donazione
Contratto con il quale un soggetto (donante) arricchisce un altro soggetto (donatario) senza controprestazione e per mero spirito di liberalità, attribuendogli un bene o un diritto, oppure assumendo verso il medesimo un’obbligazione (art. 769 c.c.). Quando la d. ha un oggetto di significativa entità economica, deve rivestire la forma dell’atto pubblico (art. 782 c.c.), mentre in caso di d. di modico valore è sufficiente la consegna dal donante al donatario per trasferire la proprietà del bene.
La particolare natura della d. spiega il perché essa si discosti dalle disposizioni sui contratti in generale e sui singoli contratti tipici, di cui ai titoli II e III del libro IV del codice civile. In particolare, il motivo illecito del solo donante rende nulla la d. se risulta dall’atto ed è l’unico che ha determinato il donante alla liberalità (art. 788 c.c.), diversamente da quanto avviene per gli altri contratti, in cui solo se comune a entrambe le parti il motivo illecito è causa di nullità del negozio (art. 1345 c.c.). Alla d. può essere apposto un onere, ossia un obbligo a carico del donatario che ne limita l’arricchimento, così come possono verificarsi cause di revocazione della medesima a opera del donante, nelle due ipotesi di ingratitudine (art. 801 c.c.) e di sopravvenienza di figli (art. 803 c.c.).
La disciplina della d. si applica anche ad altri atti diversi da quelli previsti all’art. 769 c.c., in riferimento alle norme concernenti la revocazione, nonché a quelle sulla riduzione per integrare la quota dovuta ai legittimari.