ROSSELLI, Domenico
– Figlio di Giovanni e di Lagia («lavoranti chon altri»; Fabriczy, 1899, p. 53), nacque nel 1439 a Pistoia (o nel circondario pistoiese). Ebbe quattro fratelli: Andrea, affetto da disabilità («attratto e perduto in tutto, che così è stato sempre mai»); Francesco, anch’egli scultore; Lorenza e Lucrezia, che al 1469 risultano senza dote (pp. 7 s.). Tra il 1446 e il 1451 visse a Rovezzano, presso Firenze, dove si formò come scultore (ibid.).
Tra il 1460 e il 1461 lavorò a Bologna in S. Petronio come «maestro de le fighure» (Supino, 1910, p. 97), realizzando la formella della Sibilla Persica, le due dell’Annunciazione apposte rispettivamente all’esterno del settimo e dell’ottavo finestrone occidentale e la sibilla del decimo finestrone orientale (Grandi, 1984; Pisani, 2001, pp. 50, 52).
Nel 1462 fu chiamato dal cognato Salvi d’Andrea a lavorare per la cattedrale di Pisa, dove fu incaricato di trasformare una colonna di porfido in un candelabro pasquale, attraverso l’aggiunta di una base e di un capitello. Il 9 dicembre 1462 ricevette il primo pagamento e l’8 gennaio 1463 il resto della somma dovutagli per la base. Tuttavia non poté realizzare il capitello perché la commissione gli fu revocata, per esser conclusa alcuni decenni più tardi da altre maestranze (Supino, 1899, pp. 427, 430; Fabriczy, 1899, pp. 8 s., 56; Pisani, 2001, p. 50).
Nello stesso periodo dovette realizzare il tabernacolo eucaristico nella collegiata di Scarperia, presso Firenze, ispirato ai modelli di Bernardo Rossellino e di Desiderio da Settignano (Caspary, 1963; Pisani, 2001, p. 50).
Il 13 settembre 1464 sposò Lisabetta, figlia del pettinatore Luca di Butini di Rovezzano (Fabriczy, 1899, p. 8), e il 15 dicembre di quell’anno s’immatricolò all’Arte dei maestri di pietra e legname (pp. 8, 54).
Nel 1465 realizzò varie opere nella cattedrale di Colle Val d’Elsa: il tabernacolo nella cappella del Sacro Chiodo, il fonte battesimale, le cornici e le parti figurative dei lati corti del pulpito. Nel palazzo dei Priori esistono due lunette in stucco derivate dalle opere della cattedrale, raffiguranti Dio Padre fra due cherubini e la Madonna con il Bambino (Gentilini, 1994, p. 185; Caglioti, 2000; Pisani, 2001, pp. 52, 64 nota 17). A questi anni è riferibile un frammento di tabernacolo già a San Pietroburgo, venduto all’asta a Berlino nel 1928 e oggi nella chiesa di St. Martin a Berlino-Kaulsdorf (Caspary, 1963, p. 44; Knuth, 2009).
Nel 1466 nacque il figlio Sebastiano e nel 1468 il secondogenito Giuliano (Fabriczy, 1899, pp. 49 s.).
Nel 1468 scolpì il fonte battesimale marmoreo nella prima cappella a destra della collegiata di Santa Maria a Monte (Pisa). L’opera è di corpo ottagonale, poggiante su uno zoccolo modanato e coronato da una cornice, entrambi percorsi da iscrizioni dedicatorie recanti anche la data di esecuzione e il nome dell’autore, accompagnato iperbolicamente a quello dei grandi scultori dell’antichità. Nel fregio della cornice: «DOMIN(US) CLEMENS PLEBANUS DE MAZEIS COMUNE OPERA (ET) D(OMI)NA NANNA UXOR LAURE[N]TII MCCCCLXVIII BATISTERIUM HOC FABRICHARI FECERUNT»; nello zoccolo: «CEL(ES)TIB(US) HI(N)C (S)COPA FIDIAQ(UE) HI(N)C CEDITE VESTRIS HOC VIXIT NEMO MAIOR IN ORBE FABER CUI(US) ENIM MANIB(US) MARMOREA SAXA CACHINOS EXCUTIUNT VIDEAS SISTE PARUMPER OPUS D(OMI)NIC(US) D(E) ROVEZANO SCULXIT».
Le otto facce sono intagliate con rilievi figurati: quella centrale, verso la navata della chiesa, presenta il Battesimo di Cristo; le restanti sette raffigurano all’interno di nicchie le tre Virtù teologali e le quattro Virtù cardinali a figura intera, che in senso antiorario, partendo dalla sinistra del Battesimo e procedendo oltre questo, sono: Fede, Carità, Speranza, Temperanza, Prudenza, Fortezza e Giustizia (Carocci, 1884; Fabriczy, 1899, pp. 9-15; Campigli, 2001; Pisani, 2001, pp. 49-52).
Dal 1° novembre 1469 prese in affitto per quattro anni una bottega a Firenze in borgo Ss. Apostoli, dove svolse la propria attività in qualità di «scultor marmorum» (Fabriczy, 1899, p. 18). Tra le opere meglio riconducibili all’attività fiorentina di Rosselli sono lo stemma di por S. Maria apposto all’esterno del palazzetto in via di Capaccio, antica sede dell’Arte della seta; la lastra marmorea con teste di putti e girali vegetali del lavabo della sacrestia in S. Trìnita; due Angeli portacero oggi nel piano alto del chiostro della basilica di S. Lorenzo (Pisani, 2001, pp. 52-57).
Tra il 1468 e il 1469 forse eseguì la lastra terragna per Agostino Santucci in S. Croce a Firenze. L’attribuzione, difficilmente dimostrabile a causa del cattivo stato di conservazione dell’opera, si fonda principalmente sul mecenatismo – attestato da vari lavori documentati e oggi solo in parte superstiti – della famiglia Santucci nei confronti di Domenico (Fabriczy, 1899, p. 24 nota 23; Volpe, 1986, p. 194).
Tra il 1469 e il 1472 nacque suo figlio Pietro, che praticò il suo stesso mestiere (Fabriczy, 1899, pp. 49 s.).
Dopo il 1473, ormai estinto il contratto di locazione della bottega, Domenico dovette lasciare Firenze per lavorare tra Pesaro e Urbino, pur continuando a mantenere contatti con il contesto artistico toscano (Middeldorf, 1979b, p. 138). La notizia è attestata da una lettera che Costanzo Sforza, signore di Pesaro, inviò nel 1476 a Lorenzo il Magnifico per raccomandare il fratello di Domenico, Francesco, ai cantieri del duomo di Firenze. Stando alla lettera di Costanzo, in un tempo precedente Domenico aveva svolto lavori d’ornamentazione per il palazzo ducale di Pesaro (Fabriczy, 1899, pp. 19-23, 57 s.). Sebbene il palazzo abbia subito forti rimaneggiamenti sia all’interno sia all’esterno, fatto che ha determinato la scomparsa di molti lavori di Domenico, sono riconducibili alla sua mano – pur nei dubbi di una parte della storiografia – i putti reggifestone e gli ornamenti apposti alle finestre della facciata (pp. 22 s.; Höfler, 2006, pp. 177, 306; Eiche, [1986]).
È plausibile collocare il periodo pesarese tra il 1474 e il 1475, ossia tra una prima breve attività di Domenico al palazzo ducale di Urbino al servizio di Federico da Montefeltro, di poco successiva a quella fiorentina, e una seconda più lunga, circoscrivibile tra il 1476 e il 1480. La presenza su alcune opere di Rosselli nel palazzo urbinate delle lettere «FC» (Federicus Comes), acronimo precedente a «FD» o a «FE DUX» (Federicus Dux), così definito dopo il 1474, a seguito del conferimento del nuovo titolo da parte di Sisto IV, pone Domenico a Urbino già prima del 1474, in un periodo in cui realizzò, per esempio, il camino nella sala delle Udienze (Rotondi, 1950, pp. 241, 245-247; Höfler, 2006, pp. 158, 164, 239).
A Rosselli è riconducibile una grande parte delle opere d’arredo lapideo (soprattutto in pietra delle Cesane) del palazzo, realizzate entro la fine degli anni Settanta e talvolta non immediatamente identificabili per la mancanza di elementi figurativi utili al riconoscimento stilistico. Assieme ai peducci della sala delle Udienze, gli sono riferibili gli ornati e gli arredi della camera da letto, tra cui i portali d’ingresso e il camino. Il maggior impegno di Rosselli è da identificarsi nella sala degli Angeli, in cui si distinguono il complesso peduccio del Peccato originale, quello con i putti reggighirlanda e il medaglione con l’aquila nella volta, ma più di tutti il prezioso camino (eseguito precedentemente al 1478; Fabriczy, 1899, pp. 39 s.). Come molte delle altre opere per il palazzo, il camino reca ancora oggi le cromie originali, che impreziosiscono la sfilata di angeli danzanti del fregio, di derivazione fiorentina (in particolare da modelli donatelliani), assieme agli angeli reggistemma sulla cappa e a quelli portacero a tutto tondo sul cornicione. Nello stesso ambiente, Domenico realizzò cinque portali: due nella parete del camino, uno verso l’appartamento degli ospiti, uno verso la sala del Trono (recante i ritratti di Federico e Guidubaldo), uno verso le sopralogge. A Domenico sono riferibili anche un portale adiacente alla sala degli Angeli, che dalle sopralogge conduce alla sala del Trono, e il camino con fregio di cherubini nella sala che conduce alla cappella del Perdono (Fabriczy, 1899, pp. 44 s.; Rotondi, 1950, passim; Höfler, 2006, pp. 212 s., 215, 245 s.; Pisani, 2001, pp. 57, 59). Pur con un minor grado di certezza, possono essere attribuiti a Domenico il camino con colonnine ioniche e delfini dell’appartamento degli ospiti (Fabriczy, 1899, pp. 45-47) così come vari peducci nello stesso ambiente.
Nel 1478 Domenico fece la tomba di Calapatrissa Santucci (seconda moglie di Agostino Santucci e matrigna di Girolamo, vescovo di Fossombrone) e di suo figlio Stefano, oggi nella navata centrale di S. Francesco a Urbino. Il monumento, scolpito in pietra delle Cesane, fu commissionato dai figli della defunta, Alessandro e Pierpaolo (ibid., pp. 42 s.).
È costituito da due parallelepipedi sovrapposti, attorno ai quali si sviluppano le decorazioni e gli elementi figurati. In quello inferiore sono raffigurate due arpie che reggono festoni sui quali sono collocati due cherubini. Il motivo delle arpie è derivato dal monumento di Carlo Marsuppini che Desiderio da Settignano realizzò in S. Croce a Firenze, utilizzato anche nel camino dell’appartamento del duca. Al di sopra dell’elemento superiore è la figura giacente di Calapatrissa, mentre sulla faccia sono raffigurati due angeli che reggono con una mano lo scudo Santucci e con l’altra una cartella dedicatoria di tipo ansato, anch’essa derivata dal monumento Marsuppini.
Nel settembre del 1480 Domenico realizzò una pala in pietra delle Cesane, policroma e dorata, per Girolamo Santucci, destinata a ornare l’altare maggiore del duomo di Fossombrone presso cui, a quel tempo, fu traslata la reliquia del corpo di s. Aldebrando (l’area divenne sacrestia nel corso del XVII secolo). Essa reca nello zoccolo la firma dell’autore, la data di esecuzione e il nome del committente.
La pala, che deriva la struttura da modelli fiorentini, presenta cinque nicchie a bassorilievo intervallate da lesene scanalate, poggianti su una predella figurata e sormontate da una trabeazione lungo la quale sfila una teoria di cherubini e palmette. La nicchia centrale presenta la Madonna con il Bambino, quelle immediatamente vicine S. Pietro e S. Paolo, quelle più esterne S. Aldebrando e S. Biagio. A ciascuna di queste figure corrisponde nella predella una storia intagliata a bassorilievo, tratta dalla rispettiva vita; in corrispondenza delle lesene sono raffigurati motivi decorativi e l’arme del committente (ibid., pp. 23, 27-32; Höfler, 2006, p. 205).
Tra il 1482 e il 1483 realizzò il monumento funebre di Francesco di Mercatello, capitano al servizio di Federico da Montefeltro e suo luogotenente a Fossombrone. Il sepolcro, documentato da un rogito dell’8 luglio 1483 con il quale lo scultore scioglieva Lucrezia, moglie di Francesco e committente, dagli obblighi contrattuali nei suoi confronti, fu installato nella chiesa di S. Francesco a Fossombrone (già S. Francesca Romana) e poi perduto con il rifacimento dell’edificio alla fine del Settecento (Fabriczy, 1899, pp. 32 s.). Sul portale d’ingresso della stessa chiesa vi è un rilievo attribuibile a Rosselli raffigurante la Madonna con il Bambino tra i ss. Francesco e Bernardino, oggi in cattivo stato di conservazione (p. 36).
Nel 1485 realizzò il tabernacolo in pietra situato sul retro dell’altare maggiore della chiesa di S. Michele a Sorbolongo, nei pressi di Fossombrone, datato e firmato «DO FI» (ossia Domenico Fiorentino; Volpe, 1986, p. 197 nota 26).
Tra il 1485 e il 1489 lavorò a nuove commesse del vescovo Santucci, oggi quasi del tutto perdute: un portone per il palazzo di famiglia a Urbino; un camino e il portale del salone nel vescovado di Fossombrone; un camino per il palazzo urbinate e altre cose per una loggia del vescovado forsempronese. Databili a questi anni, presso il Museo civico di Fossombrone si conservano un Genietto alato e un’Annunciazione di Rosselli (Fabriczy, 1899, pp. 34-36, 50; Cesarini, 1982, pp. 144-146). Sempre a questi anni può essere riferito il portale di palazzo Bramasangue a Fossombrone, raffigurante due putti (Pisani, 2001, p. 60).
Il 15 febbraio 1488 Rosselli prese in affitto per un anno a Fossombrone la casa di Giuliano di Vico (Fabriczy, 1899, pp. 38, 62).
Il 18 febbraio 1494 ebbe una lite con il vicario vescovile Pietro Paolo de’ Capeci, erede di Pietro Paolo de’ Lolli, per ottenere il pagamento di lavori forniti al secondo per il palazzo e la cappella gentilizia dei Lolli, ossia due cornici per finestre, una pila di marmo per l’acqua santa, un cherubino di pietra, due putti per una fontana, un camino di pietra e alcuni elementi non noti per una cappella, per un compenso di 12 ducati (pp. 48 s.; Vernarecci, 1903, pp. 425 s.).
Sempre nel 1494 è documentata la procura di Alessandro d’Antonio a Giovanni Battista di Ghisberto per la riscossione dell’affitto della sua casa, abitata da Domenico (Fabriczy, 1899, p. 49).
Domenico non è più documentato nel libro delle matricole dell’Arte dei maestri di pietra e legname a Firenze dopo il 1497, fatto che lascia ipotizzare che l’anno della sua morte sia il 1497 o il 1498 (ibid.).
Rosselli definì il proprio lavoro guardando agli scultori più influenti della seconda metà del Quattrocento fiorentino, con particolare riferimento alle opere di Desiderio da Settignano e di Antonio Rossellino, ma aprendosi al contempo ai modi di Francesco Laurana. Sebbene la sua opera dimostri una qualità incostante e non all’altezza dei modelli ispiratori, essa svela altresì una vivace autonomia, capace di forme aggraziate e semplici, gradite ai facoltosi committenti marchigiani.
Opere. Nel corso della carriera Domenico produsse un vasto numero di sculture e rilievi, soprattutto devozionali, oggi conservati in collezioni pubbliche e private. Madonne con il Bambino: pietra delle Cesane, Jesi, Museo civico (Petrucci, 2001, p. 338); marmo, collezione privata, venduta nel 1990 a Londra, Trinity Fine Arts (ibid.); marmo, collezione privata, già a New York, Abbott Guggenheim Collection, venduta a New York, Sotheby’s (Schwartz, 2008); pietra delle Cesane, Krefeld, Kaiser Wilhelm Museum (Krahn, 1987; Pisani, 2001, pp. 49, 61 nota 3); un marmo e uno stucco, Londra, Victoria and Albert Museum (Maclagan - Longhurst, 1932; Pope-Hennessy, 1964); pietra delle Cesane, Eumorfopoulos Collection (Longhurst, 1926, pp. 260 s.); pietra delle Cesane, Firenze, villa I Tatti, collezione Bernard Berenson (Middeldorf, 1979b, pp. 134 s.); pietra delle Cesane, Urbino, S. Giuseppe (ibid.); stucco policromo e frammento di marmo, Urbino, Galleria nazionale delle Marche (ibid., pp. 135 s.); pietra delle Cesane, Budapest, Szépművészeti Múzeum (ibid., p. 134); marmo, Parigi, Musée du Louvre, donazione Arconati Visconti (Caglioti, 2010, p. 350); marmo, Berlino, Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst (Schottmüller, 1933; Middeldorf, 1979a, 1979b; Knuth, 2009, pp. 7 s.); marmo, Los Angeles, County Museum (Valentiner, 1951). Sono inoltre di Domenico (per segnalazione orale di Francesco Caglioti) la Madonna in marmo murata nell’altare della sacrestia di S. Pietro in Vincoli a Roma e un altro esemplare già nella casa romana del senatore Giovanni Barracco (morto nel 1914).
Altri soggetti: Angeli portacero, pietra, Boston, Isabella Stewart Gardner Museum (Vermuele - Cahn - Hadley, 1977); Natività, marmo, Firenze, palazzo Budini Gattai (ibid., p. 136); Natività, marmo, Londra, Victoria and Albert Museum (Maclagan - Longhurst, 1932; Pope-Hennessy, 1964); plinto di marmo con due testine reggifestone, Firenze, villa I Tatti, collezione Bernard Berenson; ritratto di Battista Sforza, pietra delle Cesane, Pesaro, Musei civici (Ceriana, 20042); S. Aldebrando e S. Gerolamo, pietra delle Cesane, Parigi, Musée Jacquemart-André (Middeldorf, 1979b, p. 135; Moureyre-Gavoty, 1975); S. Giovanni Battista benedicente, pietra, mercato antiquario (Importanti sculture..., 2011); S. Sebastiano, pietra, Urbino, Galleria nazionale delle Marche (Middeldorf, 1979b, pp. 135 s.); Tobiolo e l’Angelo, pietra, Berlino, Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst (Schottmüller, 1933; Middeldorf, 1979a, 1979b; Knuth, 2009, pp. 7 s.).
Fonti e Bibl.: G. Carocci, S. Maria a Monte e il suo fonte battesimale, in Arte e storia, III (1884), pp. 77-79; C. von Fabriczy, Uno scultore dimenticato del Quattrocento, in Archivio storico italiano, s. 5, XXIII (1899), pp. 5-64; I.B. Supino, I pittori e gli scultori del Rinascimento nella Primaziale di Pisa, in Archivio storico dell’arte, VI (1899), pp. 419-457; A. Vernarecci, Fossombrone dai tempi antichissimi ai nostri, I, Fossombrone 1903, pp. 407-426; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, VI, La scultura del Quattrocento, Milano 1908, pp. 671-674; I.B. Supino, La scultura in Bologna nel secolo XV. Ricerche e studi, Bologna 1910, pp. 97, 102-104; M. Longhurst, The Eumorfopoulos collection: western objects, II, in Apollo, III (1926), pp. 260-264; E. Maclagan - M. Longhurst, Catalogue of Italian sculpture [Victoria and Albert Museum], I, London 1932, pp. 69 s.; F. Schottmüller, Die italienischen und spanischen Bildwerke der Renaissance und des Barock. I. Die Bildwerke in Stein, Holz, Ton und Wachs, Berlin 19332, pp. 52 s.; U. Middeldorf, R., D., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, Leipzig 1935, pp. 36 s.; P. Rotondi, Il Palazzo Ducale di Urbino, I, Urbino 1950, pp. 239-255 e passim; W.R. Valentiner, Gothic and Renaissance sculptures in the collection of the Los Angeles County Museum. Catalogue and guide, Los Angeles 1951, p. 80; H. Caspary, Tabernacoli quattrocenteschi meno noti, in Antichità viva, II (1963), 7, pp. 39-47; J. Pope-Hennessy, Catalogue of Italian sculpture in the Victoria and Albert Museum, I, London 1964, pp. 148-151; F. de la Moureyre-Gavoty, Sculpture italienne. Musée Jacquemart-André, Paris 1975, nn. 81-82; C.C. Vermuele - W. Cahn - R. Van N. Hadley, Sculpture in the Isabella Stewart Gardner Museum, Boston 1977, p. 115, nn. 143-144; U. Middeldorf, Bildwerke des Kaiser Friederich Museums, in Id., Raccolta di scritti, I, 1924-1938, Firenze 1979a, p. 381 (già in Rivista d’arte, XX (1938), pp. 94-104); Id., Some new works by D. R., ibid., 1979b, pp. 133-141 (già in The Burlington Magazine, 1933, vol. 62, n. 361, pp. 165-172); A. Cesarini, Il palazzo vescovile, in Fossombrone nel ducato di Federico, Urbino 1982, pp. 135-153; R. Grandi, Sculture del secondo Quattrocento, in La basilica di S. Petronio, II, Bologna 1984, pp. 47 s.; S. Eiche, La corte di Pesaro dalle case malatestiane alla residenza roveresca, in La corte di Pesaro. Storia di una residenza signorile, a cura di M.R. Valazzi, Modena [1986], pp. 24 s.; G. Volpe, Aspetti della cultura architettonica quattrocentesca nella città ducale di Fossombrone, in Federico da Montefeltro, a cura di G. Cerboni Baiardi - G. Chittolini - P. Floriani, II, Le arti, Roma 1986, pp. 187-198; V. Krahn, Italienische Renaissancekunst im Kaiser Wilhelm Museum Krefeld, Krefeld 1987, pp. 37 s.; G. Gentilini, Fonti e tabernacoli [...] pile, pilastri e sepolture: arredi marmorei della bottega dei da Maiano, in Giuliano e la bottega dei da Maiano. Atti del Convegno..., Fiesole... 1991, a cura di D. Lamberini - M. Lotti - R. Lunardi, Firenze 1994, pp. 182-195; The Dictionary of art, a cura di J. Turner, XXVII, New York 1996, p. 177; F. Caglioti, Donatello e i Medici. Storia del David e della Giuditta, I, Firenze 2000, p. 374; M. Campigli, Fonte battesimale, in Visibile pregare. Arte sacra nella diocesi di San Miniato, a cura di R.P. Ciardi, II, Ospedaletto 2001, pp. 229-231, n. 88; F. Petrucci, in Il potere, le arti, la guerra. Lo splendore dei Malatesta (catal., Rimini), Milano 2001, pp. 338-341; L. Pisani, D. R. a Firenze e nelle Marche, in Prospettiva, 2001, n. 102, pp. 49-66; M. Ceriana, Ritratto di Battista Sforza, in Fra Carnevale. Un artista rinascimentale da Filippo Lippi a Piero della Francesca (catal.), a cura di M. Ceriana - K. Christiansen, Milano 20042, pp. 250-252; J. Höfler, Il palazzo ducale di Urbino sotto i Montefeltro (1376-1508), Urbino 2006, pp. 245-247 e passim; M.H. Schwartz, European sculpture from the Abbott Guggenheim Collection, New York 2008, pp. 190 s., n. 103; M. Knuth, Dereinst von der Sowjet-Regierung veräußert. Ein italienisches Tabernakelfragment in Berlin-Kaulsdorf, in Museums journal, XXIII (2009), 2, pp. 6-8; F. Caglioti, Madonna col Bambino del tipo Piccolomini, in Da Jacopo della Quercia a Donatello. Le arti a Siena nel primo Rinascimento (catal., Siena), a cura di M. Seidel, Milano 2010, pp. 348-353, n. D.21; Importanti sculture dal Medioevo al Rinascimento, rari dipinti di maestri primitivi, mobili e oggetti d’arte già collezione Mario e Beppe Bellini (catal., Firenze, Semenzato Casa d’aste), Milano 2011, n. 36.