dotto
Ricorre, come sembra, piuttosto col significato di " accorto ", " avveduto " (della strada da percorrere), solo in Pg XXII 69, nella similitudine che paragona Virgilio a quei che va di notte, / che porta il lume dietro e sé non giova, / ma dopo sé fa le persone dotte. Dai commentatori, anche dai più autorevoli, si spiega generalmente " istruite circa il cammino "; parrebbe probabile invece che l'idea d'istruzione fosse estranea alla coscienza del poeta. Nella lingua delle origini d. può avere il senso, proprio anche del doctus classico, di " avveduto ", " capace ", " abile " e simili. Basti pensare ai " dotti siscalchi e altri ufficiali " e alle donne " amorose, gioiose e piacenti, / dotte e gentili " di Francesco da Barberino (Or si conviene 31, 37-38), o all'incipit del sonetto di Mastro Torrigiano per Compiuta, " Esser donzella di trovare dotta ", cioè " capace " di far versi.