TARDINI, Domenico
– Nacque a Roma, nel rione popolare di Sant’Eustachio, il 29 febbraio 1888 da Cesare, contabile in aziende commerciali, e da Giulia Malerbini, casalinga, ambedue romani.
La madre si ammalò di tubercolosi e morì a soli quattro anni dalla nascita del figlio, il quale venne affidato alle cure della famiglia paterna. Frequentò le elementari presso la scuola Angelo Braschi diretta dai Fratelli delle scuole cristiane e, da esterno, il ginnasio del pontificio seminario romano di S. Apollinare, al termine del quale, l’11 febbraio 1903, venne ammesso come interno al seminario. Nel 1908 si laureò in filosofia presso la Pontificia Università La Sapienza. Due anni più tardi anche il padre morì. Fu prefetto dei seminaristi più giovani, tra i quali si possono annoverare i nomi di Alfredo Ottaviani e Giuseppe de Luca, con i quali Tardini rimase per sempre legato da profonda amicizia. Il 2 luglio 1912 ottenne la laurea in teologia e il 21 settembre venne ordinato sacerdote. Un mese dopo ricevette l’incarico di insegnare liturgia e Sacra Scrittura al Collegio urbano De Propaganda Fide e, l’anno seguente anche teologia sacramentaria, disciplina che a partire dal 1917 insegnò all’ateneo del pontificio seminario romano maggiore, la futura Università Lateranense.
Accanto all’attività didattica, Tardini si dedicò a quella pastorale nella parrocchia di San Saba sull’Aventino e divenne direttore della congregazione delle Figlie di Maria.
Negli anni del primo conflitto mondiale fu aiutocappellano a Roma presso l’istituto S. Giuseppe De Merode, trasformato in ospedale militare.
Il 26 luglio 1921 prese servizio come minutante alla prima sezione della segreteria di Stato. Nell’ambito della riforma dell’apostolato dei laici nel segno di una sempre maggiore centralizzazione e gerarchizzazione, il 25 aprile 1923 Pio XI lo nominò assistente ecclesiastico della Federazione italiana uomini cattolici (FIUC) e due anni dopo assistente ecclesiastico generale della Società della gioventù cattolica italiana (GCI). In questo ruolo di «direzione dei dirigenti» (cit. in Casula, 1988, p. 44) Tardini si prodigò per l’organizzazione delle settimane religioso-sociali in giro per l’Italia con lo scopo di avvicinare il clero all’Azione cattolica; per stimolare la stampa e l’attività editoriale della GCI puntò su tre testate: il Bollettino per gli assistenti ecclesiastici, Gioventù Italica e Gioventù Nova. In particolare, in quest’ultima rivista nel 1924 venne pubblicato un articolo non firmato, ma certamente opera di Tardini e De Luca, sui presupposti culturali della formazione della classe dirigente. La stessa centralità della cultura fu posta alla base dell’istituzione formativa di Villa Nazareth a cui Tardini avrebbe dato vita nel 1946, una residenza per accogliere e istruire gli orfani e i figli di famiglie numerose e povere, «dotati di intelligenza e buone qualità» (Casula, 1988, p. 128). Quando, nel gennaio del 1926, venne a conoscenza del progetto di legge per l’istituzione dell’Opera nazionale balilla, stese un promemoria in cui espresse le sue preoccupazioni di fronte alle mire del fascismo di occuparsi della formazione morale dei giovani, un ambito che la Chiesa reclamava come di propria competenza.
Fu membro del consiglio nazionale della pontificia Opera della propagazione della fede e membro della commissione incaricata della redazione del catechismo unico per tutta la Chiesa, presieduta dal cardinale Pietro Gasparri.
Il 7 giugno 1929 venne nominato sottosegretario della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari. Nel 1934 divenne consultore della congregazione per la Chiesa orientale, poi nel 1936 consultore del S. Uffizio e della Concistoriale. Il 19 dicembre 1935 divenne sostituto della segreteria di Stato, per essere nominato il 13 dicembre 1937 segretario della congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari nonché presidente della commissione pontificia pro Russia.
In questi anni Tardini fu uno dei protagonisti dell’entourage curiale di Pio XI e uomo chiave dell’azione diplomatica del Vaticano. All’indomani della firma dei Patti lateranensi, la conciliazione tra la S. Sede e lo Stato italiano venne da lui salutata in maniera positiva in un editoriale del Bollettino per gli assistenti ecclesiastici. Qualche anno più tardi però, l’11 febbraio 1934, affidò alle pagine del diario privato le sue riserve sugli effettivi vantaggi che il Concordato aveva portato alla Chiesa. La preoccupazione che sembrava albergare in Tardini relativamente ai rapporti tra la S. Sede e lo Stato fascista era quella di tutelare la dimensione religiosa da strumentalizzazioni da parte del governo di Benito Mussolini e di fare in modo che il prestigio internazionale del papato non venisse offuscato da una parvenza di allineamento della Chiesa con le scelte politiche del fascismo.
Le numerose note e i promemoria stesi da Tardini come segretario del dicastero addetto ai rapporti con gli Stati sulle questioni più cogenti che interessarono la S. Sede negli anni Trenta e durante la seconda guerra mondiale rappresentano un corpus di fonti che permette non solo di capire quale fosse la sua posizione di fronte ai problemi politici del momento, ma anche quali fossero il clima e le idee che circolavano in Curia e nelle stanze dei due pontefici al servizio dei quali si trovò a lavorare. Questi scritti servirono spesso da base per le discussioni durante le udienze con Pio XI prima e Pio XII poi, per determinare la linea di azione del Vaticano.
Da quelle note sappiamo che in occasione della mobilitazione italiana in Etiopia, in controtendenza rispetto al consenso offerto dal mondo cattolico italiano al regime per la costruzione dell’impero, Tardini espresse un duro giudizio sul fascismo, a suo avviso responsabile di una «inutile carneficina» nel Paese africano (cit. in Ceci, 2008, p. 332), e una serie di acute critiche sugli effetti della dittatura instaurata da Mussolini. Tuttavia, convinto assertore della via diplomatica, Tardini si persuase che Pio XI non dovesse denunciare pubblicamente la rovinosa china su cui la politica fascista stava conducendo l’Italia, ma fosse preferibile un dialogo segreto ma franco con il Duce, che gli facesse intendere la contrarietà della S. Sede al conflitto etiopico.
L’elezione al soglio pontificio di Pio XII vide la riconferma di Tardini agli Affari straordinari, ruolo che negli anni della seconda guerra mondiale ricoprì cercando di mantenere un certo realismo politico su questioni importanti su cui era chiamato a confrontarsi con il segretario di Stato, Luigi Maglione, il sostituto, Giovanni Battista Montini, e a consigliare lo stesso papa. I problemi che si trovò ad affrontare erano di «alta politica» (cit. in Casula, 1988, p. 179), come la neutralità della S. Sede, la ricerca di un compromesso tra le nazioni per favorire la pace, i rapporti con il Terzo Reich e con i nuovi regimi autoritari sorti nel corso della guerra, l’aggressione tedesca dell’Unione Sovietica, l’intervento degli Stati Uniti, l’occupazione di Roma e le sorti dell’Italia, per la quale, come scrisse in un memorandum nel dicembre del 1943, si augurava il ritorno alla democrazia. Durante la guerra Tardini mise a fuoco la vera pericolosità del nazismo, al punto da auspicare che nella lotta tra nazionalsocialismo e comunismo «un diavolo caccia[sse] l’altro» (Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde guerre mondiale, a cura di P. Blet et al., 1965-1981, V, doc. 62, pp. 182-184), mettendoli di fatto sullo stesso piano.
Nel dopoguerra, di fronte all’affermazione della Democrazia cristiana, Tardini si dimostrò contrario a un impegno della Chiesa in politica e in particolare al fatto che potesse legare le sue sorti a un unico partito. Sulla scomunica dei comunisti si trovò in disaccordo, se non sulla sostanza, sui modi utilizzati dal S. Uffizio. Nel prosieguo della guerra fredda, a proposito dei rapporti da tenere con l’Unione Sovietica, Tardini ebbe una posizione a metà tra quella di Ottaviani (più intransigente) e quella più possibilista di Giovanni XXIII.
Accanto all’attività in segreteria di Stato, Tardini continuò a coltivare gli studi pubblicando articoli e brevi opere, e a tenere conferenze. Tra i suoi interessi figura uno studio sulla romanità cattolica, così come era stata delineata da Tommaso d’Aquino, e in contrapposizione a quella propagandata dal regime fascista. Fu anche conoscitore profondo ed estimatore di Giuseppe Gioachino Belli, che sentiva vicino anche per ragioni biografiche (entrambi erano rimasti presto orfani), tanto da dedicargli articoli e saggi, alcuni pubblicati con lo pseudonimo di Civis.
La conoscenza di alcune suore carmelitane riparatesi a Sutri dopo che il loro monastero sulla Rocca di Vetralla era stato distrutto dai bombardamenti aerei durante la guerra, a cui Tardini aveva dato della lana da filare per far preparare indumenti da distribuire ai poveri, lo indusse a finanziare l’acquisto della villa dello scultore Pietro Canonica per ricostruire il monastero per le monache a Vetralla. Continuò l’opera di apostolato e caritativa verso il Carmelo per tutta la vita, tanto da decidere di farne il suo luogo di sepoltura.
Nel 1952 Pio XII conferì a Tardini e a Giovanni Battista Montini il titolo di prosegretari di Stato, pare, secondo alcune ricostruzioni, dopo che il primo aveva convinto il secondo, per impedirgli di assumere la guida della segreteria di Stato, a chiedere al papa di essere dispensati entrambi dall’accettare il cardinalato. In seguito alla nomina del bresciano ad arcivescovo di Milano, Tardini rimase unico prosegretario fino alla morte di Eugenio Pacelli avvenuta il 9 ottobre 1958.
Per la commemorazione a un anno dalla scomparsa di Pio XII, il 20 ottobre 1959 Tardini scrisse un testo, dato poi alle stampe, nel quale notava un certo «ristagno» nella Curia e incertezza nelle decisioni del pontefice (Pio XII, 1960, p. 70).
L’elezione al soglio pontificio di Angelo Giuseppe Roncalli comportò l’immediata nomina di Tardini a segretario di Stato (il 28 ottobre 1958 secondo Loris F. Capovilla, il 29 secondo altri). La carica fu accettata non senza qualche resistenza dal monsignore, il quale aspirava a dedicarsi, prima o poi a tempo pieno, ai ragazzi di Villa Nazareth. Nel primo concistoro tenuto da Giovanni XXIII, il 15 dicembre 1958, Tardini ricevette la porpora cardinalizia.
Nell’udienza del 20 gennaio 1959 Giovanni XXIII gli comunicò la sua intenzione di indire un concilio ecumenico, notizia che il segretario di Stato accolse con entusiasmo e che venne annunciata ai cardinali il successivo 25 gennaio. Il 17 maggio fu istituita la commissione antepreparatoria la cui presidenza, dietro suggerimento del cardinal Pietro Ciriaci, venne affidata dal papa proprio a Tardini. La commissione aveva il compito di redigere il questionario e la lettera accompagnatoria da inviare a tutti i vescovi della Chiesa cattolica per consultarli sugli argomenti da trattare nell’assise conciliare. Tuttavia, Tardini decise di accantonare definitivamente l’idea di un questionario in modo da non dare l’impressione di voler condizionare o limitare la libertà dei presuli. Nella lettera inviata il 18 giugno, si invitavano i cardinali, patriarchi, arcivescovi e vescovi, abati, superiori di congregazioni e ordini religiosi, a esprimere i propri pareri. Arrivarono circa duemila risposte che furono lette e classificate su schede predisposte nel frattempo da Tardini, mediante le quali fu organizzato il materiale per poter giungere a una sintesi che consentì di conoscere l’orientamento dell’episcopato. Il 5 giugno 1960, con il motuproprio Superno Dei nutu venne avviata la vera fase preparatoria del concilio.
Il 14 o 15 novembre 1959 venne nominato arciprete della Basilica e prefetto della Fabbrica di S. Pietro.
A fine gennaio del 1960, la stanchezza causata da problemi cardiaci lo costrinse a rallentare il lavoro e a delegare a Pericle Felici alcune incombenze. Continuò tuttavia a supervisionare la costituzione delle commissioni preparatorie per il concilio. Alla richiesta del papa di presiedere la commissione centrale, Tardini rispose di non sentirsi in grado di assumere tale compito a causa della sua malattia.
Grazie agli studi condotti sul pontificato di Leone XIII, Tardini contribuì alla preparazione dell’enciclica sociale Mater et magistra, uscita in occasione del settantesimo della Rerum Novarum (15 maggio 1961).
Colto da un collasso mentre soggiornava a Chianciano, morì a Roma il 30 luglio 1961.
Opere. La dottrina sociale cattolica nei documenti di Leone XIII, Pistoia 1928; Te deum laudamus, in Bollettino per gli assistenti ecclesiastici della Società della gioventù cattolica italiana, 1929, n. 3; S. Tommaso d’Aquino e la romanità, in Rivista di filosofia neo-scolastica, XXIX (1937), 2, pp. 109-117 e in La scuola cattolica, LXV (1937), pp. 130-141; Pio XII, Città del Vaticano 1960; I due Belli, in L’Urbe, I (1963), 6, pp. 4-5.
Fonti e Bibl.: Vetralla, Archivio del monastero di Vetralla; Roma, Archivio storico di Villa Nazareth; Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano; Archivio della Segreteria di Stato, Sezione per i Rapporti con gli Stati, Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari; Actes et documents du Saint-Siège relatifs à la Seconde guerre mondiale, a cura di P. Blet et al., I-XI, Città del Vaticano 1965-1981.
A. Martini, Il cardinale T. e la seconda guerra mondiale, in La Civiltà cattolica, 1968, vol. 2, pp. 108-118; G. Nicolini, Il cardinale D. T., Padova 1980; A. Riccardi, T., D., in Dizionario del movimento cattolico in Italia, a cura di F. Traniello - G. Campanini, III, 2, Casale Monferrato 1984, pp. 832-834; Papa Giovanni, a cura di G. Alberigo, Roma-Bari 1987; C.F. Casula, D. T. (1888-1961). L’azione della Santa Sede nella crisi fra le due guerre, Roma 1988; Id., T. e la preparazione del Concilio, in G. Campanini et al., Come si è giunti al Concilio Vaticano II, Milano 1988, pp. 172-195; V. Carbone, Il cardinale D. T. e la preparazione del Concilio Vaticano II, in Rivista di storia della Chiesa in Italia, I (1991), pp. 42-88; D. Tardini, La guerra, gli orfani, la carità «Non mi sono dato pace». Scritti spirituali, a cura di F. Gianfreda, Roma 2007; L. Ceci, «Il fascismo manda l’Italia in rovina». Le note inedite di monsignor D. T. (23 settembre-13 dicembre 1935), in Rivista storica italiana, 2008, vol. 120, n. 1, pp. 294-346 (in partic. pp. 294-321); Ead., L’interesse superiore. Il Vaticano e l’Italia di Mussolini, Roma-Bari 2013.