duello
Due contendenti si affrontano
Il duello è un combattimento ad armi pari tra due contendenti che si sfidano per vendicare un torto subito. Dimostrazione di coraggio, valore e spavalderia, ma anche sfida per vendicare le offese subite, il duello è una forma di competizione nata con l'uomo. Un mezzo rapido e violento per risolvere una contesa. Nell'Europa tra il Cinquecento e l'Ottocento il duello conobbe una certa diffusione; nel corso del Novecento la pratica del duello, condannata per motivi morali e giuridici, oltre che per la sua crudeltà, fu definitivamente abbandonata
Quanti duelli popolano la nostra storia e la letteratura! Il duello biblico di Davide contro Golia, il gigante che nessuno osava affrontare e che fu sconfitto dal giovane Davide armato solo di fionda e di pietre. I duelli degli eroi omerici: Ettore e Aiace, Menelao e Paride, Ettore e Achille. Combattimenti feroci tra eroi che vogliono affermare il proprio valore. La sfida leggendaria tra Orazi e Curiazi: rispettivamente tre gemelli romani e tre gemelli di Alba Longa che si batterono all'epoca di Tullio Ostilio (7° secolo a.C.) per decidere le sorti della guerra tra Roma e Alba Longa. Il triplice duello si risolse con la vittoria di uno dei tre Orazi che, rimasto solo, riuscì a uccidere i Curiazi. I sei campioni dell'antichità combattevano in rappresentanza del loro esercito e del loro popolo per mettere fine alla guerra.
Tutti gli eroi che abbiamo appena ricordato affrontavano il duello come fosse una gara di coraggio, di valore e di abilità militare. Le popolazioni germaniche, invece, consideravano il duello un mezzo per decidere le controversie giudiziarie. Il duello non era motivato da desiderio di vendetta o slancio eroico, ma era lo strumento per risolvere le contese e i Germani attribuivano al risultato del duello valore di prova. Era il giudizio di Dio che si manifestava nel duello: le divinità, infatti, non avrebbe permesso a un colpevole di risultare vittorioso.
Nei tornei medievali i cavalieri si sfidavano a singolar tenzone, un combattimento uno contro uno, per il cuore di una donna. Nell'Europa tra Cinquecento e Ottocento si ricorreva al duello per vendicare il proprio onore offeso. Secondo questa logica, infatti, per un cavaliere o un gentiluomo vi sono offese che la legge non può punire, ma che un uomo d'onore deve vendicare per salvaguardare la sua dignità. Il carattere assolutamente soggettivo della valutazione del torto subito, sempre che di un torto si trattasse, e il carattere spesso litigioso e arrogante della nobiltà europea fecero sì che anche la più banale delle offese potesse diventare pretesto per un duello. Già nel Cinquecento i re francesi intervennero con pene durissime per eliminare la pratica del duello e la Chiesa cattolica condannò alla scomunica duellanti, testimoni e spettatori di tali combattimenti. Agli uccisi in duello era anche negata la sepoltura in terra consacrata.
Nel corso del Cinque e Seicento i due sfidanti combattevano con le spade alla presenza di amici e testimoni e non era escluso che anche questi ultimi si mettessero a duellare. Un po' alla volta, però, le diverse fasi di un duello, dalla sfida al combattimento vero e proprio, cominciarono a seguire una determinata procedura. La sfida veniva lanciata pubblicamente, spesso attraverso il cosiddetto guanto di sfida, ossia toccando leggermente con il guanto il volto di colui che si intendeva sfidare. Fatto questo, l'offeso sceglieva due padrini che insieme ai padrini del presunto offensore cercavano una conciliazione tra gli sfidanti. Se non si raggiungeva un accordo, si arrivava al duello.
Al combattimento, che generalmente avveniva alle primissime ore del giorno e in luoghi segreti per evitare di essere scoperti, assistevano i padrini dell'offeso e dell'offensore. Le armi erano la pistola, la spada e la sciabola. Spettava ai padrini stabilire le norme e le tecniche del combattimento: se sparare da fermi o camminando, se la spada dovesse essere legata o meno alla mano. Anche l'abbigliamento non era casuale: in abito nero e con il bavero rialzato per i duelli alla pistola; in camicia priva della manica destra per quelli alla spada; a torso nudo alla sciabola.
Tra Ottocento e Novecento si cominciò a diffondere in tutti i paesi europei una forte reazione contro la pratica del duello. Accanto a una legislazione sempre più restrittiva, nacquero un po' ovunque numerose associazioni antiduellistiche che si battevano contro un'usanza ancora molto diffusa che portava alla morte molti giovani. In Germania, per esempio, il duello era una pratica frequente tra gli studenti universitari che dovevano così dare prova del loro coraggio rischiando la morte o, se si era fortunati, l'espulsione dall'università.
Considerato ormai inaccettabile da un punto di vista morale per la sua insensatezza e crudeltà, il duello andò scomparendo dalla società europea.
Verso la fine dell'Iliade, il poema attribuito a Omero che racconta la guerra di Troia, il greco Achille e il troiano Ettore si sfidano in un duello all'ultimo sangue. Racconta l'Iliade che Ettore ha ucciso in combattimento Patroclo, lo "scudiero di Achille" e quest'ultimo vuole vendicare l'amico morto. I due eroi sono di fronte e combattono ferocemente. Achille vuole colpire Ettore lì dove il suo corpo è più indifeso, ma il troiano indossa una splendida armatura: "le belle armi che aveva tolto al forte Patroclo, dopo averlo ucciso. Solo era nudo dove le clavicole separano il collo dalle spalle, alla gola. Qui si perde subito la vita. In quel punto il grande Achille con la lancia lo colpì mentre gli veniva contro, all'assalto: da parte a parte la punta passò attraverso il collo delicato". Morto Ettore, Achille farà scempio del suo cadavere trascinandolo nella polvere attaccato per i piedi al suo carro.
Appena arrivato a Parigi dalla provincia, il giovane d'Artagnan s'imbatte nei tre moschettieri: Athos, Porthos e Aramis. Per una serie di piccoli equivoci tutti e tre lo sfidano a duello: Athos a mezzogiorno, Porthos all'una e Aramis alle due! Arrivato al suo primo appuntamento si accorge che Porthos e Aramis sono i padrini del suo primo sfidante. Alexandre Dumas, l'autore del romanzo I tre moschettieri (1844), descrive con ironia l'incontro tra i quattro. Pronto a combattere, d'Artagnan sfodera la spada ma proprio in quel momento arrivano le guardie del cardinale Richelieu. I duelli sono proibiti e tutti e quattro rischiano l'arresto. Ma la situazione si capovolge e il giovane d'Artagnan si allea con i moschettieri per sfidare le guardie. Sguainate le spade inizia il combattimento che cementerà l'amicizia di d'Artagnan, Porthos, Athos e Aramis.
Il grande poeta russo Aleksandr S. Puškin morì nel 1837 a Pietroburgo: era stato ferito mortalmente in duello dal presunto amante della moglie, che Puškin aveva sfidato per difendere il suo onore. Nella sua opera più celebre, il romanzo in versi Evgenij Onegin (1833), Puškin aveva descritto con parole amare le terribili conseguenze di un duello che veniva spesso affrontato dagli sfidanti con leggerezza e spavalderia. Il giovane Onegin, infatti, uccide in duello il suo amico Lienskij che lo aveva sfidato per gelosia. Di fronte all'amico ucciso, Onegin è disperato:
"Se poi dalla vostra pistola/Un giovane amico è colpito/
Che vi abbia con una parola/O con lo sguardo insolentito/
O in altro, essendo un po' bevuto,/O che abbia all'ira ceduto/
Sfidandovi a combattimento,/Ditemi: quale sentimento/
Di voi allora s'impadronisce/Che esanime a terra di colpo/
Lui è lì, con la morte in volto,/E pian piano s'irrigidisce,/
E sordo e muto è diventato/Al vostro appello disperato?".