DONATI, Donato
Nacque a Modena l'11 genn. 1880 da Felice e da Giulia Vienna. Si laureò in giurisprudenza presso l'università della città natale, il 4 luglio 1902, con una tesi su: "La divisione dei poteri in rapporto alle condizioni storiche, sociali e politiche dei principali Stati di Europa e degli Stati Uniti di America". Nello stesso anno vinceva il premio del concorso triennale interno, istituito dalla locale Cassa di risparmio, e il 13 dic. 1902 si iscriveva all'albo dei procuratori di Modena. Nel dicembre 1904 gli fu affidato l'insegnamento di diritto e legislazione rurale presso l'istituto tecnico "A. Bassi" di Lodi, ma già nel gennaio del 1905 otteneva il trasferimento presso un istituto tecnico di Brescia e nel marzo del 1905 vinceva un concorso per perfezionamento all'estero indetto dalla facoltà di giurisprudenza di Modena.
Scelta l'università di Strasburgo, seguì un corso di perfezionamento (1905-06) nel semestre di inverno alla scuola di P. Laband e, presso l'università di Heidelberg, nel semestre d'estate, frequentò i corsi di dottrina generale dello Stato, di diritto pubblico tedesco di G. Jellinek (di cui seguì anche i seminari), di diritto amministrativo e di dottrine generali del diritto pubblico della politica di G. Anschútz, di diritto internazionale di V. Kirschenheim.
Nel frattempo aveva portato a termine il suo primo lavoro di vasto respiro, Itrattati internazionali nel diritto costituzionale (Torino 1906), e nello stesso 1906 vinceva la cattedra di diritto costituzionale nella facoltà di giurisprudenza della privata università di Camerino (commissione: V. E. Orlando, L. Rossi, S. Romano).
Nel 1907 fu anche incaricato di diritto internazionale e nel 1908 conseguì la libera docenza in diritto costituzionale presso l'università di Roma. La sua ampia produzione giuridica si arricchi anche di un'altra opera monografica, Il problema delle lacune nell'ordinamento giuridico, Milano 1910. Nel 1909 era stato chiamato ad un incarico a Sassari; vinceva poi il concorso di diritto costituzionale per l'università di Catania (commissione L. Rossi, S. Romano, V. E. Orlando, A. Moretti G. Vacchelli) e nel 1914, conseguito l'ordinariato, si trasferiva all'università di Macerata, di cui doveva divenire rettore. A causa delle funzioni rettorali non fu chiamato alle armi nel 1915; dopo la guerra si trasferì all'università di Padova.
Nella sua vita intensa ed operosa si dedicò interamente alla ricerca e alla didattica, senza farsi "mai attrarre dalla professione forense o da attività politiche" (Giannini, 1947, p. 242). Già il cit. lavoro sui Trattati internazionali nel diritto costituzionale e più tardi quello su Stato e territorio nel diritto internazionale (Roma 1924, ma iniziato nel 1914 in Riv. didir. internazionale) erano imperniatì sul concetto della distinzione fra società internazionale e interna, interdipendenti, ma ciascuna autonoma e indipendente nel proprio ordine per differenza di natura e quindi di fonti e di contenuti.
Da questa premessa si diramano tutte le altre sue posizioni in quasi tutti i settori del diritto pubblico: le lacune dell'ordinamento giuridico, le fonti, la interpretazione analogica della legge e la sua applicazione giudiziale, diritti di libertà in teoria generale.
La problematica di diritto internazionale, oltre che nel cit. testo fondamentale, Itrattati internazionali nel diritto costituzionale, viene sviluppata in numerosi ulteriori saggi (Gli organi dello Stato e il diritto internazionale. A proposito di una recente pubblicazione del ministro della Marina, in Rivista di diritto pubblico, I [1909], 9-10, pp. 19-37; I principi costituzionali circa la competenza all'esecuzione dei trattati internazionali e l'art. 44 capov. del t. u. delle leggi sui diritti di autore (Nota a sentenza), in Foro italiano, XXXVII [1912], 10, pp. 3.37; Sulla competenza dell'autorità giudiziaria circa l'interpretazione e l'applicazione dei trattati internazionali (Nota critica), in Riv. di dir. intern., VI [1912], 2, pp. 3. 15).
Ne Gliorgani dello Stato (contro la tesi di D. Anzilotti, in Ildiritto internazionale nei giudizi interni, Bologna 1905) difendeva quella distinzione fra diritto internazionale ed interno, per cui quello non può valere come norma giuridica per la costituzione di competenze, poteri e vincoli degli organi dello Stato.
Il suo contributo alla teoria generale del diritto consisteva soprattutto nel difendere, ma con nuove e critiche motivazioni, tesi classiche messe in forse dalle nuove correnti (Ilproblema delle lacune dell'ordinamento giuridico, Milano 1910; I caratteri della legge in senso materiale. Prolusione a. acc. 1909-1910, Camerino 1910; La lotta per la scienza del diritto, in Archiv für Rechts. und Wirtschafisphilosophie, III [1910], 2 [estratto: Berlin-Leipzig 1910]; La forza formale della legge, Pisa 1911, pp. 87-102; Il principio della irretroattività della legge e il diritto costituzionale, Modena 1914; Il procedimento della approvazione delle leggi nelle Camere italiane, Macerata 1914; Abrogazione della legge, Modena 1914; Il contenuto del principio della irretroattività della legge, Roma 1915).
Destando notevoli polemiche, il D. riaffermava con rigido formalismo, fino alle estreme conseguenze, il dogma tradizionale della completezza dell'ordinamento giuridico, in quanto le leggi, disciplinando determinati rapporti, e ponendo relativamente ad essi determinati obblighi, rappresentano un complesso di comandi non solo limitati ai casi considerati, ma anche esclusivi per i casi stessi, di modo che esse contengono anche implicita la dichiarazione di volontà che nessuna limitazione vi sia in tutti gli altri casi. L'ordinamento contiene due categorie di norme: particolari od inclusive, espressamente limitate ai casi previsti (norme); e norme generali od esclusive, estensibili a casi non preveduti, escludenti quindi l'introduzione di nuove norme. Le norme positive comportano un diritto generale di libertà, in quanto assolvono una duplice funzione: limitare la libertà nei rapporti contemplati, ed escludere qualsiasi altra limitazione per i casi non preveduti; la funzione di sanzione e di deterrente si giustifica solo quando gli effetti, connessi a determinatì atti e fatti vengono esclusi per ogni altro atto o fatto.
Questa posizione pone qualche problema di conciliazione con l'altra tesi, sempre sostenuta dal D., della esclusiva statualità del diritto. Egli, pur prendendo in considerazione le esigenze di socialità e di razionalità che sostenevano le tesi opposte, attribuiva alla coerenza ed al potenziale svolgimento ed adattamento autointegratìvo di un ordinamento il compito di assicurare, conciliando le esigenze scaturite dalle trasformazioni sociali e la certezza del diritto, una giustizia sostanziale la quale, in quanto tale, non può realizzarsi senza i valori della libertà, della certezza giuridica (il ricorso all'analogia ed ai principi generali del diritto è legittimo solo quando ammesso positivamente), della distinzione di competenza fra i tre poteri (in particolare il giudice nella posizione costituzionale di organo per la pura attuazione della legge, cfr. Sulconcetto della giurisdizione volontaria, in Archivio giuridico, LXXIV [1905], 2, pp. 1-6; I caratteri distintivi delle persone giuridiche pubbliche e la giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi nelle controversie in Materia d'impiego, in Temi Emiliana, VII-VIII [1930], 11-12, pp. 3.9), della rappresentatività degli organi, propri dello Stato di diritto.
Il D. si inseriva anche nella diatriba sui caratteri distintivi della legge in senso materiale che si andava spostando dal piano della teoria generale a quello del diritto positivo. Egli prendeva in critica considerazione il criterio della generalità e della novità (con particolare riferimento a Laband). Partendo dalla tesi della natura del rapporto giuridico, in cui gli obblighi ed i diritti corrispettivi delle parti interessate debbono venire necessariamente disciplinati dalla volontà di un terzo, deduceva la natura triangolare del comando legislativo (contrapposto alla natura lineare del comando amministrativo rivolto dall'amministrazione agli amministrati): il comando di una volontà rivolta ad un'altra di fare o di omettere qualche cosa verso una terza volontà (Caratteri della legge in senso materiale, cit.).
Partendo da una puntigliosa analisi dei termini "retroattività" ed "irretroattività", egli negava in linea di principio la possibilità di una retroattività in senso proprio, letterale, pur precisando che non si trattava del rispetto dei "diritti quesiti" che vanno rispettati solo per il periodo anteriore ad una nuova legge.
Il D. si applicava altresì alla individuazione ed alla enunciazione esplicita dei principi istituzionali evincibili dalle strutture costituzionali corporative ed all'inserimento organico di essi nel sistema della teoria generale tradizionale del diritto pubblico, nell'ambito del quale detti istituti si inserivano con innovativa continuità (L'efficacia costituzionale della Carta del lavoro, in Archivio di studi corporativi, II [1931], 2, pp. 457-477; Il governo del re nella classificazione delle forme di governo, in Rivista di diritto pubblico, XVI [1933], 10, pp. 514-529; Sulla posizione costituzionale della Corona nel governo monarchico presidenziale, in Archivio di diritto pubblico, II [1937], 1; Divisione e coordinamento dei poteri nello Stato fascista, in Studiper S. Romano, e in Archivio di diritto pubblico, III [1938], 1, pp. 5-12).
Il suo contributo alla teoria generale dello Stato inizia nel settore amministrativistico con l'indagine fenomenologica sulla natura e i caratteri degli atti amministrativi come specie (esercizio di potere) dell'atto giuridico, e con la ricostruzione e definizione di una loro tipologia (Atto complesso, autorizzazione, approvazione, in Archivio giuridico, XII [1903], I, pp. 5-105, riutilizzato in parte per Trattatiinternazionali nel diritto costituzionale; Le leggi di autorizzazione e di approvazione, in Diz. didir. pubblico, poiModena 1914), ma spazia in tutto il diritto pubblico costituzionale (cfr. Diritto costituzionale. Lezioni, Camerino [1909], poi Macerata 1913 e 1914; Appunti di diritto costituzionale, a. acc. 1924-1925, Padova 1925; Dirittoecclesiastico. Appunti di lez., Macerata 1913 e 1914); la sua dottrina dello Stato, come culmine del suo pensiero giuspubblicistico, trova espressione soprattutto in Lapersona reale dello Stato (prolusione all'università di Padova, in Riv. di dir. pubbl., XII [1921], 1-2, pp. 3-24), ed in La Città del Vaticanonella teoria generale dello Stato, Padova 1930; costituente, Costituzione, voci in Enc. Italiana (XI, pp. 652 s., 656) e collabora innegabilmente nell'affermarsi della distinzione concettuale fra "Stato persona" e "Stato comunità", nell'identificazione dello "Stato persona" con lo "Stato struttura" e nell'elaborazione del concetto (che avrà una sua fortuna in avvenire) di "costituzione materiale" come substrato della "costituzione formale".
Nel primo saggio, partendo dal concetto di scienza giuridica come scienza formale (criterio metodologico già preannunciato nell'Introduzione di Stato e territorio, 1914), il D. sosteneva che essa doveva fissare i propri concetti in base al diritto obbiettivo, tenendo però presente che il contenuto e l'efficacia del diritto obbiettivo, e cosi la portata dei concetti che da esso derivano, devono determinarsi in relazione alla natura e alla struttura della realtà empirica che le norme giuridiche sono dirette a regolare. Pertanto la valutazione della realtà empirica regolata dal diritto costituisce in ogni caso la premessa indispensabile per stabilire il concetto giuridico ad essa corrispondente.
Tale criterio esercita un triplice riflesso nella determinazione della natura e dei limiti della personalità giuridica dello Stato. In primo luogo il diritto obbiettivo, nell'attribuire allo Stato la personalità giuridica, la delinea in armonica corrispondenza alla sua personalità reale. In secondo luogo, l'esistenza dello Stato come persona reale risolve i problemi relativi alla sua personalità giuridica, come quelli dell'appartenenza della sovranità, e dei rapporti fra Stato e diritto. La sovranità come potestà di fatto, nel senso di forza materiale costringente, può appartenere solo ad una persona reale. Il promanare del diritto dallo Stato, presuppone l'esistenza di uno Stato come persona di fatto indipendentemente dal diritto. In terzo luogo, lo Stato in quanto ente, soggetto reale e persona, non può considerarsi, secondo la tradizione costituito dai tre elementi (del resto di controversa identificazione dottrinale), ma da quell'unico elemento, concretizzantesi in una complessa sostanza eterogenea, formata sia dai pubblici funzionari, sia dalle funzioni da essi esercitate.
Nel saggio sulla Città del Vaticano egli svolse, sulla base del diritto positivo, la sua indagine attraverso una minuziosa analisi della natura e del ruolo che assumono in questo caso specifico i tre elementi tradizionali dello Stato, al fine di enucleare un criterio per individuare i caratteri peculiari di questo Stato sui generis, che viene classificato come nuovo tipo di Stato patrimoniale.
Il D. non era affatto estraneo ai problemi giuridici della vita reale del diritto, nella loro concretezza storica, anzi era sensibile per le questioni che hanno riferimento immediato ai problemi concreti della vita reale, come dimostrano i numerosi esempi nelle sue opere principali e cioè nei Trattatiinternazionali ein Stato e territorio e nel saggio sulla natura dello Stato della Città sul Vaticano.
Il metodo scientifico di indagine del D. è scrupolosamente informato, accurato nell'equilibrare l'analisi rigorosa con l'inquadramento sintetico nell'ambito della generalità del sistema. I suoi interessi teorici sono intesi alla costruzione di una teoria generale del diritto e dello Stato fondata sul concreto contatto con la realtà storica (cfr. Sul diritto a pensione degli impiegati austriaci passati al servizio del governo italiano a termini dell'art. 15 del Trattato di Vienna, in Foro italiano, XXXII [1907], 20, pp. 7-17). Come affermava E. Tosato, uno dei suoi noti discepoli, il D., "va considerato anche fra i grandi giuristi che si sono impegnati nell'esame e nella soluzione delle questioni aperte dai più importanti avvenimenti storici del tempo in cui vissero, prendendo posizione con tutto il peso della loro non comune capacità a penetrare il mondo giuridico in tutti i suoi aspetti, teorici e pratici" (Presentazione di D. Donati, Scritti, 1966, pp. XXV s.).
Il D. aveva fondato e diretto la Scuola di scienze giuridiche e sociali; curò per la casa editrice Cedam di Padova una collana di studi di diritto pubblico e sempre per la stessa casa editrice diresse la "Biblioteca legislativa", nonché nel 1925 il primo volume de L'Europa nel secolo XVII; dal 1936 al 1938 fu anche direttore dell'Archivio di dirittopubblico.
Nel 1938 aveva accettato di prestare giuramento al regime fascista. Con le leggi razziali anche il D. (come suo cugino Benvenuto Donati. ordinario di filosofia del diritto) venne collocato a riposo (1938), nonché destituito da ogni altra carica nel mondo scientifico e universitario. Aveva allora inizio una serie di piccole angherie (come quella della contestazione del suo diritto di mantenere l'iscrizione all'albo di Padova della professione forense a causa della mancata denuncia del trasferimento della residenza a Modena). Qui trascorse lunghi anni di isolamento dalla vita ufficiale fatto segno, da parte di alcuni colleghi ed allievi, ad atti di indifferenza e di tradimento ma da parte di altri di coraggioso riconoscimento.
Alla fine del 1943 il D. dovette, improvvisamente e fortunosamente, fuggire dalla sua abitazione in Modena (poco prima di una incursione di fascisti), e riparare (dopo tre spericolati tentativi di passaggio del confine) come profugo in Svizzera, dove (dopo la quarantena al campo profughi) venne incaricato dell'insegnamento del diritto costituzionale nei corsi istituiti presso l'università di Ginevra per gli studenti italiani militari internati (1ºfebbr. 1944-5 luglio 1945).
Terminata la guerra venne rimpatriato il 14 luglio 1945. In Modena trovò la sua abitazione, aperta, saccheggiata ed abbandonata. Reintegrato nelle cariche precedenti, nelle diverse accademie ed associazioni culturali e specialmente nell'insegnamento universitario cercò di essere chiamato direttamente all'università di Modena.
Mentre la pratica stava per essere avviata a buon fine (vi tenne per incarico, nell'a. acc. 1945-46, lezioni di diritto internazionale), ricoveratosi a Modena per un intervento in clinica, moriva il 21 sett. 1946.
Fonti e Bibl.: Modena, Bibl. universitaria Estense, Fondo D. Donati, con tutti i documenti personali, le lettere ed i curricula da lui stesso ordinati e donati; D. Donati, Curriculum, Modena 194; necrol. in Riv. di dir. processuale, I (1946), p. 198; in Annuario d. Univ. di Modena [a.a. 1944-45], Modena 1946; in Riv. intern. di fil. d. dir., s. 3, XXIV (1947), pp. 241-245; E. Tosato, Presentazione ed E. Guicciardi, Ricordo, in D. Donati, Scritti di diritto pubblico... Raccolti a cura delle Università di Modena e di Padova nel XX anniversario della morte dell'autore, Padova 1966, pp. IX-XXVII e XXVIII-XLVIII; A. Amorth, CommemorazionediD. D. [25 nov. 1966], in Annuario della Università di Modena, Modena 1969, pp. 45-64; S. Cassese, Cultura e politica del diritto amministrativo, Bologna 1971, pp. 40-42.