TARUGI, Domenico
– Nacque il 28 gennaio 1638 a Ferrara, da Francesco e da Caterina Ardiccioni.
Il padre, nativo di Orvieto, svolgeva la sua attività di uditore di rota a Ferrara. La madre apparteneva a un’antica e benestante famiglia orvietana e contava tra i suoi avi una religiosa di nome suor Faustina del monastero di S. Paolo, cui il camaldolese Serafino Razzi nel 1584 aveva dedicato la Vita di s. Marta.
Fu battezzato il giorno della nascita nella parrocchia di S. Romano dallo zio domenicano, fra Giacinto Tarugi, che sarebbe diventato prima vescovo di Venosa e poi arcivescovo titolare di Mira, morendo poi nel 1654.
La famiglia Tarugi era originaria di Montepulciano, poi nel 1555, con Girolamo, si trapiantò in Orvieto, dove fu aggregata alla nobiltà locale e investita dal pubblico consiglio del feudo di Castelnuovo. Fra i suoi membri più illustri vantava il cardinale oratoriano Francesco Maria (v. la voce in questo Dizionario); l’arcivescovo di Pisa Sallustio, amico di Carlo Borromeo; l’abate Bernardino, che di Borromeo fu vicario civile e maestro di camera; il beato Bartolomeo, venerato nella cattedrale di Montepulciano; la venerabile suor Domenica, prima monaca in S. Paolo di Orvieto e poi fondatrice del monastero di S. Agnese in Montepulciano.
Ritornata la famiglia da Ferrara a Orvieto, Domenico fu iniziato agli studi dal sacerdote Girolamo Giuliani, per esser poi inviato a Roma per proseguirli insieme ai fratelli. Presso il Collegio romano studiò retorica, poetica ed eloquenza. Prese lezioni di filosofia dal padre Silvestro Mauri, esperto conoscitore dell’opera aristotelica, che volgarizzò, ma con maggiore entusiasmo si accostò alla teologia. Passò diciottenne agli studi giuridici presso l’Università della Sapienza, dove ebbe come apprezzato maestro Giuseppe Carpani, per quasi quarant’anni titolare dell’insegnamento di diritto civile, che proseguiva in casa sua nell’Accademia degl’Intrecciati. La peste del 1656, che da Napoli passò anche a Roma, l’obbligò a lasciare la città e a ritirarsi a Perugia, dove verosimilmente completò con la laurea gli studi giuridici forzosamente interrotti a Roma: secondo Lorenzo Cardella (1794) si sarebbe laureato alla Sapienza, dove però il suo nome non compare nei registri delle lauree (risulta addottoratosi in legge solo un Pompilio Tarugi, di Orvieto, nel 1602). Conseguito il titolo accademico si dedicò a un personale approfondimento del diritto, studiando in particolare gli scritti di Jean Favre, Jacques Cujas e François Douaren, poi si avviò alla carriera legale praticando presso lo studio dell’uditore di rota Angelo Celsi, futuro cardinale e prefetto della congregazione del Concilio.
Nel 1670 papa Clemente X Altieri lo destinò uditore della nunziatura di Portogallo per assistere il nuovo nunzio, l’orvietano Francesco Ravizza, da poco consacrato arcivescovo titolare di Sidone (1667). Tuttavia, mentre il nunzio dovette passare prima per la Francia per il disbrigo di affari di ufficio, il giovane Tarugi s’imbarcò da Livorno e lo precedette a Lisbona, dove si fece subito apprezzare a corte. Malgrado un’indagine romana provocata da accuse calunniose, poi risultate infondate, l’esperienza portoghese risultò positiva. Da essa, tuttavia, una volta rientrato a Roma, non ottenne quell’avvio di carriera che sperava e perciò, sostenuto da Ravizza, che gli lasciò la sua biblioteca, fu costretto a intraprendere, e con successo, l’avvocatura. In questa veste assistette Ravizza nella stesura del suo testamento il 19 maggio 1675. Patrocinò cause complesse e clienti illustri, tra gli altri: l’arcivescovo di Colonia Joseph Clemens Kajetan von Bayern, a cui si contestava la validità dell’elezione; il duca di Parma Ranuccio II Farnese in contenzioso con il duca di Bracciano Flavio Orsini per il castello di Sant’Angelo; il cardinale Benedetto Pamphili, per pendenze ereditarie rispetto alle ultime volontà del cardinale Ippolito Aldobrandini.
Affermatosi per i molti successi giudiziari, fu scelto come uditore da Flavio Chigi, cardinal nipote di papa Alessandro VII, e con il suo favore nel 1682 divenne avvocato concistoriale e già nel gennaio dell’anno seguente fu posto come luogotenente dell’uditore della camera concistoriale, acquistandosi fama di giudice preparato e imparziale. Il 29 gennaio 1689 divenne referendario del tribunale della Segnatura. Quando poi Innocenzo XII Pignatelli riordinò i tribunali romani, lo pose come uditore di rota per la nazione toscana, in sostituzione di Alessandro Benincasa (1° maggio 1694).
Lo stesso pontefice creò Tarugi cardinale prete del titolo di S. Maria della Scala il 12 dicembre 1695 e lo nominò arcivescovo (a titolo personale) della diocesi di Ferrara (il 2 gennaio 1696 inviava un indirizzo di saluto al magistrato di quella città, ricordando con commozione che vi era nato come figlio e ora vi tornava come padre). Prese possesso della diocesi per procura attraverso il vicelegato Giorgio Spinola. Fu consacrato vescovo il 12 febbraio dell’anno seguente nella chiesa di S. Maria in Vallicella dall’arcivescovo di Bologna, il cardinale Giacomo Boncompagni, assistito dal patriarca latino di Antiochia Michelangelo Mattei e dall’arcivescovo titolare di Mira Prospero Bottini. Entrò in diocesi il 2 marzo 1696, ma solo il 4 aprile celebrò la prima messa solenne in cattedrale per la presa di possesso del vescovato. Per l’occasione venne composto un oratorio da eseguirsi nella chiesa dei francescani di S. Spirito.
Alto e di robusta costituzione, era di carnagione chiara, ma rubizzo in volto. Aveva capelli neri e lisci e aspetto in genere gioviale, anche se portato a impeti d’ira. Ebbe poco tempo per mostrare le sue capacità di governo della diocesi. Di lui si ricorda solo che sistemò il conservatorio di S. Matteo, dove organizzò per gli ospiti una sezione maschile e una femminile.
Affaticato per la visita pastorale della diocesi, che subito aveva avviato, morì a Ferrara il 27 dicembre 1696 per una crisi diabetica. La salma fu esposta al pubblico nel palazzo episcopale poi, con breve corteo funebre, trasferita il 29 seguente in cattedrale, dove l’indomani, alla presenza delle autorità locali e del cardinale legato Ferdinando d’Adda, si celebrarono le esequie solenni in musica con l’orazione funebre tenuta dal somasco ferrarese Almerico della Fabra. La sepoltura, posta nel presbiterio, fu contrassegnata da una lapide voluta dal capitolo.
Lasciò parte dei suoi apparati alla cattedrale di Ferrara e parte alla chiesa di Orvieto. Ma furono maggiori i debiti che lasciò, essendo stato fatto cardinale solo di recente e non avendo quindi avuto il tempo per soddisfare tutti i creditori. L’Arcadia romana, a cui era stato ascritto il 2 agosto 1691 con lo pseudonimo di Egerio Daseo, ne commissionò un profilo biografico all’abate beneventano Niccolò de’ Simoni (Anasco Ninfadio). Una iscrizione lo ricordava nell’aula del Maggior consiglio di Montepulciano.
Fonti e Bibl.: Poca documentazione è presso l’Archivio storico diocesano di Ferrara (Atti di Curia, 1696/11, 61, 111; Documenti episcopali, bb. 5-7bis); altre carte sono all’Archivio segreto Vaticano nei fondi degli uffici ricoperti da Tarugi. Nella Biblioteca della Fondazione Giorgio Cini di Venezia è conservato il libretto musicale: S. Ermenegildo. Oratorio da cantarsi nella chiesa dello Spirito Santo. Dedicato al merito impareggiabile dell’eminentissimo Domenico Tarugi, Ferrara 1696. Le sue allegazioni, pur stampate all’epoca, come era costume, non sono mai state raccolte in volume.
G. Baruffaldi, Dell’istoria di Ferrara libri nove, ne’ quali diffusamente si narrano le cose avvenute in essa, dall’anno MDCLV, fino al MDCC, Ferrara 1700, pp. 464, 466, 478; N. de’ Simoni, Vita del cardinale D. T. da Orvieto, detto Egerio Daseo, in Le vite degli arcadi illustri scritte da diversi autori, e pubblicate d’ordine della generale adunanza da Giovan Mario Crescimbeni, II, Roma 1708, pp. 255-274; G.M. Carafa, De Gymnasio Romano et de eius professoribus ab Urbe condita usque ad hæc tempora libri duo..., Romae 1751, pp. 534 s.; M. Guarnacci, Vitae, et res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. cardinalium a Clemente X usque ad Clementem XII..., I, Romae 1751, coll. 459-462; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, VIII, Roma 1794, pp. 50 s.; G. de Novaes, Elementi della storia de’ Sommi Pontefici da San Pietro sino al felicemente regnante Pio Papa VII, XI, Roma 1822, pp. 141 s.; A. Frizzi, Memorie per la storia di Ferrara, V, Ferrara 1848, p. 146; Dei Tarugi segnalatesi per pietà. Lettera di Tommaso Gnoli a Vincenzina Tarugi, in Offerta di poesie di sacro o pietoso argomento per la vestizione religiosa in Firenze di Vincenzina de’ Tarugi, Roma 1856, pp. V-XX; Notizie di scrittori orvietani per il Sig. conte Mazzucchelli di Brescia, estese dal Sig. abate Gio. Battista Febei nel 1751, in Archivio storico per le Marche e per l’Umbria, III (1886), pp. 345-418 (in partic. pp. 411 s.); R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia Catholica medii et recentioris aevi, V, Patavii 1952, pp. 20, 54, 200; L. Chiappini et al., La Chiesa di Ferrara nella storia della città e del suo territorio. Secoli XV-XX, II, Ferrara 1997, pp. 131-133, 182 s.; L. Paliotto, Ferrara nel Seicento. Quotidianità tra potere legatizio e governo pastorale, I-II, Ferrara 2006-2009, ad ind.; M. Bianco, Indice delle visite pastorali nella città di Ferrara desunto dal Fondo Visite Pastorali dell’Archivio storico diocesano (1432-1915), in Analecta Pomposiana, XXXV-XXXVI (2010-2011), pp. 259-330; I. Fosi, Il cardinale protettore, l’ambasciatore, il nunzio: note sulla nunziatura di Lisbona (1670-1673), in Incorrupta monumenta Ecclesiam defendunt, III, Città del Vaticano 2018, pp. 217-233.