DORIO, Durante
Nacque a Leonessa (Rieti) da Dario nell'anno 1571 circa.
Contrasse matrimonio, sempre a Leonessa, nel 1595, e dalla moglie Costanza ebbe due figli, uno dei quali, Massimino, seguì come lui gli studi giuridici e morì prima del 1636. Il D. fece pratica notarile per parecchi anni nella cancelleria criminale di Ancona, dove il 25 febbr. 1598 consegui il privilegio di notariato. Dopo brevi periodi trascorsi a Spoleto ed Orvieto, nell'ottobre 1599 iniziò la sua attività nella cancelleria civile e criminale di Recanati, dove rimase fino all'estate 1602; nell'Archivio notarile di Recanati si conservano atti e documenti da lui rogati per gli anni 1599-1601. Passò quindi alla cancelleria criminale di Fermo, al seguito del governatore Marini, che nel 1604 lo raccomandò ai Priori di Foligno, consentendogli così di ottenere la cancelleria criminale di quella città, nella quale il D. trascorse quattro anni. Dal dicembre 1610 al gennaio 16 11 fu a Leonessa come camerario del Comune, e vi tornò spesso negli anni seguenti, sia per visitare la moglie e la figlia che vi risiedevano, sia per esercitarvi la sua attività: nell'Archivio di Stato dell'Aquila è infatti conservato un protocollo (Prot. 641) riguardante atti stipulati dal D. a Leonessa dal 1604 al 1617.
Gli avvenimenti successivi della sua vita sono legati alla conoscenza e all'intima amicizia con Porfirio Feliciani, vescovo di Foligno dal 1612 al 1634. Il 16 sett. 1617 il Feliciani nominò il D. cancelliere della curia vescovile di Foligno, e il D. rimase al suo servizio per parecchi anni -, da quando il vescovo, nell'aprile 1621, si recò finalmente nella sua diocesi. Suoi protocolli sono conservati sia alla Sezione di Archivio di Stato di Foligno (Arch. notarile, Prot. 408-419) sia all'Archivio vescovile.
Nel periodo trascorso a Foligno il D. venne intensificando la sua attività di ricercatore, approfittando della facilità con cui aveva accesso a numerosi archivi umbri: oltre a Foligno, quelli di Nocera, Gualdo, Bevagna e dell'abbazia benedettina di Sassovivo. Di quest'uffinia il D. compilò, per suo uso, dei regesti; si tratta di trascrizioni di documenti, di estratti, di appunti che si trovano in due codici cartacei conservati oggi nella Biblioteca seminarile L. Jacobilli di Foligno (B.V.18 e C.VI.11). A Foligno si sistemò, acquistando una casa a un paio di chilometri dalla città e facendovi anche costruire un piccolo oratorio. Il 23 marzo 1632 iniziò il suo cancellierato presso la curia vescovile di Nocera Umbra, che durò sei anni, nel corso dei quali tra l'altro seguì, come notaio, le visite pastorali del vescovo della città Virgilio Fiorenti, stendendone relazioni di grande interesse, conservate nell'Archivio vescovile di Nocera e nella Bibl. semin. Jacobilli di Foligno (A.VI.19); ad esse il D. aggiunse numerose note marginali con riferimenti a documenti d'archivio, a notizie storiche ed artistiche, con segnalazioni di affreschi e dipinti con il nome dell'artista e l'anno di esecuzione, menzionò vecchi messali e antifonari, si interessò ai frammenti di antiche lapidi esistenti nelle chiese riportandone l'iscrizione e disegnandone i contorni.
Il 10 febbr. 1633 fu accolta la domanda del D. di essere iscritto tra i notai di Foligno. Nel 1636 ebbe inizio la sua corrispondenza con il conte Giovanni Battista Cantalmaggi, letterato e giurista di Gubbio. Da tredici lettere, conservate nel fondo Vincenzo Armanni della Sezione di Archivio di Stato di Gubbio (II.C.10), si possono ricavare parecchi dati sulla biografia del D., oltre a confermare la sua inesausta passione per le ricerche erudite e la sua continua ricerca di cariche onorifiche e redditizie. In una lettera del 28 nov. 1636 scrisse di essere vicino ai 60 anni (mentre seguendo l'età data dall'atto di morte doveva essere sui 65), di avere una figlia con dei nipoti che risiedevano con la moglie a Leonessa, dove però non aveva alcuna intenzione di ritirarsi, perché, "assuefatto a continua fatiga, non posso accomodarmi al reposo". Scrisse inoltre che i suoi interessi non si limitavano alle ricerche d'archivio, ma riguardavano anche medaglie, disegni e l'arte della ceramica; manifestava poi il desiderio di ottenere un ufficio a Gubbio e ad Urbino. Il Cantalmaggi tentò, senza esito, di farlo nominare ordinatore del pubblico archivio di Gubbio.
Della gran massa di notizie che il D. ricavò da una vita spesa in ricerche d'archivio, rimaste per lo più inedite, pervenne alle stampe una sola opera, la Istoria della famiglia Trinci.
Fu un parto assai difficile, a causa delle incertezze e degli scrupoli del D., e che si prolungò per dieci anni circa: la data di edizione del frontespizio, infatti, è il 1638, ma tra gli avvenimenti del quinto libro ve ne sono alcuni che datano 1646-47, postumi al Dorio. Probabilmente egli affidò la stesura definitiva del libro all'erudito folignate Ludovico Jacobilli, suo intimo amico, che dopo la morte del D. ereditò la sua cospicua biblioteca e i manoscritti. La scrupolosità eccessiva spinse il D. ad una ricerca continua dell'esattezza della fonte storica, ed egli si rivolse ad un gran numero di eruditi umbri per avere conferme, ricevendone però solo generici elogi.
Il volume, stampato a Foligno da Agostino Alteri, non si limita alla storia dei Trinci, ma abbraccia quella di altre famiglie e dell'Umbria in generale. Il testo è denso di citazioni di fonti in margine, non sempre affidabili: il D. adoperò le fonti letterarie più disparate, dagli umanisti agli eruditi, dagli storici ai genealogisti, ma tra di essi incorse anche in famosi falsificatori, come Alfonso Ceccarelli. Soprattutto le citazioni di documenti imperiali dei quali non rimane alcuna traccia lasciano dubbi sulla loro autenticità. Più affidabile è il D. per i secoli a lui vicini, per i quali poté consultare direttamente i documenti d'archivio. Nel proemio, dopo aver manifestato le difficoltà provocategli dall'incertezza delle fonti, determinante in un lavoro genealogico come il suo, affermava di essersi attenuto come metodo di ricerca alle cinque regole per gli storici fissate da Pietro Martire Romani da Bagnoregio nella sua Pentalitologia overo Prose da cinque stili diversi, libro che il D. possedeva nella sua biblioteca, come risulta da un inventario da lui stesso redatto prima del 1627 (Bibl. semin. Jacobilli, D.I.29): tali regole insistevano soprattutto su una verifica continua delle fonti d'archivio. Il D. concludeva il proemio informando che molte delle notizie da lui inserite nel libro erano inedite.
Dei manoscritti del D., autografi o da lui raccolti e postillati, esiste un elenco autografo di L. Jacobilli (Bibl. semin. Jacobilli, A.VIII. 21, da c. 213 in poi), intitolato Indice de libri scritti a mano, donatemi dall'Eredi del q. Durante Dorio de Leonessa, fatto questo di 30 dicembre 1653; tale elenco è riportato dal Chiaretti (La cultura, pp. 146-156) insieme con alcuni manoscritti non compresi in esso ma sicuramente del Dorio. Tra i codici, tutti alla Bibl. semin. Jacobilli, particolarmente degno di nota è il cod. A.VI.6, di ff. 660 circa, contenente ai ff. 1r-74r le Croniche di Gualdo; il manoscritto, nel quale sono raccolte alla rinfusa molte memorie riguardanti la storia dell'Umbria e delle Marche, appartenne al D., che ne trasse parecchie notizie per la sua Istoria ..., ricavandole soprattutto dal Memoriale di Pietruccio degli Unti (ff. 610r-611v), contenente la relazione, peraltro mutila, della cacciata dei Trinci da Foligno nel 1439, pubblicato da L. A. Muratori nelle Antiquitates Italicae Medii Aevi, IV, Mediolani 1741, coll. 149-154. Anche lo Zeno si valse del codice nella sua biografia di Niccolò Perotti per una lettera dell'umanista di Sassoferrato al gonfaloniere e ai Priori della sua patria e per altro materiale che vi si trova. Vi sono anche inserite delle memorie di Pandolfò Collenuccio, giudicate autentiche e pubblicate dal Morici (La famiglia ..., pp. 21-38), che il diplomatico e letterato pesarese iniziò a scrivere il 1° genn. 1487 a Venezia, dove si trovava al seguito di Giulio Cesare da Varano, signore di Camerino e governatore generale delle milizie della Repubblica veneta.
Altro manoscritto interessante è il cod. A.VI.8, un inventario autografo del D. della sua collezione di medaglie (315 pezzi dell'epoca romana, divisi per imperatore e descritti) e di oggetti d'arte, con alcune particolarità come i "segni da mercante", cioè probabilmente i sigilli di metallo o di legno di cui si servivano i mercanti per attestare l'autenticità degli atti o per ratificare accordi e contratti. Tale collezione risulta dispersa. Fanno inoltre parte dell'elenco riportato dal Chiaretti molti altri codici, riguardanti per lo più la storia dell'Umbria.
Nel gennaio 1640 il D. ottenne finalmente la cancelleria vescovile di Gubbio. nell'Archivio vescovile eugubino si trovano atti e documenti da lui rogati per gli anni 1640-1645. Nell'ultima lettera al Cantalmaggi (1° marzo 1641) il D. parla dei numerosi progetti che aveva in mente, nonostante l'età assai avanzata, tra cui una genealogia della famiglia Barberini, della quale aveva scoperto alcune tracce. Era in corrispondenza anche con Ferdinando Ughelli, come risulta da una sua lettera del 1° ag. 1643 che si trova alla Biblioteca apostolica Vaticana (Barb. lat. 3244, ff. 23r-24v); in essa il D. riferiva all'autore dell'Italia sacra che gran parte delle carte dell'abbazia di Fonte Avellana si trovavano a Roma nel collegio Germanico e gli dava alcune notizie su un vescovo di Urbino. Nell'agosto 1645 il D. tornò nuovamente a Foligno come cancelliere vescovile.
Morì ivi il 24 dicembre dello stesso anno e fu sepolto nella cattedrale di Foligno; nell'archivio della cattedrale, al Registro dei morti dell'anno 1646, è riportata la notizia della sua morte e sepoltura, con l'aggiunta che il D. aveva 75 anni circa.
La sua ricca biblioteca fu donata nel 1653 dagli eredi a Ludovico Jacobilli, il prestigioso erudito folignate a lui legato da profonda amicizia, che si giovò non poco delle ricerche del D. per le sue numerose pubblicazioni; anche lo Jacobilli eseguì un inventario autografo della biblioteca del D. (Bibl. semin. Jacobilli, A.VIII.21) datato 30 sett. 1653. A sua volta la biblioteca dello Jacobilli, ricca di circa 8.000 volumi, fu donata nel 1662 al seminario di Foligno, venendo a costituire il nucleo originale della attuale Biblioteca seminarile Jacobilli, dove i manoscritti del D. sono tuttora riconoscibili sia per il nome segnato sul frontespizio, sia per le numerose sottolineature, annotazioni marginali e correzioni del D. stesso.
Fonti e Bibl.: G. Chiaretti, Archivio Leonessano. Documenti riguardanti la vita e il culto di s. Giuseppe da Leonessa, Roma 1965, pp. 32 s., 78, 204, 246, 573; Le carte dell'abbazia di S. Croce di Sassovivo, I, Firenze 1973, pp. viii, xv; II, ibid. 1975, pp. xix s., xxviii; A. Zeno, Dissertazioni Vossiane, I, Venezia 1752, pp. 258-261; P. Rajna, L'etimologia e la storia arcaica del nome "Napoleone", in Arch. stor. ital., VII (1891), pp. 100 ss.; M. Morici, La famiglia di Pandolfo Collenuccio, Pistoia 1896, pp. 8-13, 21-35; F. Briganti, L'Umbria nella storia del notariato italiano, Perugia 1958, pp. 141 ss.; G. Chiaretti, La cultura archeologico-numismatica in Umbria nel sec. XVII attraverso l'opera di D.D., Perugia 1969; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, XLI, pp. 37 ss., 41, 43, 49, 53, 60, 63, 102, 109, 113 ss., 118, 136, 157, 161, 165 s., 169, 174 s., 178, 183; M. E. Cosenza, Biographical and bibliographical dict. of the Italian humanists …, II, Boston 1962, p. 1263b.