doping genetico
Impiego a fini non terapeutici di cellule, geni, componenti genetici e/o in grado di modulare l’espressione genica, aventi la capacità di indurre un miglioramento delle prestazioni atletiche (definizione di doping genetico della WADA, World anti-doping agency). Un esempio di doping genetico è l’impiego di terapie geniche in via di sviluppo per il trattamento di patologie degenerative che agiscono a livello neuromuscolare o, più in generale, che interessano l’apparato locomotore. Lo sviluppo di una strategia di monitoraggio, ed eventualmente di controllo del doping genetico, ebbe inizio nel 2001, quando la commissione medica del Comitato Olimpico Internazionale si riunì per discutere le possibili implicazioni della terapia genica a fini doping. Tale lavoro è stato proseguito dalla WADA, che ha promosso diverse iniziative in questo senso, tra cui il finanziamento di specifici progetti di ricerca. I principali obiettivi (potenziali) della terapia genica a fini doping appaiono attualmente i seguenti: (a) ricerca di effetti simili a quelli ottenuti mediante somministrazione di eritropoietina (EPO), in quanto è stato dimostrato che la terapia genica con EPO incrementa il valore di ematocrito in modelli animali fino all’80%; (b) effetti GH/IGF1-simili, con lo scopo di promuovere, se possibile selettivamente, la crescita della massa muscolare; (c) effetti sull’endotelio vascolare (VEGF, Vascular endothelial growth factor), con conseguenti miglioramenti a livello emodinamico. Il doping genetico non costituisce attualmente una reale arma a disposizione degli atleti a fini illeciti, ma potrà potenzialmente divenire un potente strumento con il pericoloso vantaggio di essere praticamente irrilevabile dalle metodiche antidoping.
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