Durando di San Porciano (fr. Durand de Saint- Pourcain), Guglielmo
(fr. Durand de Saint- Pourçain), Guglielmo Teologo (n. Saint-Pourçain-sur-Sioule, Allier, tra il 1270 e il 1275 - m. Meaux, Seine-et-Marne, 1334 ca.). Domenicano (del convento di S. Giacomo, a Parigi), nel 1312 divenne maestro di teologia a Parigi; fu lector sacri palatii ad Avignone. Venne chiamato dai contemporanei doctor modernus e doctor resolutissimus. Anteriore al 1308 è la prima redazione del Commento alle Sentenze – fortemente antitomista – che modificò (in partic. libri 2-4) dopo il Capitolo generale dei domenicani a Saragozza nel quale Tommaso d’Aquino fu proclamato dottore dell’ordine; tuttavia il capitolo di Metz (1313) condannò le dottrine di D. poi specificate (1314) in una lista di 91 proposizioni; D. scrisse in difesa le Excusationes; più tardi (tra il 1314 e il 1317) fu condannata una più ampia lista di sue tesi antitomistiche. Nominato vescovo di Limoux (1317), poi di Puy (1318) e di Meaux (1326), D. pose mano a una terza redazione del suo Commento. È autore, tra l’altro, di Quaestiones disputatae e di Quodlibeta. Affermò il primato dell’individuale (tutta la realtà è costituita di individui, gli universali sono costruzioni mentali e verbali) che il senso e l’intelletto sono capaci di cogliere direttamente, senza l’intermediario della species. La teoria della conoscenza di D. è un aspetto della sua più generale dottrina della «relazione» (relatio): relazione reale, quando un essere relato a un altro ha in sé la necessità oggettiva di questo rapporto, che implica dipendenza causale; tale relatio (distinta quindi dalla relazione di ragione), viene a costituire un modus essendi dell’individuo. Anche la conoscenza è un modus essendi del soggetto: questi trae da sé tutto il conoscere e l’oggetto extramentale è semplice causa sine qua non del conoscere stesso; viene così sottolineata, svolgendo motivi agostiniani, l’attività del soggetto (anche la dottrina dell’intelletto agente viene eliminata). Nella fisica di D. troviamo accennata una dottrina che sarà poi sviluppata dai «calculatores» del sec. 14°: quella della latitudo formarum, per spiegare il continuo succedersi di forme accidentali in un soggetto che passa da un grado di qualità a uno diverso della stessa qualità.