VETTARI , duca del Friuli
VETTARI (Wectari, Wechtari), duca del Friuli. – Al tempo di re Grimoaldo resse il Ducato friulano tra il 663 e il 671, succedendo al ribelle Lupo, cui in precedenza il re aveva affidato il controllo del regno e che fu costretto a eliminare con l’ausilio degli Avari.
Nulla si sa dell’identità dei suoi genitori. Originario di Vicenza, di carattere non troppo bellicoso, Vettari fu ricordato da Paolo Diacono per un’azione di guerra improvvisa con cui vinse gli Slavi in uno scontro presso Broxas, non distante da Cividale, e in corrispondenza con un ponte sul fiume Natisone. La località è stata tradizionalmente identificata con Brossana, nei pressi di Cividale, ma un diploma di Berengario I consente una localizzazione più convincente presso Brischis, a nord di S. Pietro al Natisone (Udine).
Le notizie relative a Vettari si ricavano esclusivamente da Paolo Diacono (Pauli Diaconi Historia Langobardorum..., a cura di L. Bethmann - G. Waitz, 1878, libro V, capp. 22 e 23), dove egli è descritto come un vir benignus et populum suaviter regens. La sua promozione è messa in diretta relazione con il fallito tentativo da parte di Arnefrit, figlio del duca Lupo, di ottenere una successione diretta al padre grazie al sostegno degli Slavi presso i quali egli si era rifugiato a Carnutum; in un noto passaggio Paolo indica come il termine di Carantani si sarebbe originato dalla corruzione del toponimo di Carnutum.
L’azione politica di Vettari è fortemente connotata in chiave antislava; dopo la scomparsa di Lupo, gli Slavi si spinsero fino a Nimis dove Arnefrit era stato ucciso, e da lì minacciarono Cividale approfittando di un’assenza temporanea del duca. Di ritorno da Pavia Vettari, avendo licenziato la maggior parte del suo seguito, avrebbe intercettato l’accampamento nemico con un gruppo di soli venticinque fedeli. Sprezzante del pericolo, Vettari avrebbe sfidato gli Slavi che lo avrebbero irriso, quasi fosse un patriarca con al seguito un gruppo di chierici; toltosi l’elmo e rivelatosi ai nemici, il duca avrebbe con ciò stesso generato il panico tra di loro, tanto da fare strage di un esercito di quasi cinquemila unità.
Dalle fonti non si hanno notizie della data di morte.
Fonti e Bibl.: Pauli Diaconi Historia Langobardorum, a cura di L. Bethmann - G. Waitz, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum, Hannoverae 1878, libro V, capp. 22-23, pp. 152 s.; I diplomi di Berengario I, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1903, Diplomi perduti, n. 2, pp. 404 s. (Mantova, [marzo] 888).
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