SAULI, Domenico
– Nacque a Genova il 24 marzo 1490 da Antonio (morto nel 1524), banchiere dotato di gusto artistico, e da Geronima Salvago (morta nel 1522).
Ricevette un’educazione raffinata e fu amico di umanisti come Matteo Bandello, Marco Antonio Flaminio, Gian Giorgio Trissino. Avviato al commercio – che nell’Autobiografia, dedicata al primo dei figli maschi (Francesco), confessò di non avere mai amato –, viaggiò molto rivelando un interesse crescente nei confronti dell’attività politica.
Nel 1517 si unì in matrimonio con Tomasina Spinola, appartenente a una delle più antiche e importanti famiglie genovesi. Nel 1518 era già ufficiale del Mare della sua patria, e nel 1520 fu chiamato a presiedere la magistratura della Sanità, delle pubbliche spese e della borsa. Avendo poi i Sauli il monopolio del sale per tutta l’Emilia-Romagna, nel 1522 entrò in rapporti con il duca di Milano Francesco II Sforza.
Nel 1523, già attivamente presente nel governo come membro del Senato e come ambasciatore della Repubblica, fu inviato a Roma per l’ambasciata d’obbedienza al neoeletto papa Clemente VII. Divenendo i rapporti con il duca di Milano sempre più stretti, fu incaricato dal papa e dal datario Gian Matteo Giberti di indurre il duca a entrare a far parte della lega antimperiale, che si stava stringendo tra Roma, Venezia, Francia e Inghilterra; ma un tale passo gli costò l’accusa di congiura e dovette riparare a Venezia per qualche tempo.
Impegnato nel settembre del 1525 a Pavia, assieme a Gerolamo Lonati, come «caneparo del sale» ed esattore della tassa di un «grossone» imposta da Francesco II Sforza a ogni famiglia del ducato per pagare a Carlo V i 100.000 scudi dovuti per l’investitura di Milano, come banchiere al servizio di Leone X e Clemente VII entrò in contatto con diversi personaggi della corte papale, fra i quali i cardinali Gasparo Contarini e Jacopo Sadoleto.
Nel 1527, ormai interamente al servizio di Sforza, da quest’ultimo ricevette a Lodi l’incarico di incontrare Clemente VII a Orvieto. In tale occasione divenne oratore ufficiale del papa presso l’imperatore Carlo V e dal 17 ottobre 1527 gli fu concesso il feudo di Pozzolo Formigaro, posto fra Tortona e Novi Ligure, al quale era annesso il titolo di marchese (confermato da Carlo V l’8 gennaio 1530).
Ripartì da Orvieto nel marzo del 1528, incaricato a sua volta dal papa di una missione presso il duca, con il quale successivamente passò a Cremona, a Brescia e infine – dopo la sconfitta dei cesarei a Lodi – nel castello di Soncino.
Su pressione di Francesco II Sforza, nel 1531 si stabilì definitivamente a Milano, nell’elegante casa che Gerolamo Rabbia aveva costruito e arredato in piazza S. Sepolcro; qui, l’anno successivo, fece venire sua moglie Tomasina, che era rimasta fino ad allora a Genova con la primogenita, Lucia (che nel 1537 avrebbe sposato Annibale Visconti, signore di Saliceto, e nel 1552 sarebbe divenuta madre di Alfonso, più tardi nunzio apostolico in Austria, poi cardinale e vescovo di Spoleto). A Milano nacquero gli altri figli: Francesco, che nel 1567 avrebbe sposato Bianca d’Invrea, di famiglia patrizia genovese, aggregata nel 1528 all’albergo Doria; Alessandro, futuro superiore generale dei barnabiti e vescovo di Aleria in Corsica e poi di Pavia (canonizzato nel 1904); Carlo, che sarebbe morto in tenera età; Paola Antonia, che sarebbe entrata nel monastero di S. Lazzaro in Milano sotto la regola di s. Domenico, e Cornelia, che avrebbe sposato un altro patrizio milanese, Alessandro Brivio.
Nel 1532 il duca impiegò Sauli nella guerra contro Giovan Giacomo de’ Medici e alla fine dello stesso anno, quando Clemente VII e Carlo V si incontrarono a Bologna, lo portò con sé al convegno, dove Sauli poté stringere amicizia con Francisco de Los Cobos y Molina, «commendator maggiore» di Léon, primo segretario e consigliere intimo dell’imperatore, che lo aiutò a rientrare nei favori di quest’ultimo. Nel 1532 fu nominato magistrato delle Entrate ordinarie; nel 1533 gli fu concessa la cittadinanza milanese e la nomina a senatore milite; poco dopo divenne anche presidente del magistrato ordinario.
Assunse un ruolo importante nella delicata vicenda matrimoniale che vide coinvolti lo stesso duca e Cristiano II di Danimarca, riuscendo a persuaderlo ad accettare in moglie Cristina di Oldenburg, secondogenita dell’ex re di Danimarca, dopo che gli era stata proposta la primogenita Dorotea, che però da suo padre era stata già promessa al re di Scozia. La tredicenne Cristina, giunta a Milano, vide tuttavia morire suo marito – appena quarantenne – nel 1535, pochi mesi dopo il matrimonio e senza eredi. Cristina ereditò la signoria di Tortona, mentre il ducato tornò all’impero in seguito alle istanze del presidente del Senato Giacomo Filippo Sacco e del presidente del magistrato delle Entrate (Finanze) Sauli, che vennero confermati nei loro uffici. Ma quando l’imperatore Carlo V cercò finanziamenti per nuove guerre, Domenico Sauli fu costretto a metterlo al corrente delle vere cause del dissesto finanziario, dovuto alle sfarzose e incontrollate spese dello stesso governatore di Milano Alfonso d’Avalos; per questo, probabilmente come ritorsione, dagli amici del marchese del Vasto fu accusato di concussione.
Con il passaggio del Ducato di Milano sotto il governo di Filippo II di Spagna, Sauli dovette affrontare la diffidenza del governo spagnolo di Milano per la sua vicinanza alla Francia. Vessato dal fisco e prostrato dalle vicende politiche, si ritirò a Pavia nel 1560, impegnandosi nella cura dei suoi poderi, tra i quali il feudo di Pozzolo Formigaro e i vasti possedimenti appartenuti all’abbazia di S. Cristina (tra Belgioioso e Chignolo Po, nel Pavese), che aveva acquistato dal cardinale Guido Ascanio Sforza di Santa Fiora nel 1547 (con rogito del notaio milanese Giampietro Bernareggi). I pavesi gli conferirono la cittadinanza onoraria.
Morì poco dopo avere salutato il figlio Alessandro, in partenza verso la Corsica come nuovo vescovo di Aleria: per alcuni la sua morte avvenne a Pavia nel giugno del 1570, mentre per altri a Venezia alla fine del mese di aprile del 1571; la salma venne tumulata a Milano, nella tomba di famiglia fatta da lui costruire nel 1541 nella cappella del Crocifisso in S. Maria delle Grazie.
Fonti e Bibl.: Storia fiorentina di messer Benedetto Varchi, I, Milano 1803, pp. 29 s.; Autobiografia di D. S., a cura di G. Porro Lambertenghi, Torino 1877; Alcune lettere di D. S., a cura di A. Neri, in Giornale ligustico di archeologia, storia e belle arti, VII-VIII (1881), p. 251-273.
O. Premoli, D. S., in Rivista di scienze storiche, II (1905), 5, pp. 292-312; Id., D. S. e i gesuiti, Milano 1911; G. Cagni, I Sauli, in Eco dei Barnabiti, LXXII (1992), 2, monografico: Sant’Alessandro Sauli 1534-1592, pp. 2-5; L’Archivio della famiglia Sauli di Genova, Inventario, a cura di M. Bologna, Roma 2001, pp. 15-17; A.M. Scorza, Le famiglie nobili genovesi, Trebaseleghe 2009, pp. 23 s.; A. Fara, Banca, credito e cittadinanza: i Sauli di Genova tra Roma e Perugia nella prima metà del Cinquecento, in Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge, 2013, http://mefrm.revues. org/1346 (18 settembre 2017); G. Martini, D. S. il primo marchese di Pozzolo Formigaro, in Il Popolo. Settimanale di informazione della diocesi di Tortona, 25 settembre 2014, p. 11; S. Pagano, I Sauli di Genova e il papato (secc. XV-XVII), in Barnabiti Studi, XXXIII (2016), pp. 7-18.