DUALITÀ
. 1. Nello studio della geometria e della trigonometria Sferica F. Viète (1593) e più sistematicamente W. Snellius (1627) ebbero a rilevare una dualità o simmetria delle proposizioni. Se, per riferirci al caso più elementare, si considerano i criterî di eguaglianza dei triangoli sferici, questi si presentano a coppie: di fronte ai teoremi affermanti l'eguaglianza di due triangoli aventi eguali due lati e l'angolo compreso ovvero i tre lati, si hanno i criterî d'eguaglianza dei triangoli aventi eguali due angoli e il lato compreso, ovvero i tre angoli. In generale ad ogni proposizione sui poligoni sferici, che concerna lati e angoli di essi, viene associata una proposizione duale, che si deduce dalla prima scambiando fra loro lati e angoli. Questa dualità è suscettibile di una dimostrazione molto semplice, alla quale si perviene mediante la considerazione della cosiddetta polarità sferica, cioè d'una trasformazione in cui si associa ad ogni punto un circolo massimo orientato, e che vale a mutare ogni triangolo in un altro (polare) che ha lati e angoli supplementari o eguali ai lati del primo.
La portata della legge di dualità sferica è tuttavia assai ristretta di fronte a quella delle grandi leggi di dualità della geometria proiettiva, della cui scoperta, che rappresenta una tra le più espressive conquiste del pensiero matematico nel decorso secolo, siamo debitori a J. V. Poncelet (1826) e J. D. Gergonne (1825-38). Il Poncelet pervenne alla legge di dualità nel piano (il nome "dualità" è però del Gergonne) mediante l'applicazione sistematica d'un algoritmo di trasformazione, da lui detto metodo delle polari reciproche, il quale conduce ad associare ad ogni figura piana una seconda figura riferita alla prima, elemento per elemento, per guisa che i punti e le rette della prima si mutano in rette e punti della seconda. Anche qui la relazione tra le due figure è reciproca; ma, a differenza della dualità sferica, essa non consente alcun confronto fra gli elementi metrici (misure di segmenti e di angoli) delle due figure, mentre invece, e in ciò sta l'essenziale, conserva i rapporti posizionali, cioè le relazioni d'appartenenza tra punti e rette, e quindi associa a punti allineati d'una delle due figure, rette concorrenti in un punto dell'altra, e viceversa. Così ad ogni proprietà d'una figura piana, la quale si esprima mediante relazioni d'appartenenza tra punti e rette (una tal proprietà dicesi grafica o posizionale) se ne può associare un'altra, relativa ad una nuova figura, la quale (figura e proprietà) si deduce dalla prima scambiando tra di loro le parole "punto" e "retta"; e in ciò appunto consiste la legge di dualità nel piano. Per quanto applicabile soltanto alle proprietà grafiche, nondimeno ha una portata assai vasta; e il Poncelet stesso ne segnalò alcune importanti applicazioni alle curve piane. Egli avvertì pure che la trasformazione per polari reciproche si estende allo spazio, e conduce analogamente a una legge di dualità nello spazio, in cui il canone di trasformazione è dato dallo scambio reciproco delle parole "punto" e "piano" e della parola "retta" con sé medesima.
In precedenza il metodo delle polari reciproche era stato applicato a qualche caso speciale, e così aveva permesso a Ch. J. Brianchon (1806) di dedurre da un celebre teorema sulle coniche, scoperto 166 anni prima da B. Pascal, la proposizione duale che porta il suo nome (v. coniche, n. 13); ma è merito del Poncelet d'averne messa in luce la portata generale.
La concezione, per dir così, ristretta del Poncelet, secondo cui le leggi di dualità restavano vincolate alla trasformazione per polari reciproche, fu oltrepassata dal Gergonne, il quale ne riconobbe il vero carattere di principî generali e ne indicò il fondamento logico, affermando la possibilità di costruire nello spazio due geometrie, per dir così, parallele, una avente per elemento il punto, l'altra il piano, egualmente coerenti e logicamente equivalenti. Tale veduta si precisa rigorosamente così: Le proprietà grafiche delle figure spaziali discendono tutte da un gruppo di proposizioni fondamentali, che, in una sistemazione deduttiva della geometria di posizione vengono assunte in veste di postulati (postulati di appartenenza, dell'ordine, della continuità) i quali restano complessivamente inalterati, e soltanto si permutano tra di loro, quando nei loro enunciati si scambino mutuamente le parole "punto" e "piano" lasciando inalterata la parola "retta". Ne consegue che qualsiasi ragionamento impostato su quei postulati si mantiene valido anche se (adattando opportunamente il linguaggio) lo si legge con le parole così scambiate, onde lo stesso si può dire anche di ogni conclusione, e in definitiva di ogni proprietà grafica dello spazio. Più raffinatamente si può osservare che i concetti espressi dalle parole "punto", "retta", "piano" sono suscettibili di due determinazioni concrete, soddisfacenti ai postulati predetti, la prima delle quali si ha attribuendo a quelle parole il significato ordinario, la seconda invece intendendo che esse denotino gli enti comunemente designati coi nomi di "piani" "rette" "punti", onde i due aspetti duali della geometria di posizione, appariscono come due interpretazioni concrete di una geometria astratta, nella quale si badi soltanto alla coerenza logica del sistema deduttivo, prescindendo dal significato concreto dei concetti fondamentali e solo ammettendo che i postulati pongano tra essi relazioni logicamente compatibili.
S'è parlato soltanto della legge di dualità nello spazio, perché è stato chiarito da Pasch e da Enriques che quella relativa al piano ne è conseguenza; accanto alla quale occorre menzionarne un'altra, la cosiddetta legge di dualità nella stella, che è applicabile alle figure formate da rette e piani passanti per un punto (angoloidi, coni, ecc.) e si attua scambiando tra di loro le parole "retta", e "piano". Questa terza legge ha in più la prerogativa di sussistere anche per le proprietà metriche; talché, ad esempio, la geometria metrica dei triedri consta di proposizioni a due a due duali. Si ricade così sostanzialmente, salvo dettagli convenzionali, sulla dualità sferica.
L'interpretazione analitica delle leggi di dualità fu data da J. Plücker (1831), il quale mostrò che i due aspetti duali della geometria di posizione (nello spazio, e analogamente nel piano e nella stella) sono suscettibili di due trattazioni analitiche parallele, le quali si deducono una dall'altra scambiando le coordinate puntuali (cartesiane, o, più in generale, proiettive) con le coordinate planari da lui introdotte, dette appunto plückeriane. Tutto dipende in sostanza da ciò che la condizione d'appartenenza d'un punto di coordinate omogenee x1, x2, x3, x4 ad un piano di coordinate (plückeriane, associate) omogenee u1, u2, u3, u4 si esprime con la relazione u1x1 + u2x2 + u3x3 + u4x4, = 0 che è simmetrica rispetto alle due serie di variabili xi, ui (v. coordinate, nn. 20, 23); su che può anche impostarsi una dimostrazione analitica della legge in discorso.
Aggiungiamo infine che la legge di dualità si trasporta anche agli spazî (lineari) a più dimensioni, o iperspazî.
2. È appena necessario rilevare il valore euristico delle leggi di dualità di cui si è innanzi discorso. Esse raddoppiano, per dir così, la potenzialità dei mezzi di ricerca, in quanto consentono di considerare ogni problema sotto due aspetti che, per quanto logicamente equivalenti, possono presentare a codesti mezzi d'indagine e all'intuizione, che ne dirige l'impiego, resistenze del tutto diverse.
Ma queste leggi sono solo casi particolari d'un gruppo di principî più generali che si conformano a un ordine logico consimile.
Nella matematica, segnatamente nella geometria, sono frequenti i rapporti analogici tra gruppi di proposizioni d'una stessa teoria, o anche di teorie diverse. Talvolta si tratta di ravvicinamenti di dominio limitato e di modesta portata; in altri casi invece i rapporti stessi investono addirittura intere branche della geometria, e si presentano in termini così rigorosi, da potersi concretare in una legge o canone di trasformazione, alla stregua del quale ad ogni figura o proprietà di ciascuno dei due campi tra cui ha luogo il confronto, rimane coordinata una figura o proprietà dell'altro, sicché dall'esistenza o verità dell'una si può inferire l'esistenza o verità dell'altra. Si parla, in tal caso, di un principio di tmsporto; si ha in particolare (come nei casi considerati) un principio o legge di dualità se la trasformazione interceda tra enti d'uno stesso campo, e la relazione tra due figure o proposizioni associate sia reciproca.
Numerosi sono nella geometria i principî di trasporto, più o meno speciali, d'aspetto non dualistico. In generale se ne presenta l'occasione ogni qual volta nella considerazione di certe proprietà (spesso di classi molto estese) appartenenti a determinate figure, si possa prescindere dalla natura dell'elemento generatore, per il fatto che le proprietà stesse dipendono solo da rapporti strutturali e da altre modalità attuabili in più casi concreti. Così, p. es., certe proprietà delle curve algebriche, oggetto della cosiddetta geometria sopra una curva, si trasportano senz'altro a tutti gli enti algebrici semplicemente infiniti, p. es. alle rigate algebriche.
Citiamo ancora, tra i principî di trasporto più brillanti ed espressivi, quello che ha per fondamento la rappresentazione delle rette dello spazio (e dei loro sistemi) coi punti (e relativi sistemi, cioè linee, superficie, ecc.) di una ipersuperficie quadrica dello spazio a cinque dimensioni (Klein), attraverso al quale la geometria degl'iperspazî ha dato a quella dello spazio ordinario un contributo notevole (v. geometria). Infine merita d'essere ricordato, tra i notevoli, un altro principio, in base al quale le proprietȧ proiettive dei gruppi di n punti d'una retta (che, sotto altra forma, costituiscono un capitolo importante dell'algebra) si trasformano in proprietà di certe figure, legate ad una speciale curva, detta curva razionale normale, dello spazio a n dimensioni. È appunto a proposito di questo principio, per il caso particolaie di n = 2, considerato da L.O. Hesse (1867), il quale ha stretti legami (espressi pure da altri principî di trasporto) con la geometria non euclidea, che il termine specifico di Übertragungsprinzip, s'incontra per la prima volta nella letteratura matematim.
Bibl.: Per la dualità sferica, vedi H. Weber-J. Wellstein, Encyklopädie der elementar Mathematik, 2ª ed., Lipsia 1907, parte 2ª, p. 339; per le leggi di dualità ordinarie, f. Enriques, Lezioni di Geometria proiettiva, 4ª ed., Bologna 1926; F. Severi, Geometria proiettiva, 2ª ed., Firenze 1926; A. Comessatti, Lezioni di geometria analitica e proiettiva, Padova 1930; per il principio di trasporto, F. Klein, Considerazioni comparative su alcune ricerche geometriche recenti (traduz. italiana di G. Fano), in Annali di matematica, XVII (1889-90), p. 307; G. Fano, Kontinuirliche geom. Gruppen. Die Gruppentheorie als geometrisches Einteilungsprinzip, in Encykl. der mathem. Wissensch., III; F. Enriques, Per la storia della logica, Bologna 1922, §§ 21 e 22.