DURAZZO
. Famiglia genovese, che compare relativamente tardi nel patriziato locale, ma vi acquista un posto molto cospicuo sino a primeggiare, massime nel sec. XVIII, nella magnificenza e nell'amore alle arti e alla cultura. Il primo suo rappresentante risulta, da un documento del 1387, venuto dall'Albania, dove era fuggito dinnanzi all'invasione turca; dal luogo d'origine derivò a lui e ai suoi il nome. I successori si formarono col commercio una rilevante fortuna, che permise loro di accostarsi alla nobiltà mercantile, senza avere tuttavia gran parte nella vita cittadina. Nel 1528 entrarono nell'Albergo Grimaldi, acquistando così i pieni diritti riservati alla nobiltà ed ebbcro nel 1573 in Giacomo Grimaldi Durazzo il primo doge. Ma la nuova riforma del 1576 li costrinse a riprendere l'antico nome. Tuttavia per le grandi ricchezze ebbero altri sette dogi biennali: Pietro I (1619-1621), Giambattista (1639-41), Cesare (1665-67), Pietro II (1685-87), Vincenzo (1709-11), Stefano (1734-36) e Marcello (1767-69), oltre a diplomatici, uomini d'arme e ambasciatori, come Gianluca inviato straordinario in Francia, in Inghilterra adoperato in molte ambascerie; Giambattista, che, commissario generale della repubblica nella guerra del 1672-73, occupò Oneglia; Gian Carlo che fu ambasciatore a Carlo II Stuart nel 1662 e consigliò e introdusse una colonia di Greci in Corsica nel 1676; e Giacomo (1717-77) inviato ambasciatore a Vienna e passato al servizio di Maria Teresa e quindi rappresentante diplomatico di Giuseppe II presso la repubblica di Venezia. Particolare importanza ebbe Gian Agostino che in due ambascerie a Costantinopoli (1664-65), delle quali lasciò interessanti relazioni ancora inedite nella Biblioteca civica di Genova, ottenne vantaggiosi trattati rivolti a ripristinare il commercio genovese in Oriente. La famiglia ebbe anche due cardinali: Marcello (1630-1710) e, più importante, Stefano (1596-1667), che fu legato papale a Ferrara e a Bologna in momenti difficili, come durante la guerra per il ducato di Castro tra i Barberini e il duca di Parma, e, arcivescovo di Genova, curò specialmente l'educazione del clero, fondando il seminario, e introdusse a Genova e a Bastia la congregazione dei missionari di San Vincenzo de' Paoli. Venuto a contrasto col governo della repubblica per le solite questioni di precedenza, rinunciò alla sede, ritirandosi a Roma, ove finì la sua vita.
Girolamo D. (1739-1809) fu l'ultimo doge della repubblica democratica nell'età napoleonica. Mentre alla testa di una legazione andava ad ossequiare Napoleone a Milano nel 1805, gl'intrighi del Saliceti facevano proclamare a Genova l'annessione all'Impero, e il doge dové capitanare la nuova delegazione, che ringraziò l'imperatore di avere accettato il voto cittadino. Morendo senza figli, lasciò erede il nipote Marcello (1770-1848), appassionato cultore degli studî e delle belle arti, che, dotto egualmente nelle lettere e nelle scienze, si dedicò ad istituti di cultura e riformò l'accademia ligustica. Sua figlia Teresa, sposata nel 1833 a Giorgio Doria, colta, energica, generosa, ebbe parte molto attiva nella diffusione della cultura e nel movimento patriottico anteriore al 1848.
Tipica è appunto nei D. la tradizione di cultura: Ippolito 1754-1818) fu insigne scienziato, visitò per i suoi studî di mineralogia e di botanica gran parte dell'Europa; onorato da Napoleone e partecipe del governo provvisorio nel 1814, preferì agli uffici pubblici la vita privata tra i prediletti studî, nei quali fu maestro della nipote Clelia, figlia di Giacomo Filippo (1728-1812), mecenate e scienziato anche lui, e moglie di Giuseppe Grimaldi, la quale fondò nel 1794 nella celebre villa di Pegli (nel 1928 passata in possesso del comune di Genova), un magnifico orto botanico, e lasciò, morendo, alla civica biblioteca una raccolta di 500 volumi di botanica e un erbario di 5000 specie di piante. Anche altri seguirono i nobili esempî, come Carlo (1794-1862), scienziato e patriota: cosicché la famiglia primeggiò veramente per munificenza, trasformando in templi d'arte i suoi palazzi (quello d'Ippolito in via Balbi divenne dopo il 1814 palazzo reale).
Bibl.: Battilana, Genealogie di Famiglie nobili di Genova, Genova 1825; L. M. Levati, I Dogi di Genova, Genova 1914-1930, voll. 6; L. Grillo, Elogi di Liguri illustri, Genova 1846-73, III; Giornale ligustico, VII-VIII; Atti della Società Ligure di storia patria, XXVIII, p. 782 segg.