Due soldi di speranza
(Italia 1951, 1952, bianco e nero, 95m); regia: Renato Castellani; produzione: Sandro Ghenzi per Universalcine; soggetto: Renato Castellani, Ettore M. Margadonna; sceneggiatura: Renato Castellani, Titina De Filippo; fotografia: Arturo Gallea; montaggio: Jolanda Benvenuti; musica: Alessandro Cicognini.
A Cusano, un paese nei dintorni di Napoli alle pendici del Vesuvio, Antonio Catalano è l'unico sostegno di una famiglia numerosa. Tornato a casa dopo il servizio militare, riesce a trovare soltanto qualche lavoretto occasionale. Carmela, figlia di una coppia benestante del paese, gli ronza intorno fino a farlo innamorare. Il padre di Carmela, pirotecnico del paese, potrebbe offrire un lavoro ad Antonio, ma di fronte alla sua povertà, nel tentativo di evitare che il giovane faccia la corte alla figlia, glielo rifiuta. Una delle sorelle di Antonio viene sedotta da un ricco proprietario terriero. Per evitare il dramma familiare, il parroco del paese offre ad Antonio un lavoro come aiuto sacrestano, in modo che il giovane possa guadagnare il denaro necessario alla dote della sorella. Per aumentare le proprie entrate, Antonio, che sogna di sposare Carmela ed è deciso a vincere le resistenze del padre della ragazza, di notte si reca a Napoli e affigge sui muri della città i manifesti del partito comunista. Quando il parroco lo scopre, Antonio viene licenziato. Il padre di Carmela si ostina a negare il proprio consenso al matrimonio. Antonio riesce a provocare la collera dell'uomo e infine, allontanata Carmela dai genitori, la porta via con sé e la spoglia sulla spiaggia del paese perché non vuole nulla che provenga dalla sua famiglia natale: la giovane coppia si accontenta di 'due soldi di speranza' per affrontare il futuro. Gli abitanti del paese prendono allora le loro difese e festeggiano con doni il matrimonio.
Mentre era alla ricerca del protagonista di È primavera... (1950), Renato Castellani conobbe un giovane napoletano, Antonio Celentano, che stava facendo il servizio militare a Roma. È attraverso questo ragazzo che il regista scoprì un'umanità meridionale la cui unica speranza era quella di 'sopravvivere', senza alcuna ambizione e grazie a una vitalità elementare, fatta di noncuranza nei confronti del futuro e tesa alla soddisfazione delle necessità immediate. L'idea di realizzare Due soldi di speranza nacque da questo incontro. Lavorando a partire dalle testimonianze del giovane, Castellani elaborò una prima sceneggiatura che venne progressivamente arricchita concedendo sempre più spazio a una figura femminile complementare a quella del protagonista: Carmela rappresenta il desiderio quasi fisiologico di andare avanti, di procreare, di affrontare le difficoltà con un'innata abilità nel superarle, senza alcuna prospettiva storica né istinto di gruppo, ma con un atteggiamento individualista che esclude ogni spirito di rivendicazione politica. Per interpretare i ruoli di Antonio e di Carmela, Castellani scelse due attori non professionisti: Vincenzo Musolino faceva il pescatore a Napoli, mentre Jolanda di Fiore ‒ che diventerà poi Maria Fiore ‒ viveva con i genitori al Quarticciolo, quartiere popolare di Roma. Parlando dell'atmosfera in cui avvenne la ricerca dei due non-attori, Marie-Claire Solleville, assistente di Castellani, ricorda: "Abbiamo visitato tutte le scuole, tutte le botteghe, tutti i campi di sfollati. Abbiamo passato le domeniche alle porte delle chiese per vedere le ragazze che entravano. Abbiamo frequentato i mercati, le fiere, i luna-park. Davanti ai nostri occhi sono passati migliaia di volti".
Due soldi di speranza esplora il filone populista spostando i criteri del neorealismo ‒ ambientazioni reali, attori non professionisti, sceneggiatura ispirata alla cronaca quotidiana ‒ verso una commedia di costume piena di tenerezza: Antonio e Carmela sono i commoventi e divertenti protagonisti di un'avventura sentimentale che per freschezza e spontaneità avrebbe fatto scuola. Pane amore e fantasia (1953) e Pane amore e gelosia (1954) di Luigi Comencini ‒ ai quali collabora anche Ettore M. Margadonna ‒ uscirono sulla scia del film di Castellani. Con Due soldi di speranza irrompe sugli schermi una sorta di esuberante vitalità meridionale, di cui il film sottolinea la qualità spettacolare grazie anche ai racconti di Antonio Celentano e al contributo di Titina De Filippo (che ne revisionò i dialoghi in 'napoletano universale'). I numerosi lavori di Antonio ‒ addetto al trasporto da una cabina all'altra delle bobine di un film proiettato simultaneamente in tre sale (gag che verrà ripresa in Nuovo Cinema Paradiso), donatore di sangue, autista d'autobus, carrettiere occasionale per aiutare gli animali da tiro a inerpicarsi per i sentieri troppo ripidi, attacchino, aiuto sacrestano ‒ così come le strategie amorose di Carmela, che vuole attirare l'attenzione di un ragazzo che all'inizio non la guarda nemmeno, tanto sembra una bambina, forniscono materiale per nuovi sviluppi della vicenda e sono occasioni di confronto con una società di adulti dominata dalla miseria o dall'avidità. Così, nonostante la ricerca di un ritmo brioso tipico della commedia, Due soldi di speranza è un'opera amara, che non elude nessuno dei problemi di un mondo contrassegnato dal sottosviluppo sociale e culturale. Palma d'oro al Festival di Cannes nel 1952.
Interpreti e personaggi: Maria Fiore (Carmela Artu), Vincenzo Musolino (Antonio Catalano), Filomena Russo (madre di Antonio), Luigi Astarita (Pasquale Artu, padre di Carmela), Felicita Lettieri (signora Artu), Luigi Barone (sacerdote), Alfonso Del Sorbo (sacrestano), Carmela Cirillo (Giulia), Gina Mascetti (Flora Angelini, proprietaria del cinema), Tommaso Balzano (Luigi Bellomo), Anna Raiola (signora Bellomo), Giovanni Di Sarno, Gioacchino Morrone, Luigi Cutino, Pasqualina Izza, Antonio Balzano, e altri abitanti di Boscotrecase e Torre Annunziata.
R. Kahane, D'amour et d'eau fraîche, in "Positif", n. 5, 1952.
G. Sala, Intorno a 'Due soldi di speranza', in "Bianco e nero", n. 4, aprile 1952.
L. Chiarini, Esuberanze di Carmela e sette peccati capitali, in "Cinema", n. 86, 15 maggio 1952.
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G. Aristarco, Un exemple d'humanité, in "Cahiers du cinéma", n. 14, juillet-août 1952.
S. Trasatti, Renato Castellani, Firenze 1984.
M.-C. Solleville, C'est toi qui a traduit ça?, Annecy 1994.