drizzare (dirizzare)
In prosa prevale ‛ dirizzare ', in poesia ‛ drizzare '. Come l'aggettivo ‛ dritto ' o ‛ diritto ', il verbo ha molte occorrenze (ma quasi esclusivamente nella Commedia e nel Convivio) e diversi usi. Il significato varia da quello di " volgere ", " rivolgere " (lo sguardo, l'attenzione) a quello di " rivolgere la parola ", da quello di " indirizzare " a quello di " dirigere ", da quello di " raddrizzare ", " rendere diritto " a quello di " alzare ", " sollevare ".
1. " Rivolgere lo sguardo ", " volgere l'attenzione ", " volgere la mente " a qualcosa di presente o passato, " concentrarsi su un pensiero ", e così via. Numerosi esempi, soprattutto con oggetto occhi (Rime LVIII 12, Cv IV XII 15); If XXXI 15, con valore causativo: dirizzò li occhi miei tutti ad un loco, attirò la mia attenzione verso un sol punto; Pg I 111, IV 55, in cui lo sguardo è diretto, contrariamente al solito, dall'alto verso il basso: li occhi prima drizzai ai bassi liti; / poscia li alzai al sole; XXIV 89, XXX 66, Pd I 101, XIII 106 (in senso metaforico), XXII 22 (variante), XXXII 142. Ma molti sono i casi in cui a occhi si sostituisce viso, nel senso di " vista " (If XVI 26 visaggio, IX 73 il nerbo / del viso, ossia " la potenza visiva ", Pg IX 84) e di " attenzione " (Pd VII 34); anche con volto può avere il senso fisico (If XXIV 131) e il senso metaforico (A voce più ch' al ver drizzan li volti, Pg XXVI 121). Due volte compare l'oggetto mente: in If XXVI 20 equivale a " memoria "; in Pd II 29 Drizza la mente in Dio grata vuol dire " volgi un pensiero " di ringraziamento a Dio. Una sola volta appare l'oggetto animo (Cv I XI 6, sempre nel senso di " attenzione "). Singolare ed efficacissima è l'espressione di Pg XVIII 16 Drizza... ver' me l'agute luci / de lo 'ntelletto, che vale " rivolgi i penetranti occhi della mente " a quello che dico. In Cv IV XII 15, infine, dirizza la credenza significa " rivolge la speranza ". Forme pronominali in Pd XXXIII 43 (come variante di s'addrizzaro), con soggetto occhi; in Cv II V 18, con soggetto virtù.
2. " Rivolgere la parola ", " rivolgersi a una persona ", " interpellare ", con oggetto principalmente voce (If XXIII 127, XXVII 19, Cv II II 5) e parole (Cv II XI 6, III I 13), ma in un caso addirittura spiro (Pd XXIV 32 il foco benedetto / a la mia donna dirizzò lo spiro); oppure pronominale, come in Pg XV 43 e Pd III 35. " Riferirsi ", " alludere ", in Cv II Voi che 'ntendendo 8 (ripreso in VI 5).
3. " Volgere " il cammino (Pg XIV 45), " dirigere " il timone o le vele della propria barca (in senso metaforico: Cv II I 1 e Pg XXII 62), il timone (l'ardente corno) del carro del sole (Pg XXII 120), l'arco verso il giusto bersaglio (Cv IV XXII 3, Pd XXVI 24, sempre in senso traslato; una metafora simile è presente in Pd I 126).
4. " Indirizzare " qualcuno verso la meta, verso la verità, verso la retta via (Pg XVII 56, XIX 78, Pd VI 18); " dare a una cosa la giusta direzione ", nel senso di " far sì che una cosa giunga al fine per cui è stata creata " (Cv IV VI 11, XXIII 3, Pg XXX 110); per esempio, che un dono si ‛ dirizzi ', " sia conforme ", al bisogno de lo ricevente (Cv I VIII 15, due volte).
5. " Raddrizzare ", " rendere diritto " ciò che è storto (Pg XIX 13, in allegoria), ciò che è curvo o chino (XIX 133), ciò che è traviato, che si trova in errore (in senso morale: Cv III VIII 19, XV 17, IV VII 4, Pg XXII 37), ciò che è stato traviato, ingannato, indotto nel peccato dal mondo (Pg XXIII 126), ciò che è senza guida, senza freno, che è ribelle, per esempio l'Italia (Pd XXX 137), nave sanza nocchiero in gran tempesta.
6. In due casi (Pg V 3, VIII 96) ‛ drizzare il dito ' vale " indicare ", col dito teso nella direzione voluta. Siamo cioè in un campo semantico intermedio fra i nn. 4. e 5, Infatti l'azione dell'indicare si compie rendendo rigido il dito della mano (n. 5) e puntandolo direttamente verso il luogo voluto (n. 4).
7. In If X 129, invece, Virgilio drizzò 'l dito non per indicare qualcosa, ma " per maggior dimostrazione d'alcuna special verità " (Buti), " come fanno coloro che più vogliono le loro parole imprimere nell'intelletto dell'uditore " (Boccaccio); cfr. Barbi (Con D. e coi suoi Interpreti. Saggi per un nuovo commento alla D.C., Firenze 1941, 314-316), e poi Sapegno. Il dito è infatti verticale, diretto verso l'alto. Quest'uso segna il passaggio verso i numerosi casi in cui d. vuol dire " alzare ", " sollevare ": la testa (If XX 31, due volte, Pg XII 77, XXIV 136), il collo (Pd II 10), i colli (Rime CIV 60), le tempie (Pd IX 12), il petto (If XXII 129); e ‛ drizzarsi ' vale " raddrizzarsi " (If II 129). Nel caso di If X 67, infine, il verbo è in contrapposizione con ‛ levarsi in ginocchio ' (cfr. v. 54). V. anche ADDRIZZARSI; DIRITTO