Vedi DURA-EUROPOS dell'anno: 1960 - 1994
DURA-EUROPOS (v. vol. III, p. 188)
Le principali novità riguardano la cronologia, la vita religiosa, i problemi delle scene bibliche della Sinagoga.
Cronologia. - Gli scavi a D., interrotti nel 1938, sono stati ripresi da una missione congiunta franco-siriana nel 1985. Un risultato inatteso del nuovo lavoro è rappresentato dalla scoperta di ceramica assira nell'area del palazzo della «Ridotta», una testimonianza del fatto che l'occupazione del sito risale a un'epoca anteriore alla fondazione della colonia macedone. Gli scavi hanno inoltre dimostrato che la ricostruzione del palazzo della «Ridotta», uno degli edifici originali della prima colonia, fu intrapresa nel periodo ellenistico e non successivamente alla conquista partica. Un recente riesame del palazzo sulla cittadella ha confermato la datazione ellenistica della seconda fase e ha messo in dubbio la ricostruzione dell'ala sul fiume proposta nella pubblicazione come una fila di tre iwān. L'edificio era verisimilmente diviso in una parte pubblica e in una privata, la prima composta da un'ampia corte aperta delimitata da un corridoio, la seconda da piccoli ambienti disposti attorno a un peristilio, secondo uno schema che richiama in parte un tipo di abitazione attestato ad Ai Khānum (Afghanistan). È stata messa in dubbio anche la restituzione degli ambienti del santuario della fase seleucide del tempio successivamente dedicato a Zeus Mègistos (probabilmente in origine Zeus Olympios), interpretati come ambienti a iwān, poiché tutti gli iwān identificati e datati con sicurezza compaiono in un'epoca più tarda (non prima del I sec. a.C.) e più a oriente. Nello stesso tempo l'affinità tipologica della fase ellenistica di questo tempio con i due templi scoperti ad Ai Khānum indica la creazione di un/nuovo stile architettonico per le colonie seleucidi, che univa forme greche, mesopotamiche e in alcuni casi achemenidi, e che dava ampio spazio alle varianti locali.
Un importante obiettivo della missione franco-siriana è costituito dalla chiarificazione della cronologia delle fortificazioni. Nuovi sondaggi indicano che le mura della città furono costruite in pietra già nel periodo ellenistico. La conquista partica (c.a 113 a.C.) interruppe i lavori prima del completamento del tratto Ν del lato O delle mura, che perciò rimase in mattoni crudi fino alla fine della vita della città. Questo tratto fu probabilmente danneggiato durante un attacco romano sotto Lucio Vero e rinforzato all'interno. Le testimonianze numismatiche datano al regno di Alessandro Severo il secondo e ultimo rafforzamento in mattoni crudi. Sono necessari però altri sondaggi per chiarire definitivamente il problema delle diverse fasi delle fortificazioni.
La recente riconsiderazione delle scarse testimonianze di una presenza sasanide nella città non convalida l'ipotesi proposta da Rostovtzeff che la città sia stata utilizzata come base militare sasanide per breve tempo dopo la conquista del 256 d.C. Questi pochi resti sono invece oggi visti come la testimonianza di una prima conquista sasanide della città, forse già nel 252 e quindi nel 253 d.C., seguita da una nuova occupazione romana fino alla caduta della città nel 256. Il seppellimento di un tesoretto di sei monete con la data terminale del 253 indica disordini in quell'anno. Un dipinto incompleto in una casa è stato a lungo interpretato come la raffigurazione di una vittoria persiana sui Romani. L'ipotesi che i vincitori siano Sasanidi piuttosto che Parti si basa principalmente su alcuni dettagli quali il panneggio ondeggiante dei pantaloni dei cavalieri e le ampie nappe al di sotto dei corpi dei cavalli; sfortunatamente la lettura delle iscrizioni pahlavī rimane dubbia. Una lettura degli òstraka sasanidi dal palazzo del Dux Ripae, secondo la quale sono menzionati un satrapo, un tesoriere e diversi scribi, potrebbe indicare che questa ipotetica occupazione abbia avuto un carattere ufficiale.
Vita religiosa. - Recenti studi hanno chiarito il quadro dell'architettura religiosa della città. Solo due sono i templi risalenti al periodo seleucide fin qui scoperti, quelli di Artemide e di Zeus Olỳmpios (Mègistos). Sembra accertato che attorno alla metà del I sec. a.C. si sia verificato un importante mutamento nel carattere dell'architettura religiosa. Un naìskos di Artemide e di Apollo, di tipo verisímilmente greco, fu abbattuto prima di essere completato, per essere sostituito da un tempio a corte di tipo babilonese, datato da un'iscrizione agli anni tra il 40 e il 32 a.C. circa. Tutte le iscrizioni ufficiali del tempio nominano la dea Artemide, e l'identificazione con Nanaia proposta da Cumont si basa su un graffito. Verso la fine del I sec. a.C. il pronao fu trasformato in uno spazio teatrale in cui sedevano le donne dell'aristocrazia cittadina. Tali spazi teatrali, di derivazione siriaca, sono propri di templi dedicati a divinità femminili (Artemide, Atargatis e «Artemide la dea chiamata Azzanathkona»). Con poche eccezioni, i templi costruiti in questo periodo, in genere dedicati a divinità semitiche, appartengono al tipo babilonese a corte, caratterizzato da numerose cappelle e in genere fornito di torri, reali o simboliche. Colpisce il fatto che una pianta di derivazione babilonese sembra affermarsi per la prima volta in un tempio dedicato alla dea dei coloni macedoni. Le iscrizioni e i graffiti indicano che tutti gli strati della popolazione partecipavano a servizi religiosi in questi templi.
Lo studio di Cumont sul Mitreo di D., pubblicato postumo, avanza l'ipotesi che esso rifletta una forma di culto propria della Siria e deviante da una (ipotetica) ortodossia. Il fatto che i due successivi rilievi di culto siano stati dedicati da membri della XX coorte palmirena (Ethpeni nel 168 d.C., Zenobios-Eiaeibas nel 170/71 d.C.) indicherebbe, secondo Cumont, che il culto di Mitra sia giunto a D. da Palmira. Il mitraismo non è però attestato a Palmira, e sembra più probabile che i dedicanti si siano iniziati al culto nel corso del loro servizio militare. Nelle forme architettoniche e nella decorazione, infatti, il Mitreo riflette le stesse pratiche di culto attestate nelle province occidentali dell'impero romano.
Arte. - Il processo creativo e i presunti archetipi delle scene bibliche che decorano la Sinagoga non sono ancora stati compresi appieno, e manca una risposta definitiva al problema del programma figurativo nel suo complesso.
Recenti studi hanno messo in dubbio la loro derivazione da illustrazioni di manoscritti, individuando invece i modelli nella pittura monumentale: nessuno dei manoscritti illustrati adatti a rappresentare un modello iconografico per le pitture della Sinagoga è infatti anteriore a esse, e le semplici illustrazioni sui rotoli di papiro non sarebbero state sufficienti. L'ipotesi che vede la fonte di ispirazione in pitture monumentali è avvalorata anche da uno studio sull'uso dei costumi, da cui risulta che gli artisti tennero presenti tipi di personaggi e costumi di opere d'arte non giudaiche a loro note. Questa interpretazione negherebbe, contrariamente alle ipotesi di Kraeling e soprattutto di Goodenough, un simbolismo coerente nei costumi indossati dai personaggi nella Sinagoga.
Le ipotesi dell'ormai classico studio di Rostovtzeff Dura and the Problem of Parthian Art sono ancora sotto esame. La mancanza di testimonianze datate nei territori originali del regno partico impedisce di appurare se sia esistito un vero e proprio stile partico, di cui D. rappresenterebbe un riflesso provinciale, o se al contrario l'arte partica non abbia mai avuto un suo nucleo centrale.
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Altre opere: C. Β. Welles, The Gods of Dura-Europos, in Beiträge zur alten Geschichte und deren Nachleben. Festschrift für Franz Altheim, II, Berlino 1970, pp. 50-65; J. Gutmann (ed.), The Dura-Europos Synagogue. A Reevaluation (1932-1972), Missuola 1973; A. L. Perkins, The Art of DuraEuropos, Oxford 1973; F. Cumont, The Dura Mithraeum, in J. R. Hinnels (ed.), Mithraic Studies. Proceedings of the First International Congress of Mithraic Studies, Manchester 1971, Manchester 1975, pp. 151-214; S. B. Downey, 'Temples à escaliers'. The Dura Evidence, in CalifStClAnt, IX, 1976, pp. 21-39; ead., Syrian Images of Mithras Tauroctonos, in Etudes mithriaques (Acta Iranica, Ia s., IV), Leida 1978, pp. 135-149; C. Hopkins, The Discovery of Dura-Europos, New Haven-Londra 1979; B. Goldman, A. M. G. Little, The Beginning of Sasanian Painting and Dura-Europos, in IrAnt, XV, 1980, pp. 283-298; S. B. Downey, Two Buildings at Dura-Europos and the Early History of the Iwan, in Mesopotamia, XX, 1985, pp. 111-129; A. Allara, Domestic Architecture at Dura-Europos, ibid., XXI, 1986, pp. 67-76; P. Leriche, Doura-Europos grecque, parthe et romaine, ibid., pp. 57-65; P. Leriche, O. Callot, Observations sur les remparts de brique crue d'Aï Khanoum et de Doura Europos, in P. Leriche, H. Tréziny (ed.), La fortification dans l'histoire du monde grec. Actes du Colloque International, Valbonne 1982, Parigi 1986, pp. 286-298; D. MacDonald, Dating the Fall of Dura Europos, in Historia, XXXV, 1986, pp. 45-68; P. Leriche, A. Mahmoud e altri, Le site de Doura-Europos. État actuel et perspectives d'action, in Syria, LXIII, 1986, pp. 5-25; S. B. Downey, The Citadel Palace at Dura-Europos, ibid., pp. 27-37; A. Allara, Les maisons de Doura-Europos. Questions de typologie, ibid., pp. 39-60; P. Leriche, Chronologie du rempart de brique, crue de Doura-Europos, ibid., pp. 61-82; Ch. Augé, Note sur les monnaies de Doura-Europos 1984, ibid., pp. 83-84; R. Rebuffat, Le bouclier de Doura, ibid., pp. 85-105; S. James, Evidence from Dura Europos for the Origins of Late Roman Helmets, ibid., pp. 107-134; P. Arnaud, Doura-Europos, microcosme grec ou rouage de l'administration arsacide?, ibid., pp. 135-155; J.-Ch. Balty, Apamée (1986): nouvelles données sur l'armée romaine d'Orient et les raids sassanides du milieu du IIIe siècle, in CRAI, 1987, pp. 213-241; S. B. Downey, Mesopotamian Religious Architecture: Alexander through the Parthians, Princeton 1988; F. Grenet, Les Sassanides à Doura-Europos (253 ap. J.C.), in Géographie historique au Proche Orient. Actes de la Table ronde, Valbonne 1985, Parigi 1988, pp. 133-158; P. Leriche, A. Mahmoud, Doura Europos, in L'archéologie française en Syrie, Damasco 1988, pp. 121-126; P. Leriche (ed.), Doura-Europos, Études 1988 (Institut français d'archéologie du Proche-Orient, Publications hors série, 17), Parigi 1988; J.-M. Dentzer, W. Orthmann (ed.), Archéologie et histoire de la Syrie, II, La Syrie de l'époque achéménide à l'avènement de l'Islam, Saarbrucken 1989; Κ. Weitzmann, H. L. Kessler, The Frescoes of the Dura Synagogue and Christian Art (Dumbarton Oaks Studies, 28), Washington 1990.