Duck Soup
(USA 1933, La guerra lampo dei fratelli Marx, bianco e nero, 72m); regia: Leo McCarey; produzione: Benjamin P. Schulberg per Paramount; sceneggiatura: Bert Kalmar, Harry Ruby, Arthur Sheekman, Nat Perrin; fotografia: Henry Sharp; montaggio: LeRoy Stone; scenografia: Hans Dreier, Wiard B. Ihnen; musica: Arthur Johnston, Bert Kalmar, Harry Ruby.
L'immaginaria città-stato di Freedonia (europeizzazione di 'Land of Freedom') è in preda a una grave crisi economica. Il governo chiede l'intervento della vedova miliardaria Mrs. Teasdale per salvare la delicata situazione. La ricca signora è disposta a concedere un prestito di venti milioni di dollari, ma pone come condizione che venga nominato primo ministro lo stravagante Rufus T. Firefly, per il quale ha un debole evidente. Trentino, ambasciatore della città rivale Sylvania, organizza un complotto per annettere lo stato vicino e utilizza le spie Pinky e Chicolini senza rinunciare all'idea di conquistare Mrs. Teasdale, che egli si augura delusa dalle strampalate esperienze di governo di Firefly. Nonostante i ripetuti tentativi di pacificazione, le offese di Firefly a Trentino provocano la guerra. Pinky e Chicolini, che nel frattempo sono stati assunti dal nuovo primo ministro di Freedonia rispettivamente come autista di fiducia e ministro della guerra, entrambi travestiti da Firefly si introducono nella casa di Mrs. Teasdale, nella cui cassaforte sono nascosti i piani bellici, ma l'inevitabile confusione finisce per far fallire il piano. Il conflitto si scatena. Asserragliati in una fattoria, Firefly, Mrs. Teasdale, ma anche Pinky e Chicolini ‒ che hanno più volte cambiato campo ‒ sono colpiti dal fuoco nemico. Lo scontro è marcato da numerosi malintesi, tanto che Firefly spara sulle proprie truppe. La fine è vicina, ma Pinky e Chicolini riescono fortunosamente a catturare Trentino rovesciando gli esiti della guerra: Mrs. Teasdale intona l'inno di Freedonia, ma la sua retorica è prontamente castigata.
Sicuramente il più noto e il più amato tra i film dei Marx, Duck Soup è anche uno dei film di culto della storia del cinema, indicato a insuperabile modello da molti al di qua (innanzitutto i circoli surrealisti) e al di là dell'oceano. Potente e inimitabile sberleffo al potere ed eclatante frantumazione delle sue norme e consuetudini, il film mescola suggestioni grottesche alla Ubu re con le follie verbali di Carroll, ma soprattutto eleva la filosofia dell'incongruo e della bêtise, già praticata dai fratelli nel vaudeville e nei primi film, a regola aurea.
Ultima pellicola alla Paramount (l'anno seguente i Marx Brothers sarebbero finiti alla corte di Thalberg alla MGM), Duck Soup è per ideazione e costruzione di gran lunga la più libera, la più folle e la più imprevedibile tra le tredici interpretate dai Marx. Molto si deve alla presenza di Leo McCarey, unico regista di grande prestigio a fermarsi (non senza difficoltà) alla loro corte. Per la prima volta l'intelaiatura marxiana s'innesta infatti sulla struttura di una vera commedia. McCarey, pur senza ridisegnare i ruoli dei fratelli, costruisce un nuovo equilibrio tra immagine e parola e ne fa la fonte di una comicità caustica e irriverente trasformando un ordine nato come teatrale-sonoro in un disegno di esemplare compiutezza cinematografica. Paradigmatiche sono in questo senso le sequenze del venditore ambulante beffato da Harpo e Chico e dello specchio dove due Firefly rincorrono la propria immagine nel gioco della rifrazione umana.
In Duck Soup l'irruenza dei Marx per la prima volta non si trova a fronteggiare personaggi i cui comportamenti rinviano a qualcos'altro, ma gioca direttamente con i Grandi Valori e i Grandi Momenti: il potere, la cosa pubblica, la fedeltà, la politica, la giustizia, la guerra, la vittoria, l'amore patrio. Al posto dello scardinamento dei codici e del disconoscimento delle regole di una realtà circoscritta come la villa lussuosa (Animal Crackers, Victor Heerman 1930), il transatlantico (Monkey Business, Norman Z. McLeod 1931), il college (Horse Feathers, Norman Z. McLeod 1932), si ha qui la svalorizzazione sistematica delle istituzioni politiche e militari trascinate in un processo di generale regressione. A essere messe a soqquadro in un rabelaisiano e coinvolgente rovesciamento sono le basi stesse del cosiddetto vivere civile (come mostrano le sequenze del consiglio dei ministri e del processo) e genialmente è proprio la diplomazia con i suoi estenuanti rituali a far scoppiare la guerra invece di evitarla. Proprio perché richiede un alto tasso di rigidità, la guerra diventa il terreno ideale per una irripetibile esercitazione marxiana (i fratelli non solo sono parte e controparte ma sono anche tutte le parti possibili; attraverso la storia sono confederali e nordisti, napoleonici e austroungarici, il capitano Grant e Davy Crockett). Significativo il finale del film dove ogni possibile retorica militare viene sopita da un superbo esercizio di retorica comica. Al film collaborarono, insieme agli abituali sceneggiatori Bert Kalmar e Harry Ruby, autori anche delle musiche (tra cui spicca Freedonia's Going to War), anche i gagmen Arthur Sheekman e Nat Perrin.
Interpreti e personaggi: Groucho Marx (Rufus T. Firefly), Harpo Marx (Pinky), Chico Marx (Chicolini), Zeppo Marx (Bob Roland), Margaret Dumont (Mrs. Gloria Teasdale), Raquel Torres (Vera Marcal), Louis Calhern (ambasciatore Trentino), Edgar Kennedy (venditore ambulante), Edmund Breese (Zander), Verna Hillie (segretaria di Trentino), Leonid Kinsky (agitatore), George MacQuarrie (primo giudice), Edwin Marxwell (ministro della Guerra), Charles B. Middleton (procuratore), William Worthington (ministro delle Finanze), Fred Sullivan (secondo giudice), Eric Mayne (terzo giudice), Davison Clark (secondo ministro delle Finanze).
Bige., Duck Soup, in "Variety", November 28, 1933.
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