PALMIERI, Domenico
PALMIERI, Domenico. – Nacque a Piacenza il 4 luglio 1829 da Gerardo e da Maria Francesca Giuseppa Rocci.
In famiglia trovò un clima favorevole alla vocazione sacerdotale ed entrò in seminario a otto anni. Ordinato sacerdote il 27 marzo 1852, subito dopo decise di entrare nella Compagnia di Gesù. Fece il noviziato a Roma e lì compì i suoi studi di retorica e umanità. Dopo essere stato mandato a insegnare retorica nel collegio di Fermo (1854-55), venne inviato per i suoi studi teologici al Collegio Romano (1855-57), dove fu allievo di Valeriano Cardella, Carlo Passaglia, Clemente Schrader, Antonio Ballerini, Johannes Baptist Franzelin e Francesco Saverio Patrizi.
Insegnò Sacra Scrittura e teologia dogmatica nei collegi di Spoleto (1857-69) e di Fermo (1859-60), fu supplente di discipline filosofiche al Collegio romano (1860-61) e per l’anno accademico 1862-63 fu chiamato all’insegnamento ufficiale di logica e metafisica. Fece la professione solenne il 2 febbraio 1865.
Al Collegio Romano era sentita tra i professori di filosofia la problematica sui corpi fisici, inorganici e organici, a motivo dell’influenza che esercitava il padre Angelo Secchi. Palmieri scelse di rappresentare una tendenza speculativa ormai minoritaria, quella del dinamismo, che era stata insegnata nel Settecento da Ruggero Giuseppe Boscovich.
Risulta difficile stabilire quali furono a questo proposito i maestri di Palmieri, in quanto egli, nel seminario piacentino, si era formato secondo la tradizione tomista. Si deve escludere un influsso di Salvatore Tongiorgi, con cui al Collegio Romano ebbe contatti notevoli: infatti egli, come Secchi, insegnava l’atomismo. Pure l’ilemorfismo, nella Compagnia, era allora scarsamente seguito e, fin dalla ricostituzione di essa, gli orientamenti, nella preparazione di una nuova Ratio studiorum, avevano abbandonato l’aristotelismo. Atomismo e dinamismo erano pertanto i sistemi filosofici preferiti (Malusa, 1986, pp. 51-54).
Il frutto delle lezioni in cui Palmieri difendeva le ragioni del dinamismo si concretò nei tre volumi delle Institutiones philosophicae, Roma 1874-76. Erano un prodotto ‘tardivo’, in quanto in quegli anni insegnava ormai da tempo la teologia dogmatica.
Palmieri sostenne sempre che la dottrina ilemorfica era incapace di spiegare adeguatamente la natura dei corpi. Secondo la sua concezione, questi erano costituiti da elementi semplici, inestesi, denominati «punti di forza», dal cui dinamismo si originava quella che, solo per metafora, si poteva denominare la materia. Le sostanze materiali, inanimate e animate, erano quindi, secondo lui, costituite da aggregazioni di punti di forza, i quali esprimevano attrazione e repulsione. Le sostanze animate, e quelle dotate di vita spirituale, cioè le persone umane constavano di entità tra di loro attraentesi e integrantesi, che erano le entità corporee, e di entità sostanziali, le anime, che potevano essere organiche o spirituali. L’anima umana aveva una sua struttura, caratterizzata dalle funzioni intellettive e dalle relazioni che intratteneva con il corpo organico. Questo, a sua volta, era animato dalla sensitività, che aveva stretta relazione con l’intellezione, ma che non coincideva con questa. Il corpo era determinato dalle sostanze semplici, in tensione tra di loro, e l’anima esprimeva una realtà spirituale che permetteva il congiungimento con il corpo e che ne dirige le azioni. Corpo animato, e quindi dotato di sensitività, e anima spirituale, dotata di intellezione e volitività, erano due diverse sostanze, che entravano in relazione e costituivano quell’unità di natura corporea e insieme spirituale che si denominava composto umano.
I sostenitori della necessità di rivitalizzare il ‘sistema scolastico’, cioè la visione ilemorfica, entrarono in conflitto con queste dottrine di Palmieri. Lo scritto del gesuita Giovanni Maria Cornoldi, I sistemi meccanico e dinamico (Verona 1865) sviluppò l’attacco a Tongiorgi, Secchi e Palmieri, suscitando la riprovazione del preposito generale Pietro Becks (Malusa, 1986, pp. 78-114). In risposta alle polemiche sull’ilemorfismo fuori e dentro la Compagnia di Gesù, che, rinfocolate da Cornoldi, avevano provocato un documento ufficiale di papa Pio IX sulla libertà di assumere atteggiamenti filosofici anche diversi da quelli del ‘sistema scolastico’ (Acta Sanctae Sedis, X, 1877, pp. 277-279), dopo il 1877 Palmieri decise di ampliare e correggere il suo manuale filosofico (la copia con tutte le correzioni autografe in Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana, 1565-7).
Palmieri aveva dato inizio alle polemiche scrivendo il 22 giugno 1876 una lettera al confratello Hugo Hurter (Malusa, 1986, pp. 154 s., 220 s., 239 s., e 1989, 206 s.). In difesa di Cornoldi, nel campo neotomistico, scese il domenicano Tommaso Maria Zigliara, sostenendo nell’ampio studio De mente concilii viennensis in definiendo dogmate unionis animae humanae cum corpore… (Roma 1878), che il concilio di Vienne del 1313 aveva accettato come supporto dogmatico fondamentale la tesi tomistica circa l’anima umana quale forma sostanziale del corpo. In favore della libertà di filosofare, sostenendo l’estraneità del dogma dalle questioni filosofiche su materia prima e forma sostanziale, Palmieri scrisse l’opuscolo Animadversiones in recens opus de mente Concilii Viennensis (Roma 1878).
Le modifiche di Palmieri al suo manuale non arrivarono in tempo per essere stampate; con la morte di Pio IX, infatti, quando i tomisti poterono prevalere, egli fu sollevato dalla docenza insieme a tutti gli antiperipatetici del Collegio Romano. Zigliara, divenuto cardinale, fu in prima linea nel chiedere la sua testa. Prima ancora che venisse emanata l’enciclica Aeterni Patris , con l’indicazione che l’insegnamento della filosofia nelle scuole cattoliche doveva essere condotto seguendo le tesi della metafisica e della cosmologia di s. Tommaso, Leone XIII pretese dai gesuiti l’allineamento al tomismo in ogni loro scuola e il preposito generale Becks si adeguò. L’epurazione dei docenti non tomisti al Collegio romano coinvolse, oltre a Palmieri, anche Alessandro Caretti, Ludovico De Melis, Tommaso Ghetti, Alessandro Zampieri (Bonatti, 1998, pp. 38-42). Se si considera l’intera operazione del Collegio romano a proposito dell’instaurazione dell’insegnamento neotomista, si rileva che l’obiettivo primo dell’epurazione fu proprio Palmieri (Malusa, 1986, pp. 258-261, 278-280).
Nel 1881 Palmieri venne inviato a insegnare Sacra Scrittura e lingue orientali al collegio di Maastricht, nei Paesi Bassi, e svolse il suo compito con cura e impegno (J. Tesser, De Jezuiten te Maastricht. 1852-1952, Maastricht 1952).
In quegli anni scrisse De veritate historica libri Iudith aliisque SS. Scripturarum locis specimen criticum exegeticum, Gulpen 1886; Comentarius in Epistulam ad Galatas (ibid. 1886). Pubblicò anche il frutto di ricerche precedenti: De gratia divina actuali (ibid. 1885). Poté inoltre iniziare e portare avanti gli studi danteschi, a lui sempre cari, anche se il commento alla Divina Commedia fu pubblicato diversi anni dopo (I-III, Prato 1898-99). Non intese con il suo commento difendere alcuna tesi preconcetta, come aveva fatto Cornoldi nel suo (Roma 1887). Palmieri apprezzava il capolavoro dantesco e riteneva che le visioni di esso andassero puntualmente spiegate, per la loro profondità teologica. Espose la tesi che le fonti di molte dottrine filosofiche presenti nella Commedia erano spesso autori lontani da s. Tommaso come, per esempio, s. Bonaventura, s. Alberto Magno, ma anche Averroè e commentatori averroisti di Aristotele. Per Palmieri la scelta di assimilare il pensiero di Dante al tomismo ortodosso significava seguire «un metodo, se altro ve n’ha, perversissimo d’interpretare» (Commento, II, 340). Affermò nell’introduzione al suo Commento (I, p. 65): «Dante è bensì discepolo de’ sommi maestri della Scuola, ma non è ligio o schiavo di nessuno» .
Rientrato in Italia dall’esilio neerlandese nel 1887, Palmieri non insegnò più, sempre a motivo dell’‘epurazione’ del 1879: fu a Bologna, poi a Firenze, con vari incarichi, e infine arrivò a Roma nel 1890. Ebbe solo nel 1894 l’incarico di teologo presso la Penitenzieria apostolica. Successivamente fu chiamato quale consultore presso le congregazioni del S. Uffizio, e dei Vescovi e regolari. Pio X nel 1904 lo chiamò a far parte della commissione per il nuovo codice di diritto canonico.
Riprendendo e perfezionando quelli che erano stati divulgati come litografati al tempo del suo insegnamento, pubblicò numerosi trattati, fra i quali sono considerati rilevanti: Tractatus de Romano Pontifice cum prolegomeno de Ecclesia, Roma 1877 (II ed., Prato 1891; III ed., ibid. 1902; IV ed. Roma 1931, a cura di G. Filograssi); Tractatus de Deo creante et elevante, Roma 1876-77 (litografata; prima ed. a stampa, ibid. 1878; ed. postuma con il titolo Tractatus de creatione et de praecipuis creaturis, Prato 1910). Rilevanti anche gli scritti sui Sacramenti: Tractatus de poenitentia, Roma 1889 (II ed., Prato 1896); Tractatus de matrimonio christiano, Roma 1880 (II ed., Prato 1897). Infine da ricordare il Tractatus de peccatooriginali et de immaculato Beatae Virginis Deiparae conceptu, II. ed., Roma 1904; il Tractatus Theologicus de Novissimis, Prato 1908; il Tractatus de Creatione et de Praecipuis Creaturis, ed.postuma, cui accedit auctoris Elogium, II ed., ibid. 1910; e il Tractatus de ordine supernaturali et de lapsu angelorum, post., II ed., ibid. 1910.
Muovendosi secondo la linea della polemica con il protestantesimo, volta ad affermare l’assoluto primato del romano pontefice, Palmieri distingueva una diversa sacramentalità per quel che riguardava l’ordine sacro dei vescovi rispetto ai presbiteri e sosteneva che il papato aveva il primato su tutti i cristiani nell’ambito religioso e spirituale e indirettamente esercitava un’autorità sul potere civile. Seguendo una dottrina tradizionale della Chiesa, asserì che lo Stato non aveva autorità in materia religiosa, ma aveva invece l’obbligo di predisporre leggi che favorissero lo sviluppo delle iniziative religiose (Tractatus de Romano Pontifice, III. ed., 1902, pp. 542-548). Un’interessante applicazione di questa teoria del potere indiretto si riscontra nella sua trattazione sul tema dei concordati. Inizialmente giudicava il concordato una specie di concessione, data dal potere papale a quello civile, per una migliore gestione da parte di questo della sua azione di favore alla Chiesa (Tractatus de Romano Pontifice, 1877, pp. 181 s.). Successivamente, durante il pontificato di Leone XIII, arrivò a considerare il concordato un vero e proprio patto bilaterale, senza che con questo la pienezza della potestà del papa ne traesse danno (Tractatus de Romano Pontifice, II ed. 1891, pp. 557-567).
Palmieri pubblicò inoltre gli scritti morali di Antonio Ballerini (Opus theologicum morale in Busembaum medullam, I-VII, Prato 1889-93; III ed. 1898-1901), in cui Ballerini si rifaceva al pensiero morale del gesuita Hermann Busembaum, autore di un trattato sui casi di coscienza, la Medulla Theologiae moralis (1650), che era stato pure commentato da Alfonso Maria de’ Liguori (Napoli 1748). È curioso che il mite Palmieri abbia associato il suo nome a quello di Ballerini, che era noto per il suo viscerale antirosminianesimo e per l’intera sua vita aveva accumulato materiale contro il pensiero di Rosmini (si vedano i copiosi appunti e studi preparatori delle opere scritte contro Rosmini, in Roma, Archivio della Pontificia Università Gregoriana, Fondo Ballerini). Palmieri pubblicò anche, in quattro edizioni, l’opera di Jean-Pierre Gury, Compendium theologiae moralis (XII ed. Prato 1894; XV ed., Roma 1907), che era stata rivista e annotata da Ballerini.
Negli ultimi anni della sua vita partecipò alle polemiche intorno agli scritti di Alfred Loisy, che subito accusò di «modernismo», così come testimoniano le sue opere: Osservazioni sulla recente opera l’Evangile et l’Eglise, par Alfred Loisy. Lettera ad Alfredo Bruno, Roma 1903; Se e come i Sinottici ci danno Gesù Cristo per Dio: Lettere ad Alfredo Bruno, premessa alla lettera che ha dato a questa occasione, Prato 1903; Esame di un opuscolo il quale gira intorno ad un piccolo libro, Roma 1904.
Palmieri lavorò intensamente ai suoi trattati fino all’ultimo momento della sua vita. Morì a Roma, a seguito di una crisi cardiocircolatoria, presso il Collegio Pio latino americano, alle prime ore del 29 maggio 1909.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Documenta ex-Assistentiae Italiae, Epistolae Italiae 1016: 1831-84; 1017: 1830-80; 1018: 1830-80; Archivio della Pontificia Università Gregoriana, Fondo Palmieri; Archivio della Provincia Romana della Compagnia di Gesù, Fondo Rocci. P. Galletti, Memorie storiche intorno alla Provincia romana della Compagnia di Gesù dall’anno 1824 all’anno 1924, I-II, Prato 1914-39, passim; P. Bonatti, D. P. (1829-1909). La vita, gli scritti, il pensiero, Milano 1998 (con bibliografia); P. Pirri, D. P., in L’Università Gregoriana del Collegio Romano nel primo secolo della restituzione, Roma 1924, pp. 170-173; E. Hocedez, Histoire de la Théologie au XIX siècle, III, Bruxelles - Paris 1947, pp. 371 s.; G. Van Riet, L’épistémologie thomiste. Recherches sur le problème de la connaissance dans l’école thomiste contemporaine, Louvain 1946, pp. 82 s., 93-98; G. Filograssi, Teologia e Filosofia nel Collegio Romano dal 1824 ad oggi (Note e ricordi), in Gregorianum, XXXV (1954), pp. 512-540 (in particolare pp. 518, 532); M. Flick, La struttura del trattato De Deo creante et elevante, ibid., XXXVI (1955), pp. 284-290; M. Sticco, D. P. commentatore della Divina Commedia, in Il Seminario di Piacenza e il suo Fondatore, Piacenza 1969, pp. 201-220 (vol. XXXIV della Biblioteca storica piacentina); L. Malusa, Neotomismo e intransigentismo cattolico, I: Il contributo di Giovanni Maria Cornoldi per la rinascita del tomismo, Milano 1986, pp. 61-65 e passim; II: Testi e documenti per un bilancio del neotomismo. Gli scritti inediti di Giovanni Maria Cornoldi. La controversia con Angelo Secchi, ivi 1989, passim; M. Zanfredini, D. P., in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús, a cura di K.E. O’Neill - J.M. Domínguez, III, Madrid 2001, p. 2962.