MARTINELLI, Drusiano
Nacque a Marcaria, presso Mantova, probabilmente verso la metà del Cinquecento da Francesco e da una Lucia di cui non è noto il cognome. Ebbe due fratelli, Tristano (il celebre Arlecchino) e Rubiano, e una sorella, Barbara.
Il M. si specializzò da subito come capocomico, mostrando spiccate doti in campo organizzativo. Intraprendente e particolarmente audace, svolse un ruolo decisivo nell’invenzione della maschera di Arlecchino e del suo mito, determinandone la diffusione europea.
Le poche notizie su di lui fanno propendere per una decisiva funzione drammaturgica, seppure implicita, esercitata nei confronti del fratello Tristano, brillante componente della troupe da lui diretta, cui dette il nome di Comici uniti. Allontanatosi provvidenzialmente da Mantova all’inizio del 1576, anno di una dura pestilenza, portò la compagnia, formata da sei uomini – tra cui il diciannovenne fratello Tristano – e tre donne, a recitare, in autunno, ad Anversa. Oltre Tristano e le attrici, delle quali non sono noti i nomi, la troupe comprendeva gli attori Vincenzo Belando, Vincenzo Sardi, Annibale Pizierardo, Bernardino da Cremona, Jean de Barry. Ad Anversa il M. fu protetto da due mercanti italiani, Dino Rapondi e Paolo Gallicani, sotto la cui scorta il M. e Tristano si presentarono alle autorità di polizia per i necessari controlli per ottenere la licenza di recitare.
La compagnia del M. sembra essere stata ritratta in una tela conservata nel Musée Baron Gérard di Bayeux. Il quadro, Personnages de la commedia dell’arte à la cour de Charles IX, attribuito a Frans Pourbus (ma l’attribuzione è discussa da C. Sterling), ritrae, sullo sfondo di un giardino all’italiana, un gruppo di nove cortigiani-spettatori dinanzi ai quali sono disposti alcuni comici. Al centro un vecchio indossa l’abito del Magnifico veneziano; alla sinistra si trovano quattro giovani (due donne e due uomini), colti nelle pose enfatiche caratteristiche degli innamorati della commedia dell’arte; due zanni, uno in atteggiamento amoroso con la servetta, un secondo dall’aria attonita e stordita; alla destra del Magnifico è raffigurato un attore giovane alto, dallo sguardo acuto, vestito con un camicione grigio macchiato da pezze multicolori e un cappello su cui svetta una penna d’uccello: è il fratello del M., Tristano. Accanto a costoro, un uomo senza maschera, con un cappello. L’intero gruppo di attori e di spettatori sembra essere sorvegliato – da sinistra – da un uomo senza maschera, avvolto in un mantello che gli copre il viso e che potrebbe essere il capocomico M. (Ferrone, 2006, pp. 24-30).
Dopo il soggiorno nelle Fiandre il M. portò i suoi compagni in Francia, a Lione, e di lì a Parigi. Nell’estate 1577 è attestata la sua presenza a Londra, dove nel 1578 ottenne dal Privy Council il permesso di recitare da gennaio fino alla quaresima. Nella stagione 1584-85 fu di nuovo a Parigi; due anni più tardi, nel novembre 1587, tentò la conquista della piazza ambitissima di Madrid. A Mantova, dalla stagione 1598-99 fino al 1602, guidò la compagnia di comici professionisti, i Comici Accesi, al servizio del duca Vincenzo I Gonzaga finché il suo posto fu preso da Pier Maria Cecchini. Nel 1593 la vicinanza e la confidenza con il duca gli valsero la direzione dei lavori per la munizione delle artiglierie sul Te.
In data imprecisata sposò Angelica Alberghini, attrice veneziana che godeva di molto prestigio, il cui nome compare nel titolo di una commedia scritta da Fabrizio De Fornaris, in arte Capitan Coccodrillo (L’Angelica, Parigi 1585), e che Bernardino Lombardi inserì nella commedia L’alchimista (Ferrara 1583), attribuendole la parte della cortigiana. Da capocomico astuto più che da coniuge grato e riconoscente, per anni si firmò «marito di madonna Angelica», in modo da sfruttare le doti artistiche della moglie e incrementare i profitti della compagnia. Con Angelica il M. ebbe tre figli, Fulvio, Matteo e Vincenzo. Il legame artistico e affettivo tra i due si incrinò quando Angelica conobbe il capitano Alessandro Catrani, che da protettore della famiglia divenne suo amante e al quale dette un figlio. L’amore adulterino di Angelica indusse il M. a unirsi, a Parigi nel 1601, con tale Caterina, con la quale ebbe un altro figlio, Giovanni.
Come numerosi altri comici di professione, il M. cercò una via di fuga dall’effimera arte comica applicandosi a escogitare «segreti» per le armi da fuoco, in grado di apportare innovazioni tecniche all’artiglieria. Per tali ragioni, Giovanni de’ Medici avrebbe voluto impiegarlo nella fortezza di Livorno. Il suo impegno nella produzione di armamenti medicei gli fruttò uno stipendio ducale, riscontrato per l’anno 1583, i cui proventi il M. dirottò nell’esercizio dell’usura. Secondo le fonti (Ferrone, 2006, pp. 110-112) sarebbe stato colpevole dell’omicidio, avvenuto verso il 1588, di un genovese, tale Antoniotto, nel corso di una rissa per motivi di gelosia. La disavventura gli costò il bando da Mantova, dove poté rientrare solo nel 1592.
Instancabile capocomico, il M. progettò persino un viaggio teatrale a Costantinopoli. Dopo una vita spesa a cercare piazze teatrali, a reclutare attori, a formare compagnia e a far esibire Arlecchino, fu autore di un’opera rimasta manoscritta e incompiuta dedicata alle Sacre Scritture. Libro di diversi pensieri che tratta della Sacra Scrittura composto da Drusiano Martinelli mantovano, fratello di Arlecchino comico et scritto di sua propria mano, che nel 1608, dopo la morte del M., Tristano dedicò al duca di Savoia Carlo Emanuele I. Distrutto nell’incendio della Biblioteca nazionale di Torino del 1904, del manoscritto non rimane che il titolo, da cui si evince la teatralità della operazione: un ennesimo teatro in forma di libro.
Il M. morì prima del maggio 1606; il luogo resta sconosciuto.
Fonti e Bibl.: A. D’Ancona, Origini del teatro italiano, II, Torino 1891, pp. 409, 504-507; K.M. Lea, Italian popular comedy. A study in the «Commedia dell’arte», 1560-1620. With special reference to the English stage, Oxford 1934, I, pp. 83, 276 s.; II, p. 356; C. Sterling, Early paintings of the commedia dell’arte in France, in The Metropolitan Museum of art bulletin, n.s., II (1943), pp. 11-32; F. Taviani - M. Schino, Il segreto della commedia dell’arte. La memoria delle compagnie italiane del XVI, XVII e XVIII secolo, Firenze 1982, pp. 91, 99, 102, 104 s.; I. Florescu, Harlequin, nom de comédien, in Biblioteca teatrale, 1986, n. 4, pp. 27-32, 58 s.; Comici dell’arte. Corrispondenze, a cura di C. Burattelli et al., I, Firenze 1993, p. 361; S. Ferrone, Attori mercanti corsari. La commedia dell’arte in Europa tra Cinque e Seicento, Torino 1993, pp. 40, 129, 310; C. Burattelli, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Firenze 1999, pp. 184, 189 s., 192, 212, 219, 221, 234; S. Ferrone, Arlecchino. Vita e avventure di Tristano Martinelli attore, Roma-Bari 2006, ad ind.; L. Rasi, I comici italiani, II, pp. 104-106.