TURAZZA, Domenico
– Nacque a Malcesine (Verona) il 30 luglio 1813 da Giacinto e da Maria Busti.
Il padre si era laureato in studi legali a Bologna. La madre proveniva da una famiglia veronese benestante. Giacinto abbandonò ben presto la moglie e il piccolo Domenico per inseguire ambizioni teatrali; Maria dovette crescere il figlio in condizioni economiche difficili.
Dopo gli studi elementari a Malcesine, Turazza si stabilì nel 1824 presso i familiari materni a Verona, per poter frequentare il ginnasio di San Sebastiano e il liceo. Qui ebbe come insegnanti, tra gli altri, Angelo Bianchi e Monterossi (latino e italiano), Rivato (filosofia), Giacinto Toblini (matematica) e l’abate Giuseppe Zamboni (fisica). Entrò in contatto in quegli anni anche con il linguista Antonio Cesari, teorico del purismo in campo letterario. La figura principale di riferimento fu Toblini, ingegnere, oltre che insegnante di matematica, al quale era legato da parentela e che frequentava durante le vacanze estive a Malcesine.
Terminato il liceo con il massimo dei voti, grazie ai sacrifici economici sostenuti dalla madre Turazza poté iscriversi all’Università di Padova nel novembre del 1831 e seguire il corso di studi matematici, per i quali appariva particolarmente versato. A Padova, dove per mantenersi agli studi s’impegnò anche a dare lezioni private ai compagni, Turazza si laureò il 22 gennaio 1835, ma sin dall’ottobre del 1834 aveva ottenuto un posto di assistente alla cattedra di agraria. Il 9 gennaio 1837 si addottorò anche in filosofia.
Negli anni dell’Università Turazza entrò in amicizia con alcuni docenti dell’ateneo, in particolare con Carlo Conti e con Giovanni Santini, professori di astronomia e di calcolo sublime, che lo introdussero all’osservatorio astronomico. Conti lo presentò anche all’Accademia patavina di scienze, lettere ed arti. Fu nel contesto di quelle frequentazioni che Turazza incontrò la nipote del notaio e collezionista padovano Antonio Piazza, Laura, e se ne innamorò. I due si sposarono nel settembre del 1839, nonostante le resistenze opposte dalla famiglia di lei, dopo che Turazza, già supplente di matematica e meccanica al liceo Antonio Pigafetta di Vicenza sin dal 1837, divenne professore ordinario nell’istituto nel maggio di quell’anno. Dal matrimonio nacque, tra gli altri, Giacinto, a sua volta ingegnere e docente universitario a Padova (v. la voce in questo Dizionario).
A quel punto la carriera di Turazza procedette rapidamente. Il 5 dicembre 1841 divenne professore ordinario di geometria descrittiva all’Università di Pavia e pochi mesi dopo, nel marzo del 1842, non ancora trentenne, ritornò a Padova come professore ordinario di geodesia e idrometria, cattedra che tenne fino al 1866 per passare poi a meccanica razionale. Nel giugno del 1843, a consacrazione del suo ingresso a pieno titolo nella comunità scientifica, fu nominato membro effettivo dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti.
Il periodo nel quale Turazza rientrò nell’ateneo patavino coincise con una fase di importanti trasformazioni e di ampliamento delle discipline tecnico-scientifiche. Non a caso l’anno accademico 1844-45 si aprì con la costituzione di una nuova facoltà matematica, separata dalla facoltà filosofica e avviata definitivamente nel marzo del 1846. Turazza prese parte attiva a quell’opera di riorganizzazione insieme a una nuova generazione di docenti rappresentata da figure quali Serafino Raffaele Minich, Giusto Bellavitis e Gustavo Bucchia, nipote di Pietro Paleocapa. Sino al 1848 gli studi scientifici e il rinnovamento della facoltà matematica assorbirono Turazza completamente. Non vi sono tracce, infatti, di una sua partecipazione attiva alla vita politica o all’opposizione antiaustriaca. Probabilmente la sua stessa solida fede cattolica contribuì a tenerlo lontano da un impegno politico diretto, almeno sino a quando non cambiò l’atteggiamento pontificio nei confronti della causa italiana con l’avvento al papato di Pio IX.
Il 1848 segnò uno spartiacque nelle scelte politiche di Turazza. Il 19 marzo fu tra le persone incaricate dal Municipio di organizzare la guardia civica cittadina; il 29 dello stesso mese ne divenne il capo. Tra marzo e giugno, quando gli austriaci si ritirarono nel Quadrilatero, sostenne il Comitato provvisorio dipartimentale nella gestione amministrativa e politica di Padova. Durante la riconquista del Veneto da parte delle truppe asburgiche, Turazza si recò a Cittadella dal generale Giovanni Durando per cercare soccorsi. Al ritorno degli austriaci, il 12 dicembre 1849, insieme ad altri docenti dell’ateneo egli fu chiamato a dar conto all’imperial-regio comandante della città del comportamento tenuto.
Dopo la fine dell’esperienza insurrezionale, Turazza non fece la scelta dell’esilio. Restò a Padova, pur essendo strettamente sorvegliato dal governo austriaco. Un decreto di Josef Radetzky lo punì peraltro per la scelta compiuta nel 1848, ponendo il veto alla sua nomina a decano della facoltà matematica. Tuttavia, alla riapertura dell’università proprio a Turazza fu affidato il compito di pronunciare la prolusione inaugurale per l’anno accademico 1850-51. Egli parlò sul tema Del dovere che ha la scienza di farsi popolare (Padova 1850). Da quel momento in poi Turazza si immerse nuovamente negli studi e assunse nuovi incarichi accademici e scientifici. Dal 1853 tenne l’insegnamento di matematica applicata, dapprima come supplente e, dal 1866, in qualità di professore ordinario. Nel 1866 assunse anche il corso di idraulica. Il 5 ottobre 1853 era stato nominato ingegnere civile ad honorem; nel 1863 era divenuto membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione dell’Impero austriaco. Nello stesso 1863 era stato nominato vicepresidente dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, e in tale veste aveva preso parte attiva alla preparazione dei festeggiamenti per il VI centenario dantesco, che costituirono un momento importante nel Veneto per il consolidamento del sentimento nazionale. Dell’Istituto divenne presidente due anni dopo, riammettendovi alcune personalità allontanate per motivi politici subito dopo il 1848, figure quali Giuseppe Meneghini e Paleocapa.
Il passaggio istituzionale tra Asburgo e Savoia non comportò particolari conseguenze per Turazza. Del resto, già nel maggio del 1866, prima che iniziasse la terza guerra d’indipendenza, casa Savoia gli aveva conferito il titolo di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, un evidente segnale di benevolenza. Al momento dell’ingresso del Veneto nella nuova compagine nazionale, egli fece il gesto di rinunciare sia alla presidenza dell’Istituto veneto sia alla cattedra universitaria d’idraulica. Ma già dopo un anno di interruzione riprese quell’insegnamento con la nuova denominazione di idraulica pratica. Nel 1869-70 ebbe la supplenza di meccanica razionale. Sin dalla fine del 1866, il nuovo Stato nazionale lo aveva chiamato a far parte del Comitato ministeriale per l’istruzione universitaria e gli istituti di perfezionamento.
Dal 1867 entrò nel Consiglio provinciale di Padova ove rimase sino al 1890, essendo sempre eletto con larghezza di voti. In quel consesso si occupò di problemi idraulici, di irrigazioni e bonifiche, di opere sanitarie, di istruzione tecnica e professionale, di comunicazioni e infrastrutture. Sostenne nel 1883 l’apertura della prima clinica ostetrica a Padova e, con l’ingegnere e imprenditore Vincenzo Stefano Breda, si profuse per lo sviluppo ferroviario e ferrotranviario del territorio.
Negli anni aveva stretto solide relazioni e rapporti di amicizia con i principali esponenti della classe dirigente veneta. Fu amico di figure quali Andrea Cittadella Vigodarzere, Ferdinando Cavalli, Giovanni Battista Mugna, Francesco Marzolo, Andrea Meneghini, Carlo Cerato, Giacobbe Trieste e Alberto Cavalletto. Non volle mai assumere un ruolo di rappresentanza della società veneta a livello nazionale e non si presentò alle elezioni per la Camera dei deputati, pur sollecitato da più parti a rappresentare il Veneto nel nuovo Regno. Accettò invece incarichi pubblici minori a livello locale o funzioni di rappresentanza da parte del governo nazionale: nel 1869 fu eletto nel Consiglio scolastico provinciale di Padova e fu chiamato a presiedere la giunta dell’istituto tecnico provinciale, la cui costituzione fu da lui fortemente voluta in sintonia con i maggiorenti della Società d’incoraggiamento padovana e del Gabinetto di lettura, tra i quali Luigi Luzzatti. Nel 1869 ebbe dal governo nazionale l’incarico di rappresentare la scienza italiana all’inaugurazione del canale di Suez.
Divenne rettore dell’Università di Padova nell’anno accademico 1870-71 e prese parte attiva al riordino degli studi di ingegneria all’interno dell’ateneo patavino. Nel 1872 fu nominato preside della nuova facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali e nel 1874-75 direttore della Scuola d’applicazione per ingegneri che, da sezione della facoltà di scienze, egli aveva trasformato in facoltà autonoma e che diresse sino alla morte. Nella Scuola fu titolare delle cattedre di meccanica razionale e di idraulica pratica.
Le pubblicazioni di Turazza, a partire dalla prima risalente al 1835, sono una novantina (per l’elenco delle quali si veda Favaro, 1892, pp. 66-79). I suoi studi si sono sviluppati nel campo sia delle matematiche pure sia delle matematiche applicate. Alcuni si riferiscono alla meccanica industriale e furono tra i primi in Italia ad approfondire la teoria dinamica del calore e le sue possibili applicazioni alle macchine a vapore. Ma il campo nel quale Turazza produsse i risultati più significativi fu quello dell’idraulica. Rientra in quest’ambito il celebre Trattato di idrometria ad uso degli ingegneri, scritto in una prima versione all’età di trentadue anni nel 1845 e rivisto in occasione di due edizioni successive nel 1867 (Trattato di idraulica pratica e idrometria) e nel 1880 (Trattato di idraulica pratica). Il trattato gli garantì una vasta notorietà nel settore, del quale divenne con il tempo un esperto autorevole, riconosciuto come tale non solo in Italia.
La competenza in materia idraulica gli valse numerosi incarichi di consulenza all’interno di commissioni governative nel Veneto, in Italia e all’estero.
A lui ricorsero per pareri in tema di derivazione di acque e di costruzione di acquedotti molte amministrazioni municipali: da Padova (per la sistemazione del Brenta) a Venezia (per la riattivazione del porto del Lido), da Bologna (per l’immissione del Reno nel Po e per regolare le acque delle province alla destra del fiume) a Verona (per la sistemazione del tronco urbano dell’Adige), da Trapani sino a Spalato. Turazza fu consulente di dozzine di consorzi che si rivolsero al suo arbitrato e richiesero pareri in merito all’attività di bonifica e d’irrigazione dei terreni. Egli si espresse sulla questione delle valli veronesi e del riassetto dei canali ricompresi nell’agro. Fu membro di numerose commissioni istituite a livello ministeriale. In ambito economico fece parte della commissione nominata per esaminare i regolamenti della legge sulla tassa del macinato. In ambito idraulico venne chiamato a studiare le condizioni del bacino del Po, al fine di suggerire provvedimenti contro l’esondazione del fiume, e fece parte della commissione Possenti, costituita nel dicembre del 1870 per affrontare i problemi suscitati dalla piena del Tevere a Roma. Dopo l’alluvione del 1882 che interessò il Veneto, presiedette la commissione tecnica istituita dal ministero dei Lavori pubblici per avviare specifici provvedimenti idraulici e suggerire interventi per la sistemazione dei fiumi. Nel campo dell’istruzione tecnica fu membro della commissione incaricata di ispezionare gli istituti tecnici veneti (1870) e della commissione che nel 1876 dovette redigere il regolamento nazionale per le nuove scuole di applicazione per ingegneri. Nel 1890 fu tra i membri della commissione giudicatrice del progetto per i lavori Sul regime e sulla sistemazione dei fiumi d’Italia.
Oltre a presiedere l’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Turazza fu membro di una trentina di accademie, istituzioni scientifiche e associazioni di ingegneri dal 1835, quando divenne, a soli ventidue anni, socio corrispondente dell’Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, istituzione della quale fu in seguito presidente (1851-53 e 1867-69). Tra di esse, la Società italiana delle scienze o dei XL (dal 1863), l’Accademia pontificia dei Nuovi Lincei (1867), la Reale Accademia dei Lincei (1875), la Reale Accademia delle scienze di Torino (1876), l’Istituto filotecnico nazionale italiano (1868), la Società degli ingegneri e industriali di Torino (dal 1868), la Società degli ingegneri, industriali e cultori di arti affini a Firenze (1871), l’Associazione degli ingegneri e architetti toscani (1876), il Collegio degli ingegneri e architetti di Roma (1879). Nel 1860 fu socio fondatore della Società di scienze naturali di Milano.
Turazza manifestò sin dagli anni liceali uno spiccato interesse per la cultura umanistica. Fu amico di Aleardo Aleardi e nel tempo libero coltivò gli studi letterari e linguistici, scrivendo anche poesie quali il celebre poemetto La torre di Vanzo, in omaggio all’amico e mecenate Antonio Piazza. Praticò diverse lingue straniere: il tedesco, il francese, l’inglese e lo spagnolo, e studiò il russo e il sanscrito. Tradusse dal tedesco un paio di trattati di geometria e si produsse in traduzioni letterarie da William Shakespeare, John Milton, Thomas Moore, Richard Brinsley Sheridan, William Hickling Prescott, Friedrich Schiller, Luis de Góngora. Dei suoi interessi linguistici è testimonianza, tra l’altro, la collaborazione intrapresa con l’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti per la realizzazione degli aggiornamenti del vocabolario italiano dopo l’Unità.
Tra il 1869 e il 1870 gli vennero conferite le onorificenze di cavaliere, ufficiale e commendatore della Corona d’Italia; tra il 1880 e il 1884 ottenne le onorificenze di ufficiale e di commendatore dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro e nel 1887 il titolo di cavaliere dell’Ordine civile di Savoia. Il 4 dicembre 1890 fu nominato senatore per la categoria 18. L’Università di Pavia lo nominò professore emerito nel 1884.
Morì a Padova il 12 gennaio 1892.
Fonti e Bibl.: Padova, Archivio dell’Università, Archivio delle facoltà, Archivio della facoltà filosofico-matematica, Laureati in matematica (1818-1847), b. 24-19, f. 332; Laureati in filosofia (1818-1847), b. 10/T-Z; Libro matricola del personale, Registro «Personale universitario dal 1867 al 1885»; Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale dell’Istruzione superiore, Fascicoli personale universitario1860-1880, 1o versamento, b. 2151.
A. Favaro, Della vita e delle opere del senatore D. T.: commemorazione letta nell’Aula Magna della R. Università di Padova: 27 marzo 1892, Padova 1892; E. Paladini, Commemorazione di D. T., in Il Politecnico. Giornale dell’ingegnere architetto civile ed industriale, XL (1892), pp. 170-180; M. Minesso, Tecnici e modernizzazione nel Veneto. La Scuola dell’Università di Padova e la professione dell’ingegnere (1806-1915), Trieste 1992; C. Datei, Nel centenario della morte di D. T. (1892-1992), in Atti e memorie dell’Accademia patavina di scienze, lettere ed arti, CV (1992-1993), pp. 75-93; D. T.: principe dell’ingegneria idraulica, letterato e poeta. Atti del convegno... 2013, a cura di C.G. Someda, Padova 2013.