SICILIANI, Domenico
– Nacque a Cirò, presso Crotone, il 1° maggio 1879, da famiglia nobile di origine napoletana. Suo fratello Luigi fu un noto letterato, poeta e politico. Sposò Matilde Serena Monghini.
Nel 1891 fu al Collegio militare, quindi frequentò la Scuola militare di Modena nel 1896-1898, completando l’iter formativo a Torino, presso la Scuola di guerra.
Promosso capitano, nel 1911 – all’indomani dello scoppio della guerra italo-turca – venne trasferito in Libia, distinguendosi nei combattimenti di Derna (1911-12). Tornò in Italia già l’anno successivo, e nel 1913 contribuì ai soccorsi alle popolazioni marchigiane colpite dal terremoto.
Durante la Grande Guerra – dopo un primo stanziamento in Italia con la 17ªͣ divisione (partecipò all’attacco di monte Porè, il 24 maggio 1915) – promosso maggiore, nel 1916 fu trasferito in Albania quale capo di stato maggiore del corpo di spedizione, dove organizzò lo sgombero dell’esercito serbo.
Nel maggio del 1917 il tenente colonnello Siciliani, rientrato in Italia, passò al Comando supremo con il compito di compilazione dei bollettini di guerra. A seguito della disfatta di Caporetto (24 ottobre-12 novembre 1917), nell’aprile del 1918, promosso colonnello, fu chiamato a dirigere la neocostituita sezione Propaganda dell’Ufficio stampa e propaganda. Si trovò, dunque, a redigere il bollettino italiano più noto, quello della vittoria (4 novembre 1918).
Già direttore dell’Ufficio storico dello stato maggiore dell’esercito nel 1919, alla fine dell’anno fu scelto quale capo di stato maggiore del vice commissario militare straordinario per la Venezia Giulia.
All’indomani della guerra ricoprì principalmente incarichi diplomatico-militari. Alla guida dal 1920 del Gabinetto del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio, di questi divenne fidato collaboratore, garantendosi un sicuro prosieguo di carriera.
Nel luglio-settembre del 1921 partecipò da cronista a un’ambasciata negli Stati Uniti presso i connazionali d’Oltreoceano, avendo cura di tratteggiare l’immagine complessa dell’America della neopresidenza di Warren G. Harding, risvegliatasi dalle utopie wilsoniane. Fu quindi in Romania nel 1923 e nel 1924 a Rio de Janeiro, addetto militare in Brasile. Dopo il rientro in Italia, nel 1925, l’anno successivo gli fu affidato il comando del 52° reggimento fanteria di Spoleto.
Badoglio, governatore dell’unificata colonia di Tripolitania e Cirenaica (21 gennaio 1929), lo richiese per il vicegovernatorato di Cirenaica dal gennaio del 1929 al marzo del 1930, con l’intento di attuare una strategia politico-militare di negoziazione finalizzata alla spartizione del potere in colonia. Pur essendo nuovo al panorama coloniale, Siciliani godette di un’ampia autonomia provvedendo, secondo le direttive ricevute, all’approntamento di misure difensive – in una regione instabile e di difficile conquista – e alla riorganizzazione logistica dei reparti, evitando le grandi azioni contro i ribelli senussiti guidati da Omar al-Mukhtàr (Roma, Archivio storico del ministero degli Affari esteri, Archivio storico del Ministero dell’Africa italiana, Libia, b. 150/21, f. 90, Riservatissima personale, n. 88).
Successivamente alle trattative del marzo-maggio del 1929, in due appuntamenti di giugno Siciliani fu costretto a concordare una tregua con Omar al-Mukhtàr, il quale evidentemente era nelle condizioni di trattare da una posizione di forza (Del Boca, 1988, pp. 155 s.).
Convinto assertore del ruolo dell’Italia quale nuova potenza civilizzatrice (Paesaggi libici: Tripolitania, 1934, pp. 219 s.), Siciliani ebbe sempre la percezione di poter garantire l’apparente disarmo della regione del Gebel, anche quando, in agosto, giunse all’apice lo scontro tra il capo ribelle Hassan er-Redà – il quale con Siciliani aveva firmato una dichiarazione di compromesso che annullava i precedenti accordi presi con Omar – e lo stesso Omar (Archivio storico del ministero dell’Africa italiana, Libia, Lettera n. 217).
Dopo il mancato rinnovo, in ottobre, dell’accordo con Omar al-Mukhtàr – mentre al nuovo ministro delle colonie Emilio De Bono risultava già chiara la situazione fallimentare in Cirenaica – una lettera del 10 novembre del ministro a Badoglio sancì la ripresa della politica fascista di guerra e repressione e la richiesta di sostituzione di Siciliani (Del Boca, 1988, pp. 159 s.). Nonostante la frenetica attività di bombardamenti, repressioni e proclami attuata da questi, il 10 gennaio 1930 – con una serie di telegrammi intercorsi tra i protagonisti della vicenda (degno di nota quello di Badoglio a Siciliani sulla necessità dell’uso delle bombe a iprite) e con la decisione di Benito Mussolini – si concluse la parabola di Siciliani a Bengasi, benché Badoglio cercasse di evitare ciò allegando un ampio rapporto sui risultati ottenuti in colonia dal suo vicegovernatore (Archivio storico del ministero dell’Africa italiana, Libia, telegramma 350 e Riservatissima personale, n. 88).
Mentre Omar al-Mukhtàr estendeva il proprio controllo a tutto il Gebel, il generale Rodolfo Graziani – in Tripolitania da quasi un decennio – sostituì Siciliani, imprimendo un radicale cambiamento nella gestione militare dell’intera regione.
Nel 1930-35, per volere di Badoglio, il generale di brigata Siciliani rimase in Libia, al comando delle truppe coloniali di Tripolitania (che si impegnò a riorganizzare, cfr. Archivio dell’Ufficio storico dello stato maggiore dell’Esercito italiano, L-8, b. 189, f. 4, prot. 9225/1: Tabelle organiche) – subentrando a Graziani in un incarico prestigioso benché, con la pacificazione della colonia ottenuta da questi, certamente di minore importanza.
Il 19 gennaio 1931 partecipò alla conquista – assai agevole data la netta superiorità italiana – di Cufra (ultima ridotta di resistenza della Cirenaica), che rappresentò la vittoria di Graziani sulla Senussia e l’isolamento definitivo di Omar al-Mukhtàr; la compilazione che Siciliani fece del documento ufficiale dell’operazione fu aspramente contestata da Graziani – il quale vi scorse un tentativo compiuto da Badoglio di negargli il merito della vittoria (Canosa, 2004).
Nell’aprile del 1936 assunse in Etiopia il comando della 1ª divisione Camicie nere 23 marzo, soltanto un mese prima della conclusione della campagna che decise la costituzione dell’impero italiano in Africa orientale; d’altronde, Badoglio – nel delicato compito di realizzare il sogno coloniale fascista – preferì non imporre nell’immediato uomini di fiducia o suoi favoriti.
Rientrato in Italia, nel gennaio del 1937 fu promosso al comando del corpo d’armata di Roma. Vi rimase sino alla morte, avvenuta il 6 maggio 1938, giorno della visita di Adolf Hitler in Italia – in occasione della quale Siciliani avrebbe avuto il comando della rassegna delle truppe.
Opere. Tra le principali: Fra gli italiani degli Stati Uniti d’America. Luglio - settembre 1921, Roma 1922; Paesaggi libici: Tripolitania, Tripoli 1934; L’esercito coloniale italiano, Pavia 1935.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico del ministero degli Affari esteri, Archivio storico del ministero dell’Africa italiana, Libia, b. 150/21, f. 90; In memoria di S.E. Domenico Siciliani, Roma 1939.
G. Massara, Viaggiatori italiani in America (1860-1970), Roma 1976, pp. 118-120; E. Santarelli et al., Omar al-Mukhtar e la riconquista fascista della Libia, Milano 1981, ad ind.; A. Del Boca, Gli Italiani in Libia, II, Dal fascismo a Gheddafi, Roma-Bari 1988, ad ind.; R. Canosa, Graziani. Il maresciallo d’Italia, dalla guerra d’Etiopia alla Repubblica di Salò, Milano 2004, pp. 71 s.; N. Labanca, La guerra italiana per la Libia. 1911-1931, Bologna 2012, ad indicem.