duolo (dolo)
Dal latino medievale dolus; è sinonimo di " dolore ", con cui si alterna risultando meno frequente (per questa minoranza statistica vanno tenuti presenti, tra gli altri, due motivi in certo modo determinanti: d. è presente solo in poesia, e non esprime mai la sofferenza fisica). Nel senso indeterminato di " dolore " è attestato in Pd VI 66 Farsalia percosse / sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo (generalmente, s'intende che la morte di Pompeo sia dolorosa ripercussione della vittoria di Cesare; ma l'interpretazione non è delle più agevoli, come dimostrano anche le varianti del testo - v. Petrocchi, ad l. -; il Chimenz confessa di " non trovare una spiegazione letterale soddisfacente " e non accetta il valore partitivo di del proposto dallo Scartazzini; il Bacci giustifica il dolore " non tanto per la morte trovata in Egitto da Pompeo a cagione del tradimento di Tolomeo, quanto, e più, per la guerra portatavi poi da Cesare "; cfr. Lett. ant.); così in Fiore CXXIV 13. Significa sofferenza morale in If IV 43 Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi (questo sentimento doloroso resterà vivo, e non solo riguardo a Virgilio, nella coscienza del pellegrino: bene nota il Pietrobono che la sorte degl'infedeli virtuosi del Limbo " suscita in D. il dubbio più tormentoso, col quale, sarà bene osservare, si apre e si chiude la parte dottrinale della Commedia. Vedi Par. XXXII 49 e sgg. ").
Significa la contrizione del pentito in Pg XXX 108 m'intenda colui che di là piagne, / perché sia colpa e duol d'una misura, o è riferito a spiriti infernali esclusi dai martìri, quali i limbicoli, in If IV 28 Quivi... / non avea pianto mai che di sospiri / che l'aura etterna facevan tremare; / ciò avvenia di duol sanza martìri (ai vv. 41-42 si precisa che al desiderio dei limbicoli di salire al cielo non corrisponde alcuna speranza che esso si attui: sul grado di siffatta sofferenza si veda la lettura di A. Renaudet e S.A. Chimenz [Roma 1954, pp. 6-7], dove si tende a riconoscere nel verso 42, che M. Rossi definisce " tormentato " e " disperato " [Gusto filologico e gusto poetico, Bari 1942, 77 e 80], non più che " una dolente, ma composta e consapevole rassegnazione ", che poi per gli spiriti raccolti nel nobile castello scompare in una " esistenza nobile e severa, nient'affatto luttuosa "; se ne veda la recensione in " Nuova Antologia " VIII [1955] 587 ss.).
Significa invece la sofferenza insieme fisica e morale derivante dalla pena, in If III 33 che gent'è che par nel duol sì vinta? (qui ha forse un tono particolare, per essere gl'ignavi lasciati fuori dell'Inferno, non dannati ma invidiosi di ogni altra sorte; il Momigliano annota: " nel duol: più forte che dal duol "); XVII 46 Per li occhi fora scoppiava lor duolo; XXVIII 110, XXXIII 95 e 113, Pg VII 111. In If IX 111 veggio ad ogne man grande campagna, / piena di duolo e di tormento rio, può spiegarsi sia come sofferenza infernale che come lamento per la sofferenza; con quest'ultimo significato è attestato in VIII 65 ma ne l'orecchie mi percosse un duolo, e XIV 27.
Esprime quindi la pena della pietà, in Pg XVI 64 Alto sospir, che duolo strinse in " hui! "; e il danno da cui nasce il dolore, in If XXI 132 con le ciglia ne minaccian duoli, e Pd XIX 118.
Nella Vita Nuova ambedue le attestazioni sono legate al rapporto amore-morte: in VIII 5 4 Amor sente a Pietà donne chiamare, / mostrando amaro duol per li occhi fore, / perché villana Morte in gentil core / ha miso il suo crudele adoperare, per la morte della giovane donna che talvolta s'era accompagnata a Beatrice; e in XXIII 28 80 Poi mi partìa, consumato ogne duolo, per il presagio della morte di Beatrice.
Esprime ancora il travaglio amoroso, in Rime CXVI 5 dammi savere a pianger come voglia, / si che 'l duol che si snoda / portin le mie parole com'io 'l sento, dove si propone come tema della canzone montanina: un'angoscia che non spera conforto dalla nimica figura, che rimane / vittoriosa e fera (vv. 31-32), o dalla pietà altrui (non donne qui, non genti accorte / veggio, a cui mi lamenti del mio male, vv. 67-68). Così anche in Rime XLIV 11, nella forma ‛ dolo ': chi ama, / se non è amato, lo maggior dol porta.