duodecimo
Ricorre due volte sole, nel Convivio. La prima volta in II III 4 Ancora credette [Aristotele] che lo cielo del Sole fosse immediato con quello de la Luna, cioè secondo a noi. E questa sua sentenza così erronea può vedere chi vuole nel secondo De Celo et Mundo... Veramente elli di ciò si scusa nel duodecimo de la Metafisica. La citazione è del tutto regolare. Infatti, il libro XII contiene la grande sintesi finale dello Stagirita. La seconda occorrenza è in II VIII 10 Ciascuno è certo che la natura umana è perfettissima di tutte l'altre nature di qua giù; e questo nullo niega, e Aristotile l'afferma, quando dice nel duodecimo de li Animali che l'uomo è perfettissimo di tutti li animali. Il periodo solleva alcune difficoltà. Anzitutto, poiché Aristotele ha scritto 10 libri sulla Storia degli Animali, 4 sulle Parti degli Animali e 5 sulla Generazione degli Animali, ci si domanda a quale libro esattamente D. si riferisca. Questa prima difficoltà viene risolta in modo soddisfacente dal Toynbee (p. 247), il quale afferma che D. usava una collezione di libri Degli Animali in cui i 10 libri di Historia erano preceduti dai 4 De Partibus. Così D., citando il libro Xll, si sarà riferito all'ottavo libro De Historia, in cui effettivamente si ragiona della specie umana. Sennonché le parole citate da D. (l'uomo è perfettissimo di tutti li animali) sembrano proprio essere tolte dal c. I del libro IX, dove si legge: " hic enim natura perfectissima est ". Per risolvere questa seconda difficoltà occorre supporre che, poiché nei codici i numeri erano spesso in lettere romane (si veda a questo proposito il testo critico di VE II IV 1, VIII 8), si debba leggere XIII anziché XII, essendo poi facile l'omissione di un ‛ I '.
La forma d. è dotta, latineggiante. Infatti, nella Vita Nuova e nel Convivio, D. da uno a venti usa ordinali dotti, da venti in su forme popolari. Un'unica eccezione è costituita dal vigesimo secondo di Cv IV VII 9. Ma trattandosi di una citazione dell'Antico Testamento, ben si comprende l'uso dell'ordinale dotto. Del resto in Cv IV XXVI 5, in un passo che è un semplice rimando a un capitolo precedente, si ha regolarmente ventiduesimo. Nella Commedia D. usa invariabilmente forme popolari e spesso forme sincopate, anche fuori rima (Pd XXIII 58, XXVII 143).
Bibl. - P. Toynbee, D. Studies and Researches, Londra 1902.