GIROLAMAOrsini, duchessa di Parma e Piacenza
Nacque, probabilmente a Pitigliano, intorno al 1503 da Ludovico conte di Pitigliano e da Giulia Conti, del ramo Monte Alarico.
Nel 1513 il cardinale Alessandro Farnese, il futuro papa Paolo III, la chiese in sposa per il suo primogenito, Pier Luigi; alla stipula dei capitoli nuziali, il 26 marzo, gli sposi non erano presenti perché ancora in minore età.
Il contratto fissava una dote di 9000 ducati e non comprendeva benefici feudali. L'unione fu decisa secondo le consuete alleanze matrimoniali farnesiane: già nel secolo precedente più volte erano stati celebrati matrimoni tra componenti delle due famiglie. Anche il primogenito Angelo Farnese - destinato a reggere le sorti della famiglia ma morto prematuramente nel 1494 -, era stato sposato alla sorella di Ludovico Orsini. Intorno alla data del matrimonio, il 15 genn. 1519, avendo G. ricevuto quanto le spettava della dote, rinunciò ai diritti sui beni della sua famiglia. Per l'occasione Baldassarre Molosso da Casalmaggiore, precettore di Pier Luigi, compose due poemetti, In nuptiis Petri Aluisii Farnesii et Hieronymae; lo stesso poeta cantò in un altro componimento la nascita del primogenito maschio, Alessandro.
La coppia trascorse i primi anni di matrimonio nel palazzo di Valentano, sul lago di Bolsena, dove nacquero i loro cinque figli: Vittoria, probabilmente nel 1519, Alessandro il 7 ott. 1520, Ottavio il 9 ott. 1524, Ranuccio nel 1530 e Orazio nel 1532.
G. trascorse la sua esistenza in maniera piuttosto appartata anche quando, dopo l'elezione di Paolo III (1534), i Farnese ricoprirono un ruolo di primaria importanza alla corte romana. Fu comunque presente in ogni evento importante della vita dei figli e, come dimostrano le testimonianze dirette dei suoi contemporanei e le sue lettere, fu una donna assennata, con un temperamento mite ma deciso, molto legata al pontefice e che all'occorrenza si rivelò capace di compiere precise scelte di governo.
Significativo appare, d'altro canto, il silenzio di G. sulle intemperanze del marito e gli scandali in cui egli fu coinvolto, non ultimo la violenza al vescovo di Fano Cosimo Gheri (maggio 1537).
Con l'elevazione di Paolo III al soglio pontificio avevano trovato coronamento tutti gli ambiziosi progetti della famiglia; la prima azione del papa, il 18 dic. 1534, fu la nomina in pectore al cardinalato dei nipoti Alessandro Farnese e Guido Ascanio Sforza, rispettivamente di 14 e 16 anni. Il giorno seguente G. scrisse al figlio, che si trovava a studiare a Bologna, una lettera piena di affetto e di gioia per l'avvenimento. Fu lo stesso pontefice a provvedere all'educazione del più giovane nipote, scegliendo per lui un precettore non laico e umanista - come lo erano stati Pomponio Leto, suo maestro, o Baldassarre Molosso -, ma ecclesiastico, secondo lo stile dei nuovi tempi: Marcello Cervini, che divenne papa nel 1555 con il nome di Marcello II. G. aveva molta considerazione per il Cervini, tanto da farne il suo confidente. Da questi anni sono frequenti gli scambi epistolari di G. anche con altri umanisti e personaggi di Curia, come Paolo Giovio, Giovanni Della Casa, Bartolomeo Cavalcanti.
I progetti del papa per la propria famiglia andavano nel frattempo concretizzandosi con la creazione, il 14 marzo 1537, del Ducato di Castro, del quale venne investito Pier Luigi; a questa prima nomina si aggiunsero in seguito altri privilegi per tutti i Farnese.
Dal 1538 tornarono a essere celebrati in Roma carnevali allegri e fastosi come ai tempi di Leone X; Paolo III invitò nel 1541 in Vaticano i nipoti e le loro famiglie, facendo loro abbondanti elargizioni: dava a G. 100 scudi annuali e varie altre somme mensili anche al figlio. Rilevanti erano le spese di G. dedicate all'acquisto di stoffe dal mercante fiorentino Paolo Serragli per sé, per le sue damigelle e per la figlia Vittoria.
In questi anni G. alternava periodi di permanenza nei feudi a lunghi soggiorni nella capitale, dove si trovava, convalescente, nell'ottobre 1540.
Il 24 nov. 1539 il papa aveva nominato il nipote Alessandro legato presso Francesco I e Carlo V, per seguire i colloqui tra i due sovrani; il giovane prelato partì per Parigi con Marcello Cervini, il quale teneva costantemente informata G. di ogni azione del figlio; per contro, anch'ella riferiva ogni evento riguardante i familiari a Roma.
Anche nel 1546, quando Alessandro e Ottavio furono inviati presso Carlo V in occasione della guerra contro i protestanti, G. inviò a Cervini varie lettere per avere notizie dei figli, delle intenzioni dell'imperatore sul Ducato di Parma e Piacenza e per ottenere favori.
La questione che stava a cuore maggiormente a G. era il matrimonio di sua figlia Vittoria, che nel gennaio 1545 si preparava con Fabrizio Colonna.
L'unione avrebbe potuto risanare i decennali dissidi tra le due famiglie, ma tra i Farnese le opinioni erano discordi: Pier Luigi voleva le nozze, ma Paolo III si opponeva. Secondo quanto narra Carlo Gualteruzzi in una lettera a monsignor Della Casa, si tenne in Aracoeli una riunione cui presero parte il papa, i duchi di Castro, i loro figli maggiori e Vittoria. Dal carteggio di monsignor Della Casa emerge che le donne erano d'accordo con il pontefice; il matrimonio quindi non si concluse, così come fallì anche un altro tentativo di unione con i Colonna, le nozze con Vespasiano, perché - secondo una confidenza di G. riferita da Partenio Filareto a Pier Luigi Farnese -, Vittoria riteneva il pretendente troppo giovane.
La grande ambizione dell'unico figlio di Paolo III rimasto in vita (Costanza era morta il 23 maggio 1545), spinse il pontefice a proclamare, il 26 ag. 1545, il Ducato di Parma e Piacenza; sembra che la comunità di Piacenza organizzasse una delegazione per le onoranze al duca, e che quella di Parma, in onore di G., ponesse la città sotto la protezione di S. Girolamo. Mentre Pier Luigi vi si trasferì subito, G. rimase a Roma presso il pontefice con l'intento di non perdere alcuna occasione per maritare la figlia.
Nell'ottobre dello stesso anno si era celebrato il matrimonio della sorella di G., Marzia (vedova di Livio di Bartolomeo di Alviano) con Gian Giacomo Medici, marchese di Marigliano e fratello del futuro Pio IV; il Medici era uomo di Carlo V e in seguito alle nozze fu nominato luogotenente di Parma e Piacenza.
Dopo il trasferimento definitivo a Piacenza, Pier Luigi Farnese chiamò presso di sé il figlio Alessandro perché lo aiutasse nel disbrigo degli affari di governo, e voleva che anche G. lo raggiungesse, ma a entrambe le decisioni si oppose il pontefice, come si evince da alcune lettere in cui G. pregava il marito di insistere presso Paolo III per una rapida sistemazione della figlia.
Nell'intento di difendere i figli minori dalla prepotenza dei maggiori, G. ottenne dal pontefice il cardinalato per Ranuccio perché - come scrisse al marito a Piacenza - il giovanetto doveva essere il bastone della sua vecchiaia; anche in occasione del passaggio del Ducato di Castro a Ottavio G. aveva avuto a lamentarsi di essere rimasta senza denaro e trascurata da tutti.
In quegli anni G. trascorreva gran parte dell'anno a Roma, con una famiglia di circa venti persone, conducendo un'esistenza modesta; alle spese della casa provvedeva Alessandro, fornendole una provvigione mensile di 250 scudi.
Il 18 febbr. 1547, dopo la morte di Giulia Varano, moglie di Guidubaldo Della Rovere duca di Urbino, si prospettò l'ipotesi di una unione vantaggiosa per Vittoria. I patti matrimoniali furono stipulati a Roma il 1° giugno e le nozze furono celebrate il 29 successivo, ma Vittoria rimase ancora a Roma presso la madre.
Nella piccola corte di Campo de' Fiori giunse improvvisa la notizia della tragica morte di Pier Luigi Farnese (10 sett. 1547), ucciso in una congiura; G. apprese la notizia dal figlio Alessandro e, forse anche per salvaguardare gli interessi del Ducato, ricorse a Cervini, in quel periodo legato pontificio a Bologna. Tutti coloro che le furono vicini descrissero la profonda afflizione che G. provò alla notizia, tanto che la figlia differì di alcuni mesi il suo trasferimento a Urbino. In una confusa lettera autografa di cinque giorni successiva all'assassinio, G. pregò Cervini di recarsi a Parma per recuperare la salma del marito, in modo da poterla seppellire nella tomba di famiglia presso il convento di S. Giovanni all'isola Bisentina, nel lago di Bolsena. L'incalzare degli eventi, con l'occupazione di Parma, non permise al Cervini di portare a termine l'incarico. Solo nel luglio del 1548 G. poté concludere l'operazione, di cui si occupò Ottavio Farnese. Dopo che, secondo i diritti di successione stabiliti dal pontefice, Ottavio Farnese fu insediato nel Ducato di Parma e Piacenza, G. ottenne per Orazio il Ducato di Castro.
Dopo la morte di Paolo III (1549), Alessandro Farnese si adoperava per convincere il fratello Ranuccio a dare il voto al candidato del re di Francia; a questo tentativo di avvicinamento non dovette essere estranea G., che in una lettera del 17 genn. 1550 pregava il figlio Ottavio di persuadere il fratello. Questa posizione di G. fu interpretata dalla nuora Margherita d'Austria come una manovra concordata con Giovanni Salviati (uno dei cardinali candidati non graditi a Carlo V) ai danni dei legittimi pretendenti, in seguito alla promessa che Parma sarebbe andata a Orazio.
Con l'elezione di Giulio III vinse il partito filoimperiale e i Farnese furono dichiarati ribelli e decaduti da tutti i privilegi. A Orazio fu tolto il feudo di Castro, di cui G. era stata nominata governatrice il 27 ag. 1550. G., comunque, seppe fronteggiare l'ostilità del papa, che aveva fatto occupare Castro, non opponendo alcuna resistenza e continuando a esercitare di fatto la giurisdizione civile e la gestione delle entrate; in seguito, perorando con insistenza la causa del figlio presso il legato del Patrimonio, Rodolfo Pio di Carpi, ottenne il ritiro delle milizie.
In seguito alla reintegrazione nei feudi, del maggio 1552, Alessandro pose come reggente di Castro Sforza Monaldeschi della Cervara, il quale governava sotto la direzione di Girolama. Nell'agosto, a Valentano, le giunse la notizia della morte di Orazio.
Da questo periodo G. visse quasi definitivamente nel Ducato, dimorando tra Valentano e Capodimonte, dove continuò a governare e a ricevere le visite dei figli e degli ambasciatori. Nel 1556 fece costruire a Viterbo il monastero benedettino detto poi della duchessa.
G. morì nel luglio 1569 e fu sepolta nella tomba di famiglia all'isola Bisentina.
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