DORATURA (fr. dorage; sp. doradura; ted. Vergoldung; ingl. gilding)
Operazione diretta a rivestire di particelle o lamine d'oro la superficie di un corpo, a scopo ornamentale o protettivo.
I metodi tecnici in uso per indorare sono molti e si possono distinguere a seconda che abbiano base chimica o semplicemente meccanica. Alcuni, come la doratura a placca, la doratura a freddo, quella a fuoco, quella a guazzo, sono in uso da molto tempo; altri come la doratura a pila o galvanica sono d'invenzione relativamente recente e costituiscono il procedimento più perfezionato.
La doratura a placca o placcatura si pratica saldando all'oggetto, previamente pulito, una lamina d'oro, per mezzo di riscaldamento e pressione idraulica o meccanica; il metodo si usa soprattutto in oreficeria per la fabbricazione di oggetti (oro doublé) e nell'industria meccanica per preparare caldaie, tubi, fili resistenti alla corrosione. La doratura a freddo consiste nello strofinare l'oggetto con polvere finissima d'oro, oppure nell'applicare all'oggetto stesso le ceneri derivanti dalla bruciatura di cenci imbevuti d'una soluzione d'oro in acqua regia. La doratura a fuoco si pratica rivestendo l'oggetto, previamente pulito con acido nitrico, d'un amalgama d'oro, e facendo poi volatilizzare il mercurio col riscaldamento della massa. La doratura a guazzo si pratica intingendo l'oggetto in una soluzione di cloruro d'oro. La doratura a pila o galvanica ha luogo immergendo l'oggetto ben pulito e una lamina d'oro in bagni di cloruro o cianuro d'oro o bisolfito di sodio e simili e ponendoli in relazione con i poli d'una pila. Per maggiori particolari su questo e su procedimenti simili a questo v. galvanoplastica.
La doratura di cartoni, cuoio, legni e simili si pratica più spesso facendo aderire foglie d'oro all'oggetto, previamente spalmato di vernici a base di resine e di colla di pesce, di litargirio, olio di semi, ocra e simili. La doratura di ceramiche si esegue infine sciogliendo l'oro in acqua regia, facendolo precipitare mediante solfato di ferro e applicandolo in miscela con ossido di bismuto, borace ecc., all'oggetto.
Arte. - Frequente è nell'antichità l'uso della doratura (χρύσωσις, ἐπιχρύσωσις, auratura, inauratura, ecc.), la quale si estende dagli oggetti minuti di ornamento fatti di metallo meno nobile, argento, ferro, bronzo, agli elementi architettonici degli edifici, soprattutto alle pareti e ai soffitti dei templi e alle tegole del tetto, e alle sculture, siano esse di bronzo, di marmo, di legno. I metodi usati erano varî: il più antico e il più semplice fu certamente quello di rivestire gli oggetti con sottili lamine di oro, saldate mediante opportuni accorgimenti: ma tale mezzo era anche il più costoso, onde col tempo dovette cedere il luogo alla doratura a foglia. A fissar la quale erano adoperati varî mezzi: l'amalgama di mercurio passato a fuoco se l'oggetto da dorare era di metallo, il bianco d'ovo se di marmo, una speciale miscela, detta leucophorum se di legno. Le fonti per la conoscenza in tale materia sono soprattutto i testi degli scrittori e particolarmente Plinio (Nat. Hist., XXXIII), ma non mancano opere (statua di Marco Aurelio in Campidoglio, l'Ercole del Vaticano, ecc.) che ci hanno conservato abbondante traccia del loro rivestimento d'oro: tali tracce non sono tuttavia sufficienti a darci chiara idea della tecnica adoperata (v. oro; criselefantina, tecnica).
I processi della doratura nell'arte medievale e moderna non sono diversi da quelli già noti nell'antichità: doratura in foglia, doratura al mercurio sui metalli, doratura a tempera su preparazione per il legno, il marmo, l'avorio, le stoffe, i cuoi, doratura all'acqua per le miniature e i manoscritti, doratura su vetro per tessere di mosaici e per vasi. La pratica della doratura non fu sempre affidata a una particolare categoria di artigiani ma venne spesso esercitata dagli artisti stessi che foggiavano, p. es. gli oggetti liturgici in rame dei secoli XII, XIII e XIV, o da pittori che mettevano a oro i fondi delle loro tavole, o dagl'intagliatori che facevano tabernacoli e cornici per quadri d'altare, anche nel Rinascimento: solo più tardi troviamo corporazioni di doratori, come i doratori su cuoio a Parigi nel '500. Degli antichi trattatisti parlano della doratura il monaco Teofilo nella sua Schedula diversarum artium; il Cennini, il Cellini e il Vasari.
Bibl.: V. H. Blümner, Technologie und Terminologie der Gewerbe ecc., IV, Lipsia 1887, p. 308 segg.; V. Gay, Glossaire archéol. du Moyen Âge et de la Renaissance, Parigi 1887 (s. v. Dorure); A. De Champeaux, Dict. des fondeurs, ciseleurs, moduleurs en bronze et doreurs, depuis le moyen âge jusqu'à l'époque actuelle, A-C., Parigi-Londra 1886; E. Berger, Beiträge zur Entwicklungs-Geschichte der Maltechnik, s. 3ª, Monaco 1912.