e insiste su quello (sedendo io pensoso, ed io mi sentio...).
Questa ipotesi è confermata dal fatto che, quando la struttura del periodo non è polisindetica, l'uso di e si collega con motivi accentuativi, per il coincidere di accento e valore semantico, come, ad es., nella tenzone con Forese: Rime LXXIII 5-7 Di mezzo agosto la truovi infreddata / ... E non le val perché [" il fatto che "] dorma calzata: LXXV 9-13 tu sai un'arte, / che... tu ti puoi rifare / ... e fa sì a tempo, che tema di carte / non hai; LXXVII 5 E già la gente si guarda da lui (lo stesso inizio nella risposta di Forese: LXXVI 13 " e già mi par vedere stare a desco "); 9 E tal giace per lui nel letto tristo (si osservi il diverso valore di tal in LXXV 5 tal che tu starai più presso a San Simone). In questi casi e apre la proposizione e, in LXXV 12, LXXVII 5 e 9, rispettivamente la seconda quartina e la prima terzina del sonetto, mentre in LXXIII 7 e LXXV 7 inizia la seconda metà della seconda quartina; questa posizione, non casuale, non è soltanto l'indizio di un collegamento tra i momenti principali dell'esposizione, ma è il modo più semplice di conferire risalto espressivo, tramite un ritmo inizialmente giambicoascendente, a un avverbio (E già, E non) e a un pronome (E tal).
3.1. In maniera analoga a questa si giudicherà l'uso di e in inizio di periodo, di fronte a congiunzione subordinante: la funzione di e quale congiunzione copulativa con il periodo precedente, o non è sempre palese o, a livello semantico, non esiste affatto. Eguaglianze formali celano nette differenze funzionali: così si dovranno distinguere il deprecativo, augurante E se tu mai nel dolce mondo regge (If X 82) dall'eventuale E se di voi alcun nel mondo riede (If XIII 76) e dai dubbiosi e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe (Pd VI 140), E se mio frate questo antivedesse (Pd VIII 76). Diverso ancora è il polisindeto di If IV 34-37 e s'elli hanno mercedi, / non basta... / e s'e' furon dinanzi al cristianesmo, / non adorar debitamente a Dio. In questi passi, che possono valere come esempi di un uso assai frequente, e si presenta con funzioni distinte: in If X 82 l'e iniziale non si allinea sullo stesso piano logico della terzina precedente, perché prima Farinata informa D. quando egli saprà quanto quell'arte pesa, poi, pur dopo un augurio, gli chiede: dimmi. In If XIII 76, dopo l'alto giuramento di Pier delle Vigne, il protonotario chiede che " perciò " qualcuno, nel mondo, conforti la memoria sua: e è quasi consecutivo. In Pd VI 140 il distacco sintattico tra l'ipotesi improbabile (" Oh, se il mondo sapesse! ") e l'apodosi ora certa (assai lo loda) ora augurante (e più lo loderebbe), si snoda dalle impercettibili sfumature semantiche dell'e iniziale: lo stesso che al v. 136 ha chiaro valore avversativo, E poi il mosser le parole biece, " Ma dopo, nonostante ciò dopo ". In Pd VIII 76 E se ha, invece, funzione connettiva nel rovesciamento formale del periodo ipotetico tra i vv. 67-75 (E la bella Trinacria... / attesi avrebbe li suoi regi... / se mala segnoria... non avesse / mosso Palermo) e 76-78 (E se mio frate questo antivedesse, / l'avara povertà... / già fuggeria); un valore di contrasto e di rimpianto insieme si coglie tuttavia al v. 50, all'inizio distaccato e dolente del ragionare di Carlo Martello: Il mondo m'ebbe / giù poco tempo; e [ma ", " oh! "] se più fosse stato, / molto sarà di mal, che non sarebbe: la conformità sintattica con Pd VI 140 suggerisce un'interpretazione analoga dell'e iniziale, i cui valori, come si è visto, oscillano tra l'avversativo (" ma ", " invece ") e il consecutivo (" perciò ", " quindi ") in quanto sviluppi semantici delle due funzioni, transitiva e intransitiva, sopra accennate (v. 2.): è un ampio paradigma al cui centro può ben collocarsi la funzione, meno marcata e semanticamente neutra, della connessione tra periodi.
4. La diversa frequenza di e nelle opere di D. è in relazione non a motivi sintattici, quali la maggior frequenza delle proposizioni subordinate nella Vita Nuova e nel Convivio (la percentuale più bassa, invece, è nelle Rime), ma a particolari intenzioni stilistico-retoriche di fondo.
4.1. Nella Vita Nuova i nessi tra aggettivi (anche participi) non sono numerosi; cfr. in prosa II 3 umile e onesto, cinta e ornata, 8 nobili e laudabili, IV 1 fraile e debole, IX 4 bello e corrente e chiarissimo, 7 pensoso molto e accompagnato da molti sospiri, XIII 3 gravi e dolorosi, XVII 1 nuova e più nobile, XXIII 4 diversi e orribili a vedere, 8 nobilissima e beata, 11 giovane e gentile, XXVI 3 sì gentile e si piena di tutti li piaceri, onesta e soave, 8 onorata e laudata, XXXV 2 giovane e bella molto, XXXVII 3 grandissimi e angosciosi, XXXVIII 1 giovane e savia. Allitterazione, assonanza formale e ritmica vi compaiono, sia pur sporadicamente, più che in poesia: cfr. VII 4 9 dolce e soave (ma XXXIII 6 11 soave e dolce), XIX 11 44 sì adorna e si pura, 13 60 giovane e piana, XXI 4 14 novo miracolo e gentile, XXIII 24 54 scolorito e fioco, XXXI 11 33 malvagio e vile, tutti in rima, tranne XXVI 5 1 Tanto gentile e tanto onesta.
Neppure frequenti sono i nessi tra i sostantivi; per la prosa cfr. II 7 tanta sicurtade e tanta signoria, 10 passioni e atti, V 4 anni e mesi, XX 7 questo suggetto e questa potenzia, XXII 3 donne con donne e uomini con uomini, XXV 8 senso e ragione, XXIX 3 Padre e Figlio e Spirito Santo; e per la poesia cfr. III 10 1 alma presa e gentil core, VII 3 6 ostale e chiave, XIV 12 8 baldanza e... securtate, XIX 6 13 donne e donzelle amorose, XXIII 22 40 di caunoscenza e di verità fora, XXVI 11 8 d'amore e di fede, XXXI 17 72 le donne e le donzelle (cfr. XIX 6 13), XXXV 5 3 li atti e la statura, XXXVI 4 1 Color d'amore e di pietà sembianti (chiastico come III 10 1).
La maggior parte degli e della Vita Nuova si trova, quindi, nella coordinazione tra verbi e, soprattutto, all'inizio di proposizioni e di frasi (e, in queste posizioni, di fronte a congiunzioni, avverbi, pronomi e gerundi), ove conferiscono al discorso non soltanto una continuità formale, ma, nell'imitazione dello stile di testi sacri e di cronache in varia misura ideologizzate, una surrettizia contemporaneità narrativa e psicologica (cfr. B.A. Terracini, Analisi stilistica, Milano 1966, 220 ss.). Se eccezionale può considerarsi XL 1 la cittade ove nacque e vivette e morio la gentilissima donna, sono, invece, tipiche della Vita Nuova le strutture seguenti: XII 9 E dette queste parole, si disparve, e lo mio sonno fue rotto... e anzi ch'io uscisse di questa camera, propuosi di fare una ballata... e feci poi questa ballata; XVIII 5-9 Allora queste donne cominciaro a parlare... e sì come... vedemo... così mi parea... E poi che alquanto ebbero parlato tra loro, anche mi disse questa donna... Ed io... dissi... Onde io... mi partio da loro, e venia dicendo fra me medesimo... E però propuosi di prendere per matera... e pensando molto a ciò, pareami avere impresa troppo alta matera... e così dimora; alquanti dì con desiderio di dire e con paura di cominciare; XXIV 2-5 mi parve vederlo (Amore) venire... e pareami che... mi dicesse... E certo me parea avere lo cuore sì lieto... E poco dopo queste parole... io vidi venire... una gentile donna, la quale era di famosa bieltade, e fue già molto donna di questo... mio amico. E lo nome di questa donna era Giovanna, salvo che... imposto l'era nome Primavera; e così era chiamata. E appresso lei... vidi venire... Beatrice. Queste donne andaro... e parve che Amore mi parlasse... e dicesse: " Quella è nominata Primavera... E se anche vogli considerare lo primo nome suo, tanto è quanto dire... ". E anche mi parve che mi dicesse... " E chi volesse... considerare, quella Beatrice chiamerebbe Amore ". Il succedersi di tempi diversi anche di uno stesso verbo, quasi incastonati nel succedersi dei vari e, è indice di una particolare sensibilità per l'aspetto verbale, che oppone la momentaneità dell'ingresso di una condizione all'indefinitezza della sua durata, in III 2-8 e però che quella fu la prima volta... presi tanta dolcezza, che... mi partio da le genti, e ricorsi a lo solingo luogo... e puosimi a pensare ... E pensando di lei, mi sopragiunse uno soave sonno... che me parea vedere... una figura d'uno segnore; e pareami con tanta letizia... e ne le sue parole dicea... E ne l'una de le mani mi parea che questi tenesse una cosa... e pareami che mi dicesse... E quando elli era stato alquanto, pareami... e tanto si sforzava... e così piangendo, si ricogliea questa donna ne le sue braccia, e con essa mi parea che si ne gisse verso lo cielo... lo mio deboletto sonno... si ruppe e fui e svegliato. E mantenente cominciai a pensare, e trovai che l'ora... era la quarta de la notte stata. La successione quasi miracolosa delle visioni, che si affacciano con una logica sui generis al libro de la memoria, e, d'altra parte, l'unità ideologico-narrativa sono la causa profonda dell'uso così frequente di e nella Vita Nuova che dà luogo alla già notata coincidenza formale con l'andamento narrativo di testi sacri e di cronache: si potrebbe dire con D., e se non tutte, almeno la loro sentenzia (Vn I 1).
4.2. Nel Convivio l'altissima frequenza di e si collega sia all'uso indubbiamente ricercato di coppie di aggettivi, sostantivi, verbi, a imitazione di endiadi, e a volte di polisindeti, di chiara tradizione retorica latina, sia, anche se in misura diversa dalla Vita Nuova, all'uso di e in inizio di periodo, quasi che così avverbi, congiunzioni e pronomi assumessero una dignità e un rilievo espressivo maggiori, nello sforzo di rendere più esplicito il tono dialettico del trattato. Certo è che nel Convivio più che altrove fioriscono E acciò che (I I 9), e in ciò (I 10), E da ciò (V 2), E di ciò (III IV 10), E ciò (XIV 6), il frequentissimo E però (I I 12, II 11, III 2, IV 4), E però che (VII 4), E avvegna che (III I 4, VII 6), E se (riflesso dell'uso di Et si, sostituto medievale del classico Quod sì, ad es. in Ugo da San Vittore Explanatio in canticum beatae Mariae, in Patr. Lat. 175, 430: I I 16, III V 15, XV 18), E con ciò sia cosa che (I I 18), E ancora (I II 8), E allora (I II 13), E poi (III V 18), E questo, -i, -a, -e (I II 13, III 9, IV 8 e 11: cfr. la formula E questo... è quello... che, III X 3, XII 3), E cotale (I VII 7), E questa cotale (III X 6, IV XXX 5), E così (I III 9 e 10, V 5), E sì come (III XI 9, 11, 13 e 14), E quando (I III 8, IV 10, III V 15), E qui, specialmente nella formula E qui è da sapere, III VI 4, né sono rare le frasi inizianti con E dico, E dice (III VI 2 e 4, frequenti anche nella Vita Nuova), e con proposizione infinita introdotta da E, come in III IX 14 E per essere lo viso debilitato, VI 7 E a questo affermare, I II 3 E per levare un dubbio. La dialettica della dimostrazione procede spesso per unità tra loro vicine e strettamente collegate, come rivela questo passo, ricco di e. non esplicativi e esclusivi insieme: I VII 9 è l'obedienza con misura e non dismisurata, quando al termine del comandamento va, e non più oltre: sicome la natura... è obediente... quando fa trentadue denti... e non più né meno; e quando fa cinque dita ne la mano, e non più né meno... Né questo averebbe fatto lo latino, ma peccato averebbe non pur nel difetto, e non pur nel soperchio... e così non sarebbe stata la sua obedienza misurata... e per conseguente non sarebbe stato obediente. L'uso di e non si constata anche nelle coppie aggettivali e avverbiali di I VI 11 e VII 1-4 perfetta... e non difettiva, dolce, e non amara, comandata interamente, e non spontanea, e con misura, e non dismisurata, amara e non dolce, indietro e non innanzi, amaro, e non dolce: il rilievo dato qui a un termine è l'opposto dell'espressione di una totalità, raggiunta attraverso coppie, assai più frequenti nel Convivio che nella Vita Nuova, di aggettivi, sostantivi e avverbi, sia sinonimi che opposti.
Per aggettivi coordinati cfr. familiare e civile, I I 4; quella fervida e passionata, questa temperata e virile, 16; idonei e laudabili... sconci e biasimevoli, 17; compita e cara, 19; vero e giusto, II 8; bellissima e famosissima, III 4; vera e chiara, X 8; in podere e occulto... in atto e palese, 9; più bello e migliore, 11; altissimi e novissimi, 12; di dolcissima e d'amabilissima bellezza, 13; pietosa e umile, / saggia e cortese, II Voi che 'ntendendo 46; miranti e esaminanti, III II 9; inventiva e giudicativa, 15; perfette e oneste cose, III 5; massimo e manifestissimo difetto, IV X 7; disgiunte... e lontane, XI 1; men chiara e men valente, I IV 11; perpetuo e non corruttibile... non stabile e corruttibile, V 7; irascibile e concupiscibile, IV XXVI 6; di tutto e di ciascuna parte, XXIX 8.
Per sostantivi (anche infiniti) coordinati cfr. di biasimo e d'abominazione, I I 5; del non potere e del non sapere... nel volere e nel non volere.... la malizia e la boutade, II 6; la propria loda e lo proprio biasimo, 8; onorare e magnificare, 11; d'essilio e di povertate, III 3; sanza vela e sanza governo, 5; e con concordia e con discordia, 9; lo bene e lo male, IV 1; pari membra e pari potenza, 7; familiaritade e conversazione, 9; conoscenza e obedienza, V 5; con fatica e con gravezza, 5; a suo senno e a suo volere, 5; e per nobiltà e per vertù e per bellezza, 7; nel dare e nel ricevere, VIII 7; per comento e per chiose, IX 10; di biado e non di frumento, X 1; nel processo e nel fine, 2; madre e conservatrice, 7; con le braccia e col petto, XI 10; onore e fama, 17; la dimanda e la risposta, XII 1; la loda e lo vituperio, III I 5; vigore e potenza, III 3; regolatrice e rettrice, IV IX 1; l'officio e l'arte, 2; in ciascuna arte e in ciascuno mestiere li artefici e li discenti sono, 10; nel troppo e nel poco... sanza soperchio e sanza difetto, VI 13. Il collegamento tra uso di e e intenzioni retoriche è ,ovvio nel passo seguente, ove la forma del ragionamento procede per binomi, per lo più allitteranti o rimati: IV XXVII 13-14 sanza prudenza e sanza giustizia; malestrui e malnati; vedove e pupilli; furate e occupate; cavalli e arme, robe e denari; edificate... e credetevi; levare lo drappo... e coprire lo ladro.
Per nessi tra avverbi cfr. forte e molto, I V 11; naturalmente e accidentalmente, X 6; sufficientemente e acconciamente, 12; tosto e tardi, III II 3; diretro e dinanzi, IV XXVI 10; quanto e come bello, XXX 6.
Per verbi coordinati cfr. e gustare e patire, I I 13; e dire e operare, 17; e a così parlare e a così intendere, II 17; adorna e commenda, V 4; usate e servate sono, X 2; amo e ho amato, 6; e acquistate e conservate sono, 8; accusano e incolpano, XI 12; magnificare e parvificare, 19; deliberai e vidi, III I 4; si ferma e si conserva, 8; sia divisa e comunicata, II 5; disia e vuole, 7; è... nobilitata e dinudata, 14; offendere e giovare... star fermo e fuggire a la battaglia, IV IX 7 (cfr. XXVI 7 lo loco dove è da fermarsi e da pugnare), invitando e confortando, XI 12; per avere e per acquistare, 13; cacciare e fuggire, XXVI 5; questa lascia e quello coglie, IV XXX 4; nobilitare e abbellire, 2 (cfr. più celebre e più prezioso, 2).
In gran parte di queste coppie è avvertibile, più che nella Vita Nuova ove, come si è visto in 4.1., l'uso di e corrisponde a una diversa concezione retorica, un andamento prosodico fondato su allitterazione, isosillabismo, rima e sinonimia, che non è fissato, però, in strutture ritmiche ricorrenti come nella Commedia (v. 4.3. e 4.3.1.). Appartenenti a un sistema grammaticale ed estranei a ogni tendenza di stile sono, infine, i nessi tutti e tre (III II 13, IV XXV 4), tutte e quattro (IV XXVII 17), mille e mille (XI 13), trentesimo e ultimo (XXX 1).
4.3. Nelle Rime, specialmente in quelle di argomento dottrinario, l'uso di e non entra in particolari schemi di ripetizioni e di echi (cfr. tuttavia CVI 55 in parte ed in costrutto, 82-83 da sera e da mane / hai raunato e stretto, 119 chi con tardare, e chi con vana vista), ma appare con una certa regolarità nella concatenazione tra fronte e sirima e nella ripresa delle singole parti della fronte e della sirima stessa. V'è pertanto una certa analogia tra questi usi e quello di e, ed, all'inizio della seconda terzina del son. Tanto gentile e tanto onesta (e par, 12) e della seconda quartina e terzina del son. Vede perfettamente (E sua bieltade, 5; Ed è ne li atti suoi, 12) accolti nella Vita Nuova (XXVI 7, 11, 13). Invece nella Commedia, oltre alle coordinazioni - anch'esse metricamente costanti - tra elementi singoli (v. 4.3.1.) e alle aperture ora coordinanti ora contrastanti (ad es., ed ecco appare 14 volte in inizio di verso e una all'interno, egualmente in apertura di frase, sulle complessive 31 attestazioni di ecco), l'uso di e è particolarmente notevole ove coincide con la cesura (v. 1.2.) e permette allineamenti seriali e, più, raramente speculari, ora dotti ora - forse più spesso - proni a un gusto di orecchiamento popolaresco. E, assorbito metricamente dalla elisione, forma più una sorta di sutura metrica che un elemento fornito di proprio significato, come possono confermare, ad es., le varianti Diverse voci e orribil favelle (Co, in luogo di Diverse lingue, orribili favelle, If III 25), novi tormenti, novi tormentati (Triv, in luogo di novi tormenti e novi tormentati, If VI 4), grandine grossa e acqua tinta e neve (v. 10), ma sapïenza e amore e vertute (I 104), a evitare iato, in luogo di grandine grossa, acqua tinta e neve, e ma sapïenza, amore e vertute (la struttura tripartita di questo verso è simile a quella di Vn XXVI 11 8 di gentilezza, d'amore e di fede, con cui condivide la parola centrale). Si concluderà, quindi, che è necessario tener presente e quale elemento fondamentale nella periodizzazione ritmica della Commedia, come momento formale e sintattico insieme dell'opera.
4.3.1. Si raccolgono, infine, i tipi più comuni di nessi (a) tra aggettivi, (b) tra sostantivi, (C) tra verbi, per completare il quadro della distribuzione di e nella Commedia.
a) Tra gli aggettivi che si susseguono in fine di verso nell'Inferno, si ricordi: I 5 selvaggia e aspra e forte, 72 falsi e bugiardi, 97 malvagia e ria, II 53 beata e bella, 56 soave e piana, 142 alto e silvestro, III 79 vergognosi e bassi, IV 112 tardi e gravi, 82 restata e queta, 116 aperto, luminoso e alto, V 41 larga e piena, 88 grazioso e benigno, 117 tristo e pio, VI 8 etterna, maladetta, fredda e greve, 13 crudele e diversa, 16 unta e atra, XI 30 distinto e costrutto, XIII 5 nodosi e 'nvolti, 125 bramose e correnti, XIV 13 arida e spessa, 47 dispettoso e torto, XV 68 avara, invidiosa e superba, 102 più noti e più sommi, XVI 22 nudi e unti, 24 battuti e punti, 49 brusciato e cotto, 111 aggroppata e ravvolta, 130 grosso e scuro, XVII 16 sommesse e sovraposte, XVII 132 disdegnoso e fello, XVIII 5 largo e profondo, XXI 34 aguto e superbo, XXII 132 crucciato e rotto, XXIII 60 stanca e vinta, XXIV 60 forte e ardito, 62 ronchioso, stretto e malagevole, XXVI 106 vecchi e tardi, XXVII 31 attento e chino, XXVIII 111 trista e matta, XXX 16 trista, misera e cattiva, 25 smorte e nude, 66 freddi e molli, XXXI 37 grossa e scura, 58 lunga e grossa, XXXI 84 fero e maggio, XXXII 1 aspre e chiocce, XXXIII 31 magre, studiose e conte, XXXIV 22 gelato e fioco, 43 bianca e gialla. Le somiglianze all'interno di queste attestazioni e tra queste e quelle della Vita Nuova - egualmente in rima, come anche Cv IV Le dolci rime 14 aspr'e sottile, e 15 falso e vile ─ sono, almeno strutturalmente, ovvie (cfr. 4.1.).
Per la posizione di nessi in inizio di verso, cfr. If II 128 chinati e chiusi, XIII 116 nudi e graffiati, XXV 84 livido e nero.
Per alcuni moduli grammaticali, cfr. tutti e trei, If XVI 21; più e più, XVIII 11, XXXI 38; e v. XX 64, XXX 111; l'una e l'altra, di fronte a bisillabo finale di verso, in If X 50, XXV 54, Pg XVI 107, Pd IX 123, e di fronte a trisillabo finale in If XXVIII 103, Pg XIV 73, XXVI 35, Pd XXX 43.
b) Il nesso di due sostantivi nella parte terminale del verso può svilupparsi in una serie di possibilità distributive, che vanno dall'uso di un sostantivo (o di un + articolo sostantivo) dopo e a quello di aggettivo + sostantivo (o viceversa, con o senza articolo e preposizione) a quello di gruppi di parole tra le quali un sostantivo è collegato con un altro sostantivo della parte del verso precedente la e. La classificazione più semplice è quella in base al numero delle sillabe metriche che succedono alla e. Si hanno, pertanto, gli schemi seguenti:
I) Alla e segue un bisillabo metrico a chiusura dell'endecasillabo: If I 90 le vene e i polsi, IV 137 Anassagora e Tale, VI 10 acqua tinta e neve, 80 Arrigo e'I Mosca, VII 78 ministra e duce, IX 99 il mento e 'l gozzo, XV 3 l'acqua e li argini, 4 Guizzante e Bruggia, XIX 27 ritorte e strambe, XXVI 77 tempo e loco, XXXIII 28 maestro e donno, XXIV 131 l'animo e 'l volto, 144 genti e modi.
II) Alla e segue un trisillabo metrico: If VII 113 con la testa e col petto e coi piedi, VIII 37 Con piangere e con lutto, IX 123 di miseri e d'offesi, XI 50 e Soddoma e Caorsa, XVII 60 faccia e contegno, XVIII 86 per cuore e per senno, XXVIII 35 di scandalo e di scisma, XIX 112 d'oro e d'argento, XXIII 14 con danno e con beffa, XXIV 129 di sangue e di crucci.
III) Alla e segue un tetrasillabo metrico: If II 140 tu duca, tu segnore e tu maestro, VII 47 e papi e cardinali, 93 biasmo...e mala voce, IX 72 le fiere e li pastori, 133 i martìri e gli alti spaldi, X 2 e li martìri, 35 col petto e con la fronte, 47 a me e a miei primi e a mia parte, 50 l'una e l'altra fiata (cfr. 3.4.1.a), 85 Lo strazio e 'l grande scempio, XV 63 del monte e del macigno, XVI 23 lor presa e lor vantaggio, 39 col senno assai e con la spada, XXI 82 sanza voler divino e fato destro, XXVI 120 vertute e conoscenza, XXXIV 78 con fatica e con angoscia, 136 el primo e io secondo.
IV) Alla e segue un esasillabo metrico: IV 141 e Seneca morale, VI 4 novi tormenti e novi tormentati (cfr. 4.3.), 108 e così la doglienza, IX 6 per l'aere nero e per la nebbia folta, 111 piena di duolo e di tormento rio, X 64 e 'l modo de la pena, XI 34 e ferute dogliose, 60 e simile lordura, 69 e 'l popol ch'e' possiede, XVIII 23 novo tormento e novi frustatori (cfr. VI 4), 91 con segni e con parole ornate, XXI 67 Con quel furore e con quella tempesta, XXXIII 29 il lupo e ' lupicini al monte.
V) Più raro è l'uso di una coppia di sostantivi all 'inizio del verso. Cfr. If VI 9 regola e qualità, VII 58 Mal dare e mal tenere, IX 41 serpentelli e ceraste, XI 38 guastatori e predoni, XIII 44 parole e sangue, XIV 98 d'acqua e di fronde, XVI 67 cortesia e valor, 74 orgoglio e dismisura, XVII 125 lo scender e 'l girar (cfr. Pd XVII 60 lo scendere e 'l salir), XX 122 la spuola e 'l fuso, XXIII 9 principio e fine.
C) Anche per la coordinazione tra verbi si possono riconoscere le stesse distribuzioni metriche osservate nella coordinazione dei sostantivi; la frequenza degli usi è, tuttavia, minore.
I) If V 126 dirò come colui che piange e dice, VI 30 intende e pugna, IX 102 stringa e morda; possono rientrare in questo tipo sillabico If I 24 si volge a l'acqua perigliosa e guata, V 4 Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia.
II) IV 57 piange e s'attrista, VI 18 iscoia ed isquatra, VII 86 provede, giudica, e persegue, 101 bolle e riversa, XXVIII 91 Dimostrami e dichiara.
III) Rarissimo è l'uso di questa struttura minima metrico sintattica: If XXVII 103 serrare e diserrare, XXX 60 guardate e attendete. I sintagmi di questi pur pochi esempi, però, fanno ritenere non atipica né casuale la combinazione.
IV) Un settenario è legato da e al quinario precedente in questo tipo, invece, molto diffuso. Cfr. If III 96 e più non dimandare (così in V 24, e V. VI 90 e più non ti rispondo, X 72 e più non parve fora, XI 27 e più dolor li assale); IV 125 e vidi 'l re Latino, variante di vidi..:, V 65 e vedi 'l grande Achille, XVII 39 e vedi la lor mena; VI 92 e poi chinò la testa, VIII 23 e poi se ne rammarca; XI 71 che mena il vento, e che batte la pioggia; 84 men Dio offende e men biasimo accatta, XV 121 Poi si rivolse, e parve di coloro, 123 per la campagna; e parve di costoro; XXI 14 altri fa remi e altri volge sarte; XVI 61 Lascio lo fele e vo per dolci pomi; XX 130 Si mi parlava, e andavamo introcque, IV 15 Io sarò primo, e tu sarai secondo, 23 Così si mise e così mi fé intrare.
V) Per nessi di verbi - spesso tra loro rimanti - in principio di verso, cfr. If V 6 giudica e manda, 15 dicono e odono, 33 voltando e percotendo, X 6 parlami e soddisfammi, XI 44 biscazza e fonde, VIII 107 conforta e ciba, XIII 60 serrando e diserrando (cfr. sopra, III), XIX 41 volgemmo e discendemmo, XXV 143 mutare e trasmutare, XXVII 132 torcendo e dibattendo, XXIX 71 guardando e ascoltando, XXX 45 testando e dando, XXXIII 9 parlare e lagrimar (cfr., in corpo di verso, XX 8 tacendo e lagrimando), 21 udirai, e saprai.
4.4. Tra gli usi più frequenti di e in principio di verso sono i seguenti, formati anche nella Commedia da e + pronome, avverbio e congiunzione; è ovvio il risalto espressivo di questi elementi, colpiti dall'accento ascendente e - anche se in apparenza al solo livello fonico - del rafforzamento fonosintattico prodotto da e.
Cfr. E come, in If V 40 e 46, XVIII 14, XXII 25, XXIII 10, XXXII 31 e 127, Pg II 70, XXXII 133, Pd VIII 16 e 17, XIV 118, XX 22, XXVII 31, in paragoni (E come quei, in If I 22, XXIV 25); con valore temporale, If XXII 136. E qual(e), -i, in If XV 7, Pg XXIV 145, XXV 10. E qual è quei, -L, in If I 55, II 37, XXIV 112. E però, in If III 128, XI 49. E poi, in If VIII 26, XV 41; E poi che, in If III 19 e 70, IX 132, X 57, XIX 125. E quei, in If IV 51, IX 43; E quelli, -a, in If IV 76, V 121, VI 85, XV 31. E s(e), in If IV 34 e 37, VIII 101, X 82 e 112, XI 75 e 101, XIII 76 e 146, XV 35 e 58, XIX 100, ecc. E io, in If III 43 e 52, IV 16, VII 36, 49 e 109, VIII 34, 37, 52 e 70, IX 124, X 19 e 126, XI 67, XIV 130, ecc.; E io a lui, a lei, in If VI 43 e 77, X 61, XIV 121, ecc.
4.5 Tra le espressioni popolari, formate da due avverbi uniti da e, si ricordino qua e là (If XII 24, XXIV 10), qui e altrove (XII 45), no e sì (VIII 111), quinci e quindi (Pg XII 108, XXXII 4, Pd XXI 130, XXXI 126); per un sintagma sintatticamente affine a questi, cfr. per mare e per terra, If XXVI 2.
5. Natura e funzione di e, in quanto vocale, sono indicate da D. stesso che, accogliendo e tra le cinque vocali, che sono anima e legame d'ogni parole, ne precisa la vicinanza fonico-articolativa a i (Cv IV VI 4 cominciando da l'A... viene diritto per I ne l'E).