PELLEGRINI, Domenico
PELLEGRINI, Domenico. – Nacque a Galliera Veneta il 19 marzo 1759, da Giambattista e Teresa Franzato. Abbandonata la professione di parrucchiere alla quale era stato avviato (Gamba, 1807), si recò a Venezia per frequentare l’Accademia di belle arti. Partecipò ai concorsi di fine anno nel 1782, nel 1783 allievo di Ludovico Gallina, vincendo nel 1784 il secondo premio nella prova di copia di pittura con un disegno (collezione privata) dai Ss. Pietro e Paolo (Modena, Galleria Estense) di Jacopo Bassano (Pavanello, 2013, pp. 10 s.). Presente nei registri accademici veneziani del 1785, nella classe dello studio del nudo, con Gallina sostituito a ottobre da Pietro Edwards (ibid.), Pellegrini fu di lì a poco «portato a Roma e mantenuto per lo studio della pittura da Pietro Donà delle Rose» (Chracas, Diario ordinario, 23 febbr. 1788, n. 1372), ambasciatore della Serenissima dall’ottobre 1786 all’aprile 1791. Il pittore, nell’Urbe, frequentò la bottega di Domenico Corvi (Noack, 1932), ma soprattutto l’ambiente del palazzo di Venezia, sede dell’ambasciata, e il conterraneo Antonio Canova del quale fu amico per tutta la vita (Pavanello 2013, p. 12). Lì espose all’inizio del 1788 Rinaldo si congeda da Armida, dipinto (Chracas, Diario ordinario, 23 febbr. 1788, n. 1372) noto pure da un’anonima recensione che ne biasimava la distanza «dalle belle forme greche» e da «l’idea della soda bellezza» (in Memorie per le belle arti, IV, 1788, pp. XXIX-XXXII): canoni neoclassici, ai quali doveva forse avvicinarsi, nella scelta iconografica, la contemporanea Morte di Messalina (dispersa) citata da Francesco Zanotto (1840).
Terminato il sussidio di Donà, Canova mandò l’amico «a sue spese a Napoli, a dipingere una replica della Danae di Tiziano» (d’Este, 1864, p. 89) e di altri celebri quadri conservati nella reggia di Capodimonte, grazie alla protezione, dal giugno 1790, di Ranieri de Calzabigi letterato livornese residente a Napoli. Il 2 ottobre dello stesso anno Calzabigi comunicò a Canova, il quale voleva il ritorno di Pellegrini a Roma, il corposo elenco di ritratti da lui procurato al pittore al quale, per tale motivo, sconsigliava la partenza (Pavanello, 2013, pp. 15 s.).
I committenti di questi dipinti erano per la maggior parte affiliati alla massoneria – alla quale avrebbe aderito, almeno dal periodo inglese, lo stesso Domenico – appartenenti a un ambiente internazionale fautore a Napoli della diffusione del gusto neoclassico nella sua accezione più marcatamente arcadica (Fardella, 2006, p. 317).
Risale a questo periodo il Ritratto di Lady Hamilton (già Londra, Sotheby’s, 13 nov. 1996, lotto 62) che fu messo a confronto dallo stesso Calzabigi con le opere che stava dipingendo contemporaneamente Elisabeth-Louise Vigée Le Brun, in una sorta di gara che, «per quanto montata ad arte, intendeva innalzare Pellegrini a vertici europei» (Pavanello, 2013, p. 17). Fu in quell’occasione che William Hamilton invitò a Londra il pittore; questi, dopo essersi misurato nel genere mitologico con una Leda per il conte campano Giuseppe Lucchesi Palli di Campofranco (dispersa), tornò a Roma tra la fine del 1791 e l’inizio del 1792 (Pavanello, 2013, p. 17). Del periodo napoletano è pure un «bozzetto d’una Venere con un Amorino», preparatorio per un dipinto, forse per lo stesso Lucchesi Palli, e della copia, inviata dopo il rientro a Roma, ordinatagli da Calzabigi; una delle versioni è stata riconosciuta in una tela firmata (coll. priv.) recante l’anno 1792 (ma la lettura di tale data rimane incerta). Da questa stessa versione Pellegrini, che si misurò anche con la tecnica incisoria, trasse una stampa in controparte databile, per la scritta in calce, dopo la nomina ad accademico veneziano, avvenuta il 5 giugno 1796 (Pavanello, 2013, pp. 17-19, 21).
È del 1792 il Ritratto di Caterina e Vettor Pisani come Amore e Psiche (Venezia, palazzo Pisani Moretta) aggiornato sui ritratti idealizzati canoviani e di A. Kauffmann (Mariuz, 1977): l’identificazione tradizionale degli effigiati supporterebbe l’ipotesi di un breve soggiorno veneziano dell’artista sulla via per l’Inghilterra (ibid.). Arrivato a Londra il 16 ottobre 1792, come si evince da una lettera a Canova di due giorni dopo (Pilo, 1965, p. 51), il 22 ottobre visitò, raccomandato da Giuseppe Albrizzi, Alvise Pisani, transfuga da Parigi (Pavanello, 2013, p. 29): il patrizio, in seguito della nomina, decretata a Venezia (29 genn. 1793), a procuratore di S. Marco, si fece fare un ritratto, di tre quarti (già Bassano del Grappa, collezione privata), da Pellegrini in Inghilterra. Dal dipinto venne tratta la stampa di F. Bartolozzi con il quale Pellegrini a Londra aveva stretto un sodalizio, analogo a quello, nello stesso tempo, con gli incisori bassanesi lì trapiantati: «Luigi e Nicolò Schiavonetti, Giovanni e Francesco Vendramini, Gaetano Testolini» (Pavanello, 2013, p. 25). Conferma detti rapporti il Ritratto di Francesco Bartolozzi (Venezia, Gallerie dell’Accademia), «a pennellate risolutive e gustose con colore di ricco impasto e quasi viscoso» (Fogolari, 1909, p. 101).
Pellegrini a più riprese partecipò alle mostre della Royal Academy (nel 1793-1795, 1797-1799, 1801-1803; Pavanello, 2013, p. 199), esponendo ritratti, soggetti neoclassici ed episodi della Rivoluzione francese (ibid., pp. 33-45).
Il 17 giugno 1795 lasciò momentaneamente Londra per accompagnare Pisani a Venezia e documentarne, con un secondo ritratto ufficiale, a figura intera, il solenne ingresso nella magistratura marciana (2 maggio 1796).
Il dipinto, di collezione privata (Pilo, 1965, p. 48), deriva, nella posa, dalla statua tardo-etrusca del cosiddetto Arringatore (oggi Firenze, Museo archeologico nazionale) ed è caratterizzato da un colorito brillante e acceso della «colata di rosso fiammante nell’abito procuratorio – recuperato in Inghilterra da Reynolds, il moderno Tiziano, e da Lawrence – messo a contrappunto con l’azzurro cupo del tendaggio» (Pavanello, 2013, p. 50).
Nel 1796 Pellegrini licenziò la pala con S. Severo designato vescovo di Ravenna dallo Spirito Santo, per il duomo di Castelfranco Veneto, e un’Aurora per la villa bassanese di Abbondio Rezzonico, «sulla falsariga delle invenzioni di Angelica Kauffmann e del gusto ercolanese» (Pavanello, 2013, p. 53). Verso il 20 agosto ripartì per Londra (Pilo, 1965, pp. 58 s.).
Durante l’inverno del 1802 dopo un soggiorno parigino, con Richard Cosway, (Gardonio, in Pavanello, 2013, p. 224), Pellegrini annunciò a Canova il 2 luglio 1803 di voler lasciare l’Inghilterra (Pilo, 1965, pp. 59 s.), da maggio in guerra con Napoleone. La meta fu Lisbona, dove dall’anno prima era emigrato Bartolozzi e dove Pellegrini risiedette sino al 1810. Anche nella capitale portoghese, come anni prima era accaduto a Napoli, il pittore riscosse notevole successo divenendo il ritrattista più in voga accanto al pittore e amico portoghese Domingos António de Sequeira, conosciuto anni prima a Roma nello studio di Corvi. In Portogallo Pellegrini si affermò (de Monterroso Teixeira, in Pavanello, 2013, pp. 228-249), specie nella cosiddetta Conversation piece, come si può vedere, per es., nel Ritratto della moglie dell’ambasciatore francese Junot con la figlia (Bordeaux, Musée des beaux-arts) e nelle scene famigliari Alorna (Lisbona, Fundaçáo das Casas de Fronteira e Alorna), de Quintela e Ratton (entrambi in collezioni private).
Massone, fu costretto a lasciare Lisbona alla fine del 1810, nel clima di tensione della cosiddetta Setembrizada (10-13 sett.), quando le truppe napoleoniche stavano per occupare il Portogallo per la seconda volta; per un breve periodo fu deportato nell’isola di Terceira nelle Azzorre (Pavanello, 2013, p. 79). Rifugiatosi a Londra, il 10 gennaio 1811 da Lisbona gli scrisse Bartolozzi (Pavanello, 2013, pp. 161 s.). Il rientro in Italia, preannunciato a Canova nel 1813 (Pilo, 1965, pp. 60 s.), avvenne nel 1816 (Pavanello, 2013, p. 94). Benestante, si trasferì a Roma, in palazzo Borghese «nella seconda metà degli anni venti» (Cipriani, in Pavanello, 2013, p. 253). Da questo momento iniziò a viaggiare molto, soggiornando a Parigi (1816-1817, 1819, 1821, 1822), Venezia (1819-1820), Londra (1822), Marsiglia (1825, 1826), Roma (1826), Napoli (1827), Firenze (1838). Nel 1821 si recò anche a Possagno per incontrarsi con Canova (Pavanello, 2013, pp. 95 s.).
Dell’ultima produzione, si segnalano due dipinti d’indirizzo purista: S. Sebastiano curato da S. Irene del Museo civico di Bassano del Grappa e Il sacrificio di Isacco dell’Accademia di S. Luca a Roma (Cipriani, 2012). In questa stessa istituzione, nel 1837 successe all’amico de Sequeira, morto in quell’anno (Pavanello, 2013, p. 69), come «accademico di merito e professore residente nella classe di pittura» (Betti, 1840, p. 88).
Nel testamento, redatto il 27 giugno 1838, con codicillo del 28 ottobre 1839, devolvette un lascito (Pavanello, 2013, pp. 206-213) per un concorso e la propria collezione di dipinti, nella quale compaiono il suo Autoritratto e un Capriccio architettonico di Canaletto (ibid., pp. 106 s.).
Morì a Roma il 4 marzo 1840.
Fonti e Bibl: [B. Gamba], Catalogo degli artisti bassanesi viventi, Bassano 1807; S. Betti, Così il segretario perpetuo dell’Accademia romana di san Luca annunziava a professori la morte del pittore Domenico Pellegrini, in L’Album. Giornale letterario di belle arti [Roma], VII (1840), pp. 87 s.; F. Zanotto, Storia della pittura veneziana, Venezia 1840, p. 404; A. d’Este, Memorie di Antonio Canova, Firenze 1864, pp. 88 s.
G. Fogolari, D. P., ritrattista veneziano (1759- 1840), in L’Arte, XII (1909), pp. 94-107; F. Noack, P. (Pelegrini) D., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, p. 359; G.M. Pilo, Due ritratti di Alvise Pisani di D. P., in Paragone, XVI (1965), 185, pp. 46-61; A. Mariuz, Due bambini di Casa Pisani ritratti da D. P., in Per Maria Cionini Visani. Scritti di amici, Torino 1977, pp. 138-140; P. Fardella, Tra antico e moderno: Antonio Canova e il collezionismo napoletano, in Antonio Canova. La cultura figurativa e letteraria dei grandi centri italiani, II, Milano, Firenze, Napoli, Bassano del Grappa 2006, pp. 315-317; A. Cipriani, Considerazioni sul dipinto di D. P. Il sacrificio di Isacco, in Arte Documento, XXVIII (2012), pp. 70-75; G. Pavanello, D. P. 1759-1840. Un pittore veneto nelle capitali d’Europa, Verona 2013 (in partic.: A. Cipriani, p. 253; M. Gardonio, p. 224; J. de Monterroso Teixeira, pp. 228-249).