PEMMONE, duca del Friuli
PEMMONE, duca del Friuli. – Originario di Belluno, figlio di un certo Billone, si rifugiò nel Friuli per motivi politici; qui successe al duca Corvolo durante il regno di Ariperto II (701-712).
Dalla moglie Ratperga ebbe tre figli: Ratchis, Ratchait e Astolfo, il primo e il terzo dei quali divennero a loro volta duchi del Friuli e re dei Longobardi.
Giunto al potere poco dopo la disfatta militare e la morte del duca Ferdulfo (v. la voce in questo Dizionario), con il quale era perita tutta la nobilitas Foroiulianorum, come molti suoi predecessori anche Pemmone dovette combattere gli Slavi cui inflisse una sconfitta decisiva a Lauriana, probabilmente nell’alta valle della Drava, grazie alla quale riuscì a stipulare la pace e a stabilizzare i confini. Il grosso delle truppe di Pemmone era costituito dai figli ormai cresciuti dei guerrieri longobardi caduti che il duca aveva riunito presso di sé e allevato insieme ai suoi figli; egli istituì tra loro una solidarietà quasi parentale che portò alla formazione di un potente blocco aristocratico saldamente impiantato su di una base territoriale regionale, ma che in seguito mosse alla conquista del potere centrale (Historia Longobardorum, VI, 24 e 26).
Dopo l’anno 734 re Liutprando depose Pemmone in occasione della contesa tra Amatore, vescovo di Julia Carnica ma residente a Cividale, presso la corte ducale, e il patriarca di Aquileia Callisto (v. la voce in questo Dizionario), sostenuto appunto dal re e fatto arrestare da Pemmone (Historia Longobardorum, VI, 51). La volontà del duca di ridimensionare il ruolo del patriarca si scontrò infatti con quella regia, che al patriarca invece si appoggiava al fine di esercitare un contrappeso politico regionale nei confronti dei duchi e dell’aristocrazia. Il re affidò il titolo ducale a Ratchis; dopo aver tentato di rifugiarsi presso gli Slavi, Pemmone fu convinto dal figlio a recarsi con i suoi seguaci dal re, ma fu sottoposto a condizioni umilianti. Non è chiaro se Pemmone ottenne il perdono di Liutprando oppure se fu incarcerato; certamente non fu reintegrato e morì intorno al 738.
È stato supposto, sulla base di alcune notizie archeologiche della fine del XIX secolo (nota dell’ispettore dei Monumenti e scavi d’antichità del circondario di Cividale, M. de Portis, al ministero dell’Istruzione pubblica in data 16 marzo 1893, avente per oggetto Mensa dell’altar maggiore della chiesa di S. Martino di Cividale. Tomba del duca Pemmone, secondo cui presso la chiesa di S. Martino si sarebbe trovata anche la tomba del duca Pemmone; cfr. AM I, Cividale, cart. 31, f. 8a) e sulla reinterpretazione dell’epigrafe che figura sull’altare di Ratchis (nella quale egli è menzionato), che proprio su iniziativa di Pemmone fosse stato realizzato a Cividale un mausoleo dinastico dei duchi friulani. Questa ipotesi getta nuova luce, da un lato, sull’ambizione di Pemmone di fare di Cividale una seconda Monza o una seconda Pavia, dall’altro, sulla necessità da parte di re Liutprando di stroncare un progetto così pericoloso.
Fonti e Bibl.: Pauli Diaconi Historia Langobardorum, a cura di L. Bethmann - G. Waitz, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum, Hannoverae 1878, VI, cap. 26, p. 174, cap. 45, p. 180, cap. 51, pp. 182 s.; Pauli Continuationes, ibid., a cura di G. Waitz, pp. 198-219: Continuatio Casinensis, p. 198; Continuatio Romana, p. 200; Continuatio Tertia, p. 207; Continuatio Lombarda, pp. 216-219; Andreae Danduli Chronica per extensum descripta, aa. 46-1280 d.C., a cura di E. Pastorello, in RIS2, XII, 1, Bologna 1942-1958, VII, 9, p. 117; L.M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, Gotha 1900-1903, II, pp. 134 s.; O. Bertolini, Astolfo, in Dizionario biografico degli Italiani, IV, Roma 1962, pp. 467 s.; K. Schmid, Zur Ablösung der Langobardenherrschaft durch die Franken, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, LII (1972), pp. 1-36, in partic. pp. 12, 14; S. Gasparri, I duchi longobardi, Roma 1978, pp. 69 s.; P. Delogu, Il Regno longobardo, in Storia d’Italia, a cura di G. Galasso, Torino 1980, pp. 1-216, in partic. pp. 131 s.; J. Jarnut, Storia dei Longobardi, Torino 2000, pp. 63, 85; S. Gasparri, Istituzioni e potere nel territorio friulano in età longobarda e carolingia, in Paolo Diacono e il Friuli altomedievale (secc. VI-X), Atti del XIV Congresso internazionale di studi sull’Alto Medioevo, Cividale del Friuli-Bottenicco di Maimacco... 1999, I, Spoleto 2001, pp. 105-128; S. Lusuardi Siena - P. Piva, Scultura decorativa e arredo liturgico a Cividale e in Friuli tra VIII e IX secolo, ibid., II, Spoleto 2001, pp. 493-594, in partic. pp. 512-519, 551 s.; P. Piva - S. Lusuardi Siena, Da Pemmone a Paulino d’Aquileia: appunti sull’arredo liturgico e la scultura in Friuli tra VIII e IX sec., in 8th International Colloquium Carolingian Europe, (Porec - Split, 23-27 maggio 2001), International Research Center for Late Antiquity and Middle Age, Zagreb-Rotovun, in Hortus artium medievalium, VIII (2002), pp. 295-323; L. Capo, Paolo Diacono e il problema della cultura dell’Italia longobarda, in Il regno dei Longobardi in Italia. Archeologia, società, istituzioni, a cura di S. Gasparri, Spoleto 2004, pp. 235-325, in partic. pp. 264 n., 267 s.