ORSINI D’ARAGONA, Domenico
ORSINI D’ARAGONA, Domenico. – Nacque a Napoli il 5 giugno 1719, da Ferdinando Bernualdo Filippo Orsini, XIV duca di Gravina, e dalla sua seconda moglie, Giacinta Marescotti-Ruspoli.
Era pronipote di Pierfrancesco, in religione Vincenzo Maria, Orsini, asceso al soglio pontificio nel 1724 con il nome di Benedetto XIII.
Nel 1734 succedette al padre alla guida della famiglia e divenne XV duca di Gravina; fu anche VI principe di Solofra, II principe di Roccagorga, principe del Sacro Romano Impero, conte di Muro Lucano, patrizio di Napoli, Genova, Ancona e Venezia, nobile di Corneto e conte Palatino. Carlo III di Borbone nel 1734 lo nominò gentiluomo di camera e ambasciatore straordinario della regina di Napoli Maria Amalia presso Clemente XII (1738-40). Nel 1735 fu designato secondo principe assistente al trono pontificio e nobile romano.
Nel 1738 sposò la principessa Anna Paola Flaminia dei duchi Odescalchi-Erba di Bracciano, da cui ebbe quattro figli: Maria Maddalena, Giacinta, Filippo e Amedeo (Filippo Bernualdo). Nel 1739 fu nominato cavaliere dell’ordine di S. Gennaro.
Morta la moglie nel 1742, Benedetto XIV lo creò cardinale diacono nel concistoro del 9 settembre 1743, per gratitudine alla memoria di Benedetto XIII dal quale aveva ricevuto il cardinalato; fu necessaria una dispensa, poiché Orsini non aveva ancora avuto gli ordini minori.
Negli anni successivi ricevette il suddiaconato e il diaconato e solo il 6 novembre 1768 fu ordinato sacerdote. Fu titolare delle chiese dei Ss. Vito, Modesto e Cresceglia, S. Nicola in Carcere, S. Maria ad Martyres, S. Agata de’ Goti, S. Maria in Via Lata. Fu anche protettore di numerosi monasteri femminili.Uomo di cultura e amante dell’arte, commissionò, tra l’altro, alcune tele al maestro viterbese Domenico Corvi.
Carlo III, che ne aveva mantenuto un’alta stima, nel 1748 lo nominò cardinale protettore del Regno delle Due Sicilie presso la corte pontificia. Quando nell’ottobre del 1759 il re – dopo avere abdicato in favore del figlio Ferdinando IV – lasciò Napoli per la Spagna, Orsini fu nominato Grande di Spagna e divenne rappresentante napoletano presso la S. Sede in qualità di ministro plenipotenziario.
Fu membro delle Congregazioni del Concilio, dell’Immunità Ecclesiastica, della Consulta, del Buon Governo e di Propaganda Fide. Partecipò a tre conclavi: nel 1758, nel 1769 e nel 1774-75.
Durante gli anni Sessanta del Settecento, collaborò con il ministro napoletano Bernardo Tanucci nel proposito di indebolire e poi di espellere la Compagnia di Gesù dal Regno di Napoli. Fu tuttavia più moderato di Tanucci, che più volte lo accusò di simpatie verso i gesuiti e nel 1765 lo rimproverò di eccessiva leggerezza nel concedere passaporti agli ex gesuiti francesi che da Roma entravano nel Regno di Napoli. Dopo l’espulsione dell’ordine ignaziano dal Regno (1767) Orsini fu incaricato di controllare che i sudditi napoletani presenti a Roma non frequentassero i collegi, le scuole e le chiese della Compagnia di Gesù, che non partecipassero alle Quarant’ore e che non incontrassero gesuiti in segreto. Spettò poi a lui mantenere i delicati rapporti con la S. Sede, dopo le proteste di Clemente XIII che aveva accusato il re di Napoli di aver violato il diritto internazionale e di aver mostrato disprezzo della religione e della Chiesa.
La situazione divenne ancor più tesa quando, nel gennaio 1768, in seguito a un conflitto sulla giurisdizione di Parma e Piacenza, il pontefice emise un breve che ribadiva il controllo pontificio sulle due città e la nullità delle leggi antiecclesiastiche lì promulgate. Le corti borboniche recepirono il breve come una dichiarazione di guerra, si allearono in funzione antipapale e Orsini fu incaricato di presentare direttamente a Clemente XIII, senza il consueto tramite della diplomazia pontificia, una memoria del re di Napoli, in cui questi condannava il documento pontificio. Il papa si dichiarò gravemente offeso per la violazione del cerimoniale e per la mancanza di rispetto da parte di Orsini, offesa resa ancor più cocente dall’occupazione borbonica dei territori pontifici di Benevento e Pontecorvo, che furono restituiti a Roma solo dopo la soppressione della Compagnia di Gesù.
Negli ultimi mesi del pontificato di Clemente XIII, gravemente malato, le corti borboniche lavorarono assiduamente in vista del conclave per contrastare il partito dei cardinali zelanti e per ottenere l’elezione di un pontefice favorevole alla soppressione dell’ordine ignaziano. Orsini collaborò con gli altri ambasciatori delle corti borboniche presso la S. Sede: lo spagnolo monsignor Tomás de Azpuru, il francese Henri-Joseph Bouchard d’Esparbès de Lussan, marchese d’Aubeterre, e Pierre-François Joachim, cardinale de Bernis. Il 15 febbraio 1769, dopo la morte di Clemente XIII, si aprì il conclave. Nei primi mesi, in assenza dei cardinali francesi e spagnoli, a Orsini fu affidata anche la rappresentanza di Francia e Spagna.
Dal conclave spediva regolarmente agli altri ambasciatori borbonici dettagliati rapporti sulle discussioni e sulle votazioni. Si trovò quindi a dover fronteggiare le pressioni di Tanucci, che pretendeva di ottenere dal candidato pontefice una dichiarazione scritta di soppressione della Compagnia e inviò al cardinale una sintesi delle posizioni dei Padri della Chiesa che, a suo dire, dimostravano la liceità della richiesta: «Sono obbligati – scriveva Tanucci – li sovrani protettori de’ Canoni e della disciplina Cristiana ad usare in un morbo estremo, un rimedio estremo» (Tanucci a Orsini, 1769, Roma, Arch. Storico Capitolino, Arch. Orsini, II serie, vol. 261, c. 266). Orsini si oppose alla richiesta e scrisse al cardinale de Bernis: «Vous êtes archevêque; moi je suis prêtre. Nous ne pouvons concourir à faire un pape simoniaque» (Orsini a Bernis, aprile 1769, cit. in Carayon, 1869, p. 173).
Dopo l’elezione di Lorenzo Ganganelli con il nome di Clemente XIV (19 maggio 1769), Orsini insieme ad Azpuru e de Bernis fece, in più occasioni, pressioni sul pontefice per la soppressione della Compagnia di Gesù – più volte rimandata dal papa – e per la beatificazione di Juan de Palafox y Mendoza, fortemente voluta dalle corti borboniche anche in funzione antigesuitica.
Decisamente avverso alla Compagnia di Gesù, Orsini si mostrò più moderato degli altri ambasciatori e ben disposto verso Clemente XIV. Anche nelle sue lettere di questo periodo appare spesso la sua pur timida opposizione alla politica ecclesiastica di Tanucci.
Nel 1772 il ruolo di Orsini come ambasciatore passò in secondo piano in seguito all’arrivo a Roma del nuovo ambasciatore spagnolo, José Moniño, che condusse la trattativa con maggiore fermezza. Il breve pontificio di soppressione della Compagnia Dominus ac redemptor fu promulgato il 21 luglio 1773. Orsini conservò l’incarico di ambasciatore del Regno di Napoli presso la S. Sede fino al 1775, ma ebbe minore importanza rispetto al passato a causa del declino politico di Tanucci e del ruolo preminente di Moniño presso la S. Sede. Partecipò al conclave del 1774-75 che elesse Giovanni Angelo Braschi (Pio VI), schierandosi con il partito dei cardinali vicini alle corti borboniche, che auspicavano un pontificato in continuità con il precedente.
Morì a Roma il 10 gennaio 1789.
Esposto nella chiesa di S. Maria in Vallicella, dove furono celebrati i funerali, fu sepolto nella tomba di famiglia presso la cappella di S. Barbato nella basilica di S. Giovanni in Laterano.
Fonti e Bibl.: La corrispondenza di Domenico Orsini si trova presso l’Archivo General de Simancas, Estado, 224; 285; 5012; 5013; 5995; 5996; 6008; Arch. di Stato di Napoli, Fondo Farnesiano, 1448-1485, 1504, 1554; Roma (Stato Pontificio), 990-994; Esteri-Roma, 290-293; Roma, Arch. dell’Ambasciata di Spagna presso la S. Sede, Conclave 1769; Arch. storico Capitolino, Arch. Orsini, II serie, in partic. vol. 55; 71; 270-292; 485; Notizie per l’anno MDCCLXXXIX dedicate all’E.mo e R.mo Principe il Sig. Cardinale Antonio Maria Doria Pamphili Diacono de’ Santi Cosimo e Damiano, Roma 1789, pp. 63 s.; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, IX, Roma 1797, p. 27; G. Moroni, Dizio-nario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni, Venezia 1840-61, LXIX, pp. 171 s.; P. Litta, Famiglie celebri d’Italia. O. di Roma, Milano 1846-48, IV, tav. XXIX; C. Berton, Dictionnaire des Cardinaux, Paris 1857, col. 1297; A. Carayon, Documents inédits concernant la Compagnie de Jésus, XVII, Poitiers 1869, ad ind.; E. Ricca, Istoria de’ feudi delle due Sicilie di qua dal faro intorno alle successioni legali ne’ medesimi dal XV al XIX secolo, IV, Napoli 1869; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d’altri edificii di Roma dal secolo XI fino ai giorni nostri, Roma 1869-84, VIII, p. 94, n. 259; G.C. Cordara, De suppressione Societatis Iesucommentarii, a cura di G. Albertotti, Padova 1923, pp. 97, 110 s., 122, 124, 129; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio evo, XVI, 1-2, Roma 1953-54, ad ind.; P. Paschini, O., Famiglia, in Enciclopedia cattolica, IX, Città del Vaticano 1952, coll. 371-375; Hierarchia Catholica Medii et recentioris aevi sive summorum pontificum, a cura di R. Ritzler - P. Sefrin, VI, Pavia 1958, pp. 12, 14 s., 50-52; E. Robertazzi Delle Donne, L’espulsione dei Gesuiti dal Regno di Napoli, Napoli 1970, pp. 23, 57;; B. Tanucci, Epistolario, Roma-Napoli, 1980-2007, in partic. IX-XX, ad ind.; S. Rudolph, Le committenze romane di Domenico Corvi, in Domenico Corvi (catal., Viterbo), a cura di V. Curzi - A. Lo Bianco, Viterbo-Roma 1998, pp. 19-33.