NOBILI, Durante
NOBILI, Durante (Durante di Nobile). – Figlio del pittore Nobile di Francesco da Lucca (notizie dal 1490 al 1559: Cicconi, 2007, pp. 23 s.), nacque a Caldarola (Macerata), in una data compresa tra il 1509 e il 1510.
Doveva infatti aver raggiunto la maggiore età legale di 25 anni tra il gennaio 1534, quando il padre ancora esercitava la funzione di tutore, e il 1535, data in cui il suo nome, accompagnato dall’appellativo di «magister», compare in un atto di procura rogato a Caldarola (Cicconi, 2009, pp. 145-148). Sulla composizione della sua famiglia d’origine non si hanno notizie molto dettagliate: è possibile tuttavia che una sorella di Durante, Jacopa, fosse andata in moglie a Giovanni Andrea de’ Magistris, capostipite della nota famiglia di pittori caldarolesi (Arcangeli, 1987).
Il suo apprendistato si svolse con ogni probabilità sotto la guida del padre, la cui produzione artistica fin qui nota si limita a due soli dipinti firmati (Astolfi, 1905): una tavola con la Vergine con Bambino, quattro santi e donatore, eseguita nel 1490 per i frati minori di Colfano, e un trittico cuspidato con la Vergine in trono e quattro santi, datato 1513 (Alfi, parrocchiale).
Il confronto tra le due opere evidenzia i tratti di una cultura figurativa basata sul ricorso a formule di repertorio e a citazioni di modelli diffusi nell’area tosco-marchigiana, secondo un paradigma che dovette avere un certo ascendente anche nella formazione del giovane Durante. Come è stato più volte osservato, infatti, la pittura del caldarolese si dimostra decisamente indebitata, almeno nella prima fase, a quella di Lorenzo Lotto, tanto da aver autorizzato in passato l’ipotesi – assai improbabile, in verità, se non altro per ragioni di ordine cronologico – di un suo discepolato presso lo stesso veneziano.
La prima attestazione documentaria riferibile a un’attività pittorica autonoma risale al gennaio 1534. In quel periodo il padre intervenne a favore del figlio nella disputa con l’ignoto maestro Cristoforo Perthoma, richiedendo il pagamento della somma di due fiorini e mezzo a saldo di lavori, oggi perduti, eseguiti dal giovane nella cappella di S. Maria del Soccorso nella chiesa di S. Gregorio a Caldarola (Cicconi, 2009, p. 146). Per la stessa collegiata, qualche mese più tardi, eseguì una pala raffigurante la Vergine con il Bambino, s. Giovannino e i ss. Cosma e Damiano, firmata e datata 1535.
Il dipinto, segnalato in passato dalle cronache locali (riportate ibid., pp. 146 s.) quale testimonianza delle doti e della precocità del pittore (erroneamente creduto diciassettenne al tempo della sua realizzazione), esplicita chiari riferimenti formali e strutturali di matrice lottesca, puntualmente evidenziati da Pietro Zampetti (1981), che peraltro ipotizzava la presenza della mano dello stesso maestro lagunare nella fattura dei due santi. In realtà il ‘lottismo’ di Durante si manifesta in questa circostanza come fenomeno di riscrittura del tutto esteriore, incapace di mascherare quegli aspetti di rigidità volumetrica e di marcato espressionismo fisiognomico che avrebbe mantenuto nel corso di tutta la sua carriera. Tali caratteristiche risultano evidenti anche nel piccolo pannello con la Pietà, forse una predella o una cimasa, rinvenuto nella stessa chiesa di S. Gregorio (Delpriori, 2009), e databile in questo periodo, come pure nella pala con la Madonna col Bambino e i ss. Vito e Flaviano (Recanati, S. Maria in Platea), a lui attribuita, da reputarsi lavoro giovanile (Papetti, 2003).
Queste opere permisero a Durante di maturare una certa fama nel contado maceratese, come dimostra il contratto stipulato nell’ottobre 1540 dal padre per la realizzazione di una perduta ancona per la chiesa di S. Martino a Castelvecchio, per l’esecuzione della quale veniva espressamente richiesta la presenza del più giovane maestro (Cicconi, 2007, p. 32 n. 46).
Nel maggio 1544 si sposò con Lucrezia di Giovanni Domenico, originaria di Montolmo (attuale Corridonia), località nella quale il pittore si trasferì dal 1546 acquisendo lo stato di «cittadino» (Cicconi, 2009,p. 155). I rapporti con la città natale rimasero comunque inalterati, permettendo all’artista di ricoprire tra il 1562 e il 1570 la carica di consigliere e priore del Comune (ibid., p. 149 n. 50). Nei dintorni di Montolmo orientò le proprie iniziative fondiarie, investendo gli utili della sua attività artistica nella compravendita di terreni, soprattutto tra il 1549 e il 1555 (ibid., pp. 157 s.).
Nel frattempo iniziarono a intensificarsi le commissioni pubbliche, per lo più da parte di confraternite e conventi francescani. Al 1546 risale l’esecuzione della pala con l’Immacolata Concezione e quattro santi, destinata all’altare della Società di S. Maria di S. Gregorio a Mogliano. Dello stesso periodo dovrebbe essere anche una perduta Madonna del Rosario (Caldarola, S. Gregorio), di cui faceva parte pure una cimasa con la Vergine col Bambino, s. Anna e s. Giuseppe, trafugata alla fine degli anni Settanta e riapparsa nel mercato antiquario nel 1992 (Dal Pozzolo, 2000), che riprende con minime varianti un analogo soggetto lottesco degli anni Trenta noto in due diverse redazioni (Firenze, Uffizi; Londra, coll. Seilern). Di poco più tarda è invece la finitura della Vergine in gloria e un gruppo di santi, nota anche come Disputa sull’Immacolata, firmata e datata 1549, eseguita per i cappuccini di Massa Fermana (ora nel locale Museo civico, assieme alle tre predelle con le Storie di s. Gioacchino), in cui si evidenzia per la prima volta il ricorso a formule di matrice post-raffaellesca filtrate da Raffaellino del Colle e Vincenzo Pagani.
A questo periodo risalgono anche i primi rapporti professionali con Lotto, documentati nel Libro di spese a partire dal 1548. Nel giugno di quell’anno infatti Durante intervene nel collocamento in situ della Madonna e santi inviata da Lotto per la chiesa di S. Maria di Piazza a Mogliano, guadagnando un credito di riconoscenza che fu saldato dal veneziano attraverso l’invio di «certi colori da dipingere» nel dicembre 1548 (Libro di spese, cc. 31v-32r). I due artefici ebbero modo di incontrarsi di persona solo nell’aprile 1550, quando Durante iniziò a collaborare col maestro lagunare alla realizzazione dell’Assunta per S. Francesco alle Scale ad Ancona, contribuendo peraltro all’affidamento a quest’ultimo della commissione di un gonfalone e di alcuni «trombeti» da parte della comunità di Montolmo (ibid., cc. 33r, 63v, 112v).
Dopo un’interruzione di qualche anno, fu nuovamente a fianco di Lotto a Loreto nell’estate del 1553, partecipando alla decorazione della cornice di un perduto S. Girolamo per il cardinale Pio da Carpi. Il lavoro venne tuttavia lasciato incompiuto da Durante, che si accomiatò all’improvviso il 10 agosto 1553, ufficialmente per andare a trovare «la sua mamola che stava male», dopo aver ricevuto un compenso di 2 scudi relativi al lavoro di un mese (ibid., c. 33v). Prima della sua partenza e dietro suo suggerimento, Lotto aveva preso come garzone Simone de’ Magistris «parente loro», che tuttavia rimase con lui una sola settimana (ibid., c. 114r).
Nel 1554 firmò e datò la pala per la chiesa di S. Colomba a Mogliano, raffigurante la Vergine in trono e i ss. Giovanni Battista, Colomba, Giuseppe, Francesco e un santo vescovo, in cui è evidente il progressivo decantamento dell’ispirazione lottesca giovanile, che qui si riduce alla semplice citazione del motivo degli angeli elargitori di grazie tratto dalla Pala del Rosario in S. Domenico a Cingoli. I medesimi scarti esecutivi rispetto alle più delicate opere giovanili si possono riscontrare anche nei dipinti d’altare licenziati dall’artista nel decennio successivo, tra cui sono da annoverare la Vergine in trono e i ss. Sabino e Luca per S. Michele a Ripatransone, datata 1559, la Vergine in trono e i ss. Girolamo, Giovanni Battista e Maddalena per la chiesa di S. Francesco a Pausola, datata 1563 (oggi Corridonia, Pinacoteca civica) e la Vergine in trono e i ss. Eustachio ed Eleuterio per la parrocchiale di Belforte, datata 1567. Plausibilmente riconducibili a questo momento, sono anche le ante con l’Annunciazione, ora al Museo dei legni processionali Mons. M. Manfroni di Petriolo (Petrangolini Benedetti Panici, 1983), e la Vergine in trono, s. Nicolò da Tolentino, un santo vescovo e donatrice dell’oratorio delle Stimmate a Filottrano (Ancona), i cui caratteri figurativi «molli e pastosi» (Donnini, 1993) fanno pensare appunto a una datazione successiva alla metà del secolo. Analoghe caratteristiche si possono riscontrare anche nell’ultima opera finora nota di Durante, la grande Crocifissione per S. Francesco a Matelica, firmata e datata 1568, che costituisce una replica fedele fin nei dettagli dell’analoga pala lottesca di S. Maria della Pietà a Monte San Giusto.
Accanto a questa produzione di pale d’altare è anche documentata, soprattutto nella seconda fase della carriera, una cospicua attività di frescante e decoratore, di cui tuttavia nessuna testimonianza sembra essere sopravvissuta.
I primi pagamenti relativi ad affreschi risalgono al marzo 1550, quando realizzò l’insegna di Giulio III per il palazzo comunale di Tolentino. In seguito l’artista lavorò soprattutto a Macerata, eseguendo tra le altre cose un’Annunciazione nel palazzo dei Priori (giugno 1568), le armi del marchese Giacomo Boncompagni (ottobre 1573, e di nuovo nell’aprile 1578), nonché il decoro di alcune sale interne del palazzo del governatore, saldate 50 fiorini tra la fine del 1577 e l’inizio dell’anno successivo (Petrangolini Benedetti Panici, 1980, p. 72); ulteriori pagamenti per un apparato celebrativo eseguito sempre a Macerata in occasione dell’ingresso del vescovo Galeazzo Moroni sono testimoniati nel novembre 1573 (ibid.).
L’ultima attestazione documentaria risale al settembre 1578, quando il Comune di Montolmo inoltrò una petizione a favore dell’accoglimento di Nobile, figlio di Durante, presso il seminario di Fermo (Cicconi, 2009, p. 159).
Non è nota la data di morte, probabilmente avvenuta a Montolmo non molto tempo dopo e comunque prima del 1583, quando la moglie denunciava il suo stato vedovile (ibid.).
Fonti e Bibl.: L. Lotto, Libro di spese diverse (sec. XVI), I (ed. in facsimile) - II (trascrizione), a cura di F. Grimaldi - K. Sordi, Loreto 2003, cc. 32rv, 33rv, 34rv, 52v, 63v, 83v, 112v, 114r; C. Astolfi, Di D. N. e di suo padre pittore lucchese, in Rassegna bibliografica dell’arte italiana, VII (1905), 1-2, pp. 7-10; R. Petrangolini Benedetti Panici, Un allievo del Lotto: D. N. da Caldarola, in Lorenzo Lotto nel suo e nel nostro tempo, a cura di P. Zampetti, in Notizie da Palazzo Albani, IX (1980), pp. 66-72; P. Zampetti, Anno 1535: Lorenzo Lotto e D. N., in Lorenzo Lotto. Atti del Convegno internazionale…, Asolo… 1980, a cura di P. Zampetti - V. Sgarbi, Treviso, 1981, pp. 237-242; R. Petrangolini Benedetti Panici, Per D. N.: due dipinti a Petriolo, in Dedicato a Pietro Zampetti nei suoi settanta anni, in Notizie da Palazzo Albani, XII (1983), 1-2, pp. 127-131; L. Arcangeli, N. D., in La pittura in Italia. IlCinquecento, II, Milano 1987, p. 783 s.; G. Donnini, Contributi al Cinquecento nelle Marche…, in Studi per Pietro Zampetti, a cura di R. Varese, Ancona 1993, p. 265; E.M. Dal Pozzolo, Qualche spiraglio sulla bottega lottesca, in Venezia Cinquecento, X (2000), 19, p. 185; S. Papetti, Sui rapporti tra Lorenzo Lotto e D. N., in Lorenzo Lotto e i lotteschi a Mogliano. Atti del Convegno…, Mogliano… 2001, a cura di M. Paraventi, Recanati 2003, pp. 83-87; R. Cicconi, Caldarola al tempo dei De Magistris, in Simone De Magistris. Un pittore visionario tra Lotto eEl Greco (catal., Caldarola), a cura di V. Sgarbi, Venezia 2007, pp. 21-35; A. Delpriori, Una primizia di D. N. e alcune osservazioni sul suo rapporto con Lorenzo Lotto, in Lorenzo Lotto e le Marche. Per una geografia dell’anima. Atti del Convegno internazionale…, Recanati… 2007, a cura di L. Mozzoni, Firenze 2009, pp. 100-109; C. Paparello, Il perduto stendardo di Corridonia: Lorenzo Lotto e D. N., ibid., pp. 158-165; R. Cicconi, Caldarola nel Sei-Settecento e una retrospettiva biografica sui pittori caldarolesi del XVI secolo (Ricerca d’archivio), Caldarola 2009, pp. 145-161; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexicon, XXV, pp. 493 s.