DOMIZÎ
. Gente romana plebea, ascritta al patriziato da Augusto e molto importante verso la fine della repubblica. Le due famiglie più illustri della gente portavano i cognomi di Calvini e di Ahenobarbi. I primi giunsero al consolato nel 332 e nel 283, si eclissarono poi per due secoli e riguadagnarono il consolato nel 54, per poi sparire. Gli Enobarbi (sull'origine del cognome v. Svetonio, Nero, 1 e Plutarco, Paolo Em., 25, 3: pare che effettivamente il color rosso-rame predominasse fra loro e ancora Nerone era subflavo capillo, Svet., ib., 51) giunsero al consolato nel 192, e fino al 32 d. C. ebbero otto volte il consolato, due la censura e due volte trionfarono. Negli ultimi tempi della repubblica essi stettero sempre dalla parte del senato, ma si conciliarono poi col principato. Dal Gneo console nel 32 d. C., e ultimo della famiglia, e da Giulia Agrippina, pronipote di Augusto, nacque il L. Domizio Enobarbo, che adottato da Claudio divenne poi l'imperatore Nerone. Portavano solo i prenomi Gnaeus e Lucius. Il sepolcro della famiglia era sul Pincio. Il gentilizio Domitius fu portato in Roma anche da molti personaggi, i cui rapporti con la gens Domitia sono oscuri.
Bibl.: F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 1313; W. Drumann e P. Groebe, Gesch. Roms, III, Lipsia 1906, p. 1 seg.