DONELLI, Carlo, detto Vimercati
Nacque a Milano in parrocchia S. Sebastiano il 21 sett. 1661 da Cesare e da Antonia Vaghi (Milano, Arch. parrocch. S. Alessandro, S. Sebastiano: Battesimi 1638-1749). Nei documenti a noi noti questo pittore viene sempre chiamato Vimercati, come pure viene denominato il padre nell'atto di matrimonio del 15 febbr. 1659 (Milano, Archivio della Curia arcivescovile: Parrocchia di S. Maria Beltrade, Matrimoni). Tuttavia è certo che il cognome originario è Donelli: lo prova un atto del 9 giugno 1633 (Arch. di Stato di Milano, Notarile 25913) nel quale il nonno dell'artista viene citato col nome di Carlo Donelli detto Vimercati, soprannome forse derivato dalla località di provenienza. L'11 luglio 1669, quando venne rogato l'atto dotale di Antonia Vaghi (ibid. 30146), la famiglia del D. risiedeva ancora in parrocchia S. Sebastiano.
Secondo quanto afferma l'Orlandi (1753), il D. ricevette i prìmi rudimenti dell'arte sotto la guida di Ercole Procaccini il Giovane, per poi specializzarsi studiando le opere di Giulio Cesare Procaccini e di Daniele Crespi, che poteva osservare e copiare nella certosa di Garegnano (Milano).
Riteniamo che il D. in età giovanile fosse entrato a far parte dell'Accademia Ambrosiana, forse presentato dallo stesso Ercole Procaccini: così è più comprensibile l'ammirazione che il D. nutriva per Daniele Crespi, illustre esponente dell'accademia al tempo del cardinale Federico Borromeo.
Il primo dipinto noto dell'artista, anteriore al 1700 (Nicodemi, 1935) e oggi distrutto, Il devoto dell'Eucarestia che viene liberato dal carcere, faceva parte della serie di quadri che, di proprietà dell'Arciconfraternita del Ss. Sacramento (che aveva sede nel duomo di Milano), venivano esposti in occasione della festa del Corpus Domini.
Attraverso la riproduzione fotografica in bianco e nero, la tela appare dipinta con figure ben modellate e con ricerca di violenti contrasti tra luci e ombre; quest'ultima caratteristica l'accomuna al gusto deì tenebrosi veneziani, ma, al pari di altri lombardi, il D. mostra di preferire all'immediato naturalismo una deformazione fantastica delle fisionomie; il taglio diagonale della composizione sarà tipico di altre opere del pittore.Successiva è una Sacra famiglia col Padre Eterno, conservata nel santuario dell'Addolorata di Rho (P. Airaghi, Il santuario della Madonna Addolorata..., Cantù 1972, p. 43).
Anche in questa tela, di notevoli dimensioni, l'artista gioca con sapienza sui forti contrasti e sugli accostamenti degli scuri caldi e di quelli freddi: in più, è da notare una maggiore scioltezza di pennellata e una raggiunta personalità caratteristica, come si rileva dalle tipologie inconfondibili dei personaggi. Il bozzetto è posto su una parete del corridoio della sacrestia della basilica di S. Eustorgio a Milano (Bora, 1984).
Il 5 febbr. 1698 il D. promise alla priora della Compagnia delle terziarie francescane di versare L. 700 quale dote spirituale della sorella Anna Maria, che voleva diventare suora di quell'Ordine (Arch. di Stato di Milano, Notarile n. 36402). In quest'atto si dice che il D. abitava in parrocchia S. Lorenzo Maggiore, dove lo troviamo sposato con Maddalena Carcano. I registri battesimali di S. Lorenzo (ad annos) citano quattro figlie del pittore: Antonia Francesca nata il io genn. 1700; Anna Marina Gaspara venuta alla luce il 15 febbr. 1701, della quale fu padrino di battesimo Donato Gaspare Mazzolini, altro artista, membro dell'Accademia Ambrosiana; Giovanna Alba Marianna nata il 31 dic. 1705; Anna Rosa Marina battezzata il 17 apr. 1707. Gli Stati d'anime della parrocchia di S. Lorenzo (porzione via Arena) lo dicono, nel 1709, abitante nella casa del marchese Piantanida ma l'anno seguente il D. non è più citato, dal che si può dedurre che si fosse trasferito altrove.
Di questo periodo resta un solo dipinto, che è anche l'opera più nota del D.: si tratta dell'ovale con S. Sebastiano davanti al proconsole romano, attualmente collocato sulla parete sinistra della cappella di S. Sebastiano nella basilica di S. Ambrogio a Milano.
Documentato da una lettera scritta il 7 ag. 1703 dal pittore Alessandro Mari, che si era recato a osservare i nuovi dipinti della cappella di S. Sebastiano (un esemplare stampato si conserva a Milano, Arch. stor. civ., Fondo Belgioioso n. 244), esso rivela alcune caratteristiche già evidenziate nelle opere precedenti: composizione diagonale, precisa linea di demarcazione tra mondo divino e mondo terreno, introduzione di tinte scure per esaltare i chiari, giustapposizione delle figure; ma si intuisce che l'artista ormai procede verso esiti barocchetti: le capigliature bionde degli angioletti, gli azzurri chiari e le stesse fisionomie appuntite rendono il contesto più leggero e civettuolo.
Per questa cappella dipinsero tele artisti milanesi tra i più considerati (F. Abbiati, S. M. Legnani detto il Legnanino): perciò riteniamo che nel 1703 il D. fosse pittore assai rinomato. Un altro dipinto con Donna al pozzo e oranti nella casa parrocchiale della milanese basilica di S. Lorenzo, ma probabilmente già appartenente alla cappella di S. Antonio nella stessa basilica (Latuada, 1737, p. 314), è pure riferibile al primo decennio del secolo.
Nell'atto di procedura del 31 nov. 1713, stipulato da accademici dell'Ambrosiana, atto fondamentale per ricostruire la biografia dell'artista, il D. è detto abitante in parrocchia S. Vincenzo in Prato (Arch. di Stato di Milano, Notarile n. 40181).
Negli ultimi anni di vita, secondo quanto afferma il Bartolì (1777), il D. esegui la pala per l'altare maggiore della chiesa delle orsoline a Codogno (Milano) con una Visitazione, oggi conservata nel Museo diocesiano di Lodi.
In questo dipinto, di sapore completamente barocchetto, il D. dimostra d'aver superato ogni remora seicentesca: le figure della Madonna e di s. Elisabetta conferiscono alla composizione grazia e preziosità di colore; lo sfondo, risolto con azzurri tenui, è solcato da lumeggiature biancastre che tracciano in alto le sagome di due evangelisti, del Dio Padre e d'un angelo. Sicuramente studiata da Pietro Antonio Magatti, che operò per le chiese della Madonna delle Grazie e di S. Giorgio di Codogno, questa pala ebbe una importanza fondamentale sulle scelte pittoriche dell'artista varesino.
Il D. mori a Milano il 20 ott. 1715 e fu sepolto nell'oratorio di S. Bernardino presso S. Stefano, essendo stato confratello di quella scuola, nella parrocchia di S. Vincenzo in Prato (cfr. Milano, Arch. parrocch. S. Ambrogio, S. Vincenzo in Prato, Libro dei morti, ad annum).
Altre opere del D. vengono ricordate dalle fonti, ma sono sempre poche in relazione alla fama che egli sicuramente godeva e per lo più tutte perdute o di ubicazione ignota: due Angeli e sei Scene della vita di s. Antonio nella cappella omonima della chiesa della Madonna delle Grazie a Codogno (Bartolì, 1777); Madonna con s. Ludovico, s. Bernardino e altri due santi nel santuario della Madonna delle Grazie di Codogno (Bartoli, 1777); Maria Vergine, s. Giuseppe e altri santi nella chiesa milanese di S. Gottardo al Corso (Bartoli, 1776, p. 181), di cui esiste in loco un rifacimento, posteriore; una delle Storie dell'Antico Testamento nel giardino del monastero di S. Vittore al Corpo (Latuada, 1738, p. 355); una o più tele per la cappella di S. Antonio in S. Lorenzo a Milano (Latuada, IV, 1738).Numerosi sono invece i disegni del D. a noi pervenuti, in gran parte raccolti presso la Biblioteca Ambrosiana, per lo più eseguiti a sanguigna: nudi nelle più varie posizioni, personaggi gravemente paludati, teste dai profili caratteristici, studi anatomici di tipo scolastico, rivelano tutti notevole abilità esecutiva.
Pittore a torto obliato, il D. fu personaggio importante tra Seicento e Settecento nel territorio milanese. Percorrendo strade proprie, a quanto pare senza l'ausilio di viaggi che gli avrebbero consentito un adeguato aggiornamento, giunse a risultati analoghi a quelli raggiunti dai più noti Lanzani e Legnanino, immettendovi caratteristiche personali (colori freddi gemmei), che verranno assorbite dalla scuola magattiana in pieno secolo diciottesimo.
Fonti e Bibl.: Oltre a quanto indicato all'interno della voce cfr.: Milano, Bibl. Braidense, ms. AF. XII.5: P. F. Goldaniga, Memorie storiche del regio ed insigne borgo di Codogno Lodigiano (1761-1763), p. 296; S. Latuada, Descrizione di Milano, III, Milano 1737, p. 314; IV, ibid. 1738, pp. 306, 355; P. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1753, p. 118; F. Bartoli, Notizia delle pitture... d'Italia, I, Venezia 1776, pp. 139, 181; II, ibid. 1777, pp. 112 s.; C. Bianconi, Nuova guida di Milano, Milano 1787, p. 239; B. Borroni, Ilforastiere in Milano, Milano 1808, pp. 94, 119; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, II, Bassano 1809, p. 242; P. Zani, Encicl. ... delle belle arti, I, 8, Parma 1821, p. 365; G. Scurati, Iquadri che si espongono in duomo nel Corpus Domini, Milano 1878, pp. 25 s.; G. Cairo-F. Giarelli, Codogno e il suo territorio, Codogno 1898, II, pp. 117, 386 s.; G. Nicodemi, I quadri dell'Accademia del Ss. Sacramento nel duomo di Milano, Milano 1935, pp. 18, 34; P. M. Sevesi, S. Maria delle Grazie di Codogno, in Arch. stor. lodigiano, V (1957), pp. 65-93; G. Nicodemi, La pittura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, p. 513; S. Modena, Disegni di maestri dell'Accademia Ambrosiana, in Arte lombarda, IV (1959), 2, pp. 92, 122; Id., La seconda Accademia Ambrosiana, ibid., V (1960), I, pp. 84, 92; E. Arslan, Le pitture del duomo di Milano, Milano 1960, pp. 88 s.; A. Barigozzi Brini, in Disegni del Settecento lombardo, Vicenza 1973, pp. 67 s.; G. Bora, in La basilica di S. Eustorgio in Milano, Milano 1984, p. 195; Id., La pittura... nelle prov. occidentali lombarde, in La pittura ital. Il Seicento, I, Milano 1989, pp. 100, 102, ill. 130; G. Pacciarotti, C. D. detto il Vimercati, in Settecento lombardo (catal.), Milano 1991, pp. 69-72; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXXIV, p. 376 (sub voce Vimercati, Carlo); Diz. enc. Bolaffi, XI, p. 336.