donde
Nelle Rime è adoperato una volta l'avverbio relativo indefinito donde che: XLIV 2 donde che mova chi con meco parla, " da qualsiasi parte " venga chi parla con me: struttura e funzione sono affini a quelle di quando che (If I 120 speran di venire / quando che sia a le beate genti, " in qualsiasi momento " ciò avvenga). In Rime dubbie VII 8 costei che la diana stella / criò e donde tu mai non ti parti, d. funge da pronome relativo (" dalla quale "). Nello stesso sonetto (v. 12 Per te beato far mossi parole ... Donde non nacquer canti né parole / ma in tra loro facien lungo concilio) d. è avverbio coordinativo (" e da ciò ", " e in seguito a ciò "; per questo significato di d. e per la posizione iniziale di verso, cfr. Dante da Maiano Ver' te mi doglio 5, 0 lasso me 9). Queste due ultime funzioni di d. sono chiaramente analoghe.
Con funzione ancora di pronome relativo, ma con il valore di " di cui " (cfr. francese antico dont, provenzale antico don), d. si trova soltanto in Fiore XLIV 1 Quel Socrato, dond'i' ti vo parlando, / sì fu fontana piena di salute.
Le attestazioni di ‛ donde ', ‛ donda ' con questo significato sono largamente diffuse nell'italiano antico, non soltanto in poesia (Iacopo da Lentini A l'aire claro 11 " Io foco donde ardea stutò con foco ", Dante da Maiano Primer ch'eo 13 " non è mal dond'eo senta dolore ", probabile citazione da Perdigon Ben aio 'l mal 12 " Que no es mal don eu sentis dolor "), ma anche in prosa, dal veneto (cfr. Tristano Corsiniano 2b, e R. Ambrosini, in " Italia Dialettale " XX [1955] 64) all'otrantino (nel Sydrac otrantino, cfr. " Arch. Glottol. It. " XVI [1902] 50-66; e v. anche in " Annali Scuola Norm. Sup. Pisa " XXI [1952] 283-289) e, naturalmente, al fiorentino (volgarizzamento della Disciplina clericalis, " La formica... raguna la state dond'ella vive di verno ", Schiaffini, Testi 74); mancano, però, nelle altre opere di D., nelle quali l'uso di d. è, oltretutto, estremamente limitato.